Pubblicato in grande evidenza sul Quotidiano nella pagina Opinioni e Commenti
Mentre Di Consoli ci immerge in una realtà fatta di visioni e di sogni, noi continuiamo ad essere ben piantati per terra (terra amara e lucana).
Partecipo da lucano (dop) e con entusiasmo senile al mondo di Facebook.
I miei intelocutori preferiti oltre agli amici di sempre sono i tanti giovani vogliosi di futuro lucano.Nel confusionario PD ognuno pensa a se stesso.
Non abbiamo più idee e proposte ,abbiamo i renziani ,i bersaniani e ora i Lettiani.
Con il “letto” i politici lucani non sono secondi a nessuno.
La cinica frase di Graucho Marx è sempre dietro l’angolo:
“Vorrei tanto fare qualcosa per i posteri , ma poi mi chiedo cosa i posteri possono fare per me”.
Spero che questa frase non valga per la nostra futura classe politica lucana.
Siamo per il ricambio generazionale corretto e meritocratico.
Bandiamo i giovani in carriera ammantati di servilismo e continuità.
Bandiamo da decenni il nepotismo tribale e doroteo.
Bandiamo da sempre l’affarismo camuffato da diversi effetti cromatici.
La Fiat Sata di Melfi continuerà a farci vivere sul filo del rasoio.
Tutto il mondo sindacale e confindustriale “confederale e alternativo” ha ritenuto importante l’analisi posta ,in essere nei giorni e nelle settimane scorsi , da Maria Teresa Labanca.
Tali approfondimenti confermano le nostre denunce sulla Fiat Sata e sull’ambiguo sviluppo industriale lucano, pubblicate sul Quotidiano, e risalenti a quattro anni fa. Mi fermo qui.
Non posso però esimermi dal riferire che le grandi truffe degli industriali “219” del recente passato saranno oggetto di studio del sottoscritto e di altri valorosi colleghi che hanno operato per anni nell’oblìo assoluto.
Basterebbe riprendere gli atti della Commisssione Scalfaro per capire quali erano i doveri della società civile lucana negli anni ottanta.
Tanta “cittadinanza attiva” odierna viveva forse nelle comode segreterie dei politici di turno.
Tanti amministratori onesti venivano, però, del tutto emarginati e umiliati.
Tanti amministratori onesti hanno subito l’ostracismo e i diktat delle Federazioni di partito, anche di sinistra, e sono stati “collocati” ai margini.
Tanti amministratori onesti hanno vissuto pagine di grande impegno e di grande trasparenza ,purtroppo, solo con le Amministrazioni gemellate del Nord.
Spero che tanti giovani volenterosi lucani, prima di sparare nel mucchio, riflettessero sui tanti politici e sui tanti amministratori lucani che hanno operato per decenni per l’interesse generale, senza mai chiedere prebende personali e familiari di qualsiasi natura.
Hanno lavorato per decenni e sono rientrati nella società civile come Pietro l’Aretino.
Da decenni tanti valorosi funzionari si battono inutilmente, senza gratificazioni di sorta, a portare avanti progetti concreti finalizzati all’occupazione.
Progetti come quello sulle micro imprese artigiane degli anni novanta che sono stati finanziati interamente da FSE ( Fondo Sociale Europeo) e Ministero del Lavoro con una quota minimale del 3%, a carico della Regione Basilicata.
Progetti che hanno avuto ricadute occupazionali di oltre tremila addetti nel sessennio 1989/1995.
Non sono bastate pubblicazioni scientifiche, Progress report sull’economia che davano alla Basilicata l’oscar dell’artigianato.
Quei funzionari non sono mai stati riconosciuti perchè amavano la libertà e la dignità.
Nel recente passato mi aveva tanto impressionato la lettera aperta di Antonello Rubino a una compagna del P. D..
“Cara compagna ti aspettavi da me la rassicurante legittimazione della tua nuova veste democratica, la plastica raffigurazione delle “magnifiche sorti e progressive”, ti propongo, invece, la complessità del presente, l’urgenza di una sfida per il rinnovamento della politica, poche certezze , tanti interrogativi”.
Poche certezze e tanti interrogativi che sono confermati dalle deprecabili performances odierne.
Quante volte ci siamo chiesti se queste nuove generazioni erano in grado di cancellare il virus malefico del sessantotto lucano.
Un virus che ha investito anche la Basilicata e la cosiddetta borghesia radical -chic, figlia degli agi e dei privilegi disgustosi della classe politica democristiana e dorotea.
Tranne la grande stagione del movimento operaio e studentesco lucano , vissuta ,anche, in prima persona nel ’69, non vi sono state pagine che vale la pena di ricordare.
Scanzano è stata lotta di popolo, ma, soprattutto, di agricoltori incazzati.
Agricoltori ex emigranti che avevano investito tutte le loro “rimesse” nei campi del metapontino.
Ho partecipato alle lotte di Terzo Cavone.
Ho assistito a tante riunioni di snob e di alternativi.
E’ prevalsa in me la consapevolezza di solidarizzare solo con gli agricoltori lucani e tarantini.
Ho letto nei loro volti la rabbia di chi con grande dignità aveva sacrificato la sua vita solo per il lavoro (all’estero) vanificato da governanti ottusi e cinici.
Nessuno aveva messo in conto la forte reazione di questi agricoltori e delle loro consorti.
La difesa dei loro campi è stato l’annuncio di qualcosa di grande.
Il movimento “sindacale e politico” che ne è scaturito “intorno” è stata la cinica e interessata conseguenza.
Da un decennio i furbi (quelli della Partitocrazia e Sindacatocrazia e dei conseguenti flop lucani) cavalcano la tigre.
E’ bello gestire la lotta con un forte movimento spontaneo che si autoproduce e si autoregola.
Questi furbi sanno pure, demagogicamente, trovare il linguaggio giusto.
Vivono da sempre nell’inciucio e negli intrecci.
Del resto l’inciucio catto-comunista lucano, con una buona dose di seguaci ” ex laici ed ex socialisti rampanti”, ha prodotto una classe dominante incapace di essere classe dirigente.
Chi ha usufruito in Basilicata del “brodo” della cultura sessantottina sono stati i “padroni del clientelismo più bieco”, avallati da Sindacati confederali e non, pronti a difendere parassiti e privilegiati.
Basterebbe citare le abbuffate nei Centri F. P. e in quella miriade di enti inutili del sottogoverno lucano.
Basta con le “nullità frizzanti” prive di sostanza del sessantotto.
Lavoriamo seriamente con vera meritocrazia bandendo il tribalismo tipico” lucano e meridionale “.
Siamo stanchi di vedere pensionati d’oro e giovani professionisti precari con 800 euro al mese.
Diamo un segnale di serietà e, come sostengono tanti uomini di buona volontà, speriamo in una “democrazia decente” che guardi al popolo lucano e non al Marchese del Grillo. (Quello del : “io sono io e voi popolo non siete un cazzo”).
Un invito, infine, ai giovani lucani “refrattari” di non mollare.
Qualche volta sarebbe il caso di tirar fuori il vecchio slogan di J. F. Kennedy nella sua campagna elettorale alla soglia degli Anni Sessanta:
“Non chiederti cosa l’America può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per l’America”.
Qualche volta voliamo alto e, pensiamo a cosa si può fare ,oggi, tutti insieme, noi uomini di buona volontà per la nostra Basilicata non con il M5S, ma, con tutto il popolo reattivo e pulsante.
Mauro Armando Tita