Rufrium… Rubo…Ruvo…Ruvo del Monte

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Ruvo del Monte, un paese situato nella parte settentrionale dell’entroterra lucano, a 630 metri slm, è un centro agricolo con piccole attività artigianali e commerciali e conta una popolazione di circa mille (1.000) residenti. Come gran parte dei paesi del Sud Italia, l’emigrazione ha contribuito in modo incisivo a determinare, purtroppo, un costante ed irrefrenabile spopolamento. Le sue origini sono antichissime e, grazie ai numerosi reperti archeologici rinvenuti nel territorio, è possibile datare la presenza di un insediamento umano, ad iniziare dal VII secolo A.C. Molti sono i reperti archeologici ritrovati, alcuni dei quali di notevole interesse storico. Tra essi, spicca, indubbiamente, il candelabro etrusco, di grandissimo pregio (fot.1), ed esposto, insieme agli altri, nel museo del castello Federiciano di Melfi. La popolazione indigena, molto probabilmente, è riconducibile all’insediamento di Dauni e Peucezi, arrivati dai Balcani e dall’Illiria. Qualche tempo dopo, nel territorio arrivarono anche gli Enotri, sempre di provenienza balcanica. Data la posizione strategica dell’abitato, Ruvo diventò un’importante via di transito tra le popolazioni situate ad Est ed Ovest del territorio. Agli inizi del IV secolo A.C., i Sanniti (un antico popolo italico stanziato nell’area centromeridionale della Penisola), conquistarono l’abitato ed altri territori della Basilicata, dando così origine alla popolazione lucana. L’abitato si estende in lunghezza ed è disteso su un costone che anticamente era delimitato da due canaloni.  Chi potrà osservare ed ammirare il paese dal lato Nord/Ovest, vedrà come l’abitato si adagia su un pendio, un’ immagine che riporta alla memoria la frase “paese mio che stai sulla collina disteso come un vecchio addormentato”, contenuta nella famosa canzone “ Che sarà”. Molti sono gli edifici di interesse storico/culturale presenti sul territorio. Partendo dalla parte alta e più antica dell’insediamento, dove sono stati rinvenuti i reperti archeologici, troviamo il Monastero di San Tommaso del Piano, ribattezzato “Convento Sant’Antonio” (fot. 2 e 3), risalente alla fine del XIV- inizio XV secolo, nei dintorni del quale, probabilmente, si trovano celati nel terreno altri reperti. Gli scavi, iniziati nel 1977, furono interrotti nel 1989 per mancanza di fondi.

                        

Scendendo verso l’abitato, si incontra la Torre Angioina, facente parte del Castello (fot.4 e 5), che domina l’intero abitato, residenza dei nobili. Si ha notizia della presenza del castello già nell’anno 1000. Fu distrutto nel 1348 ad opera degli Ungheri di origine Caucasica e fu ricostruito e distrutto nuovamente nel 1435 dal nobile Caldora, Ufficiale dell’esercito Angioino. A salvarsi fu solo la torre che ancora oggi troneggia maestosa. Nel XVI secolo il castello fu ricostruito dalla famiglia dei Gesualdo di origini longobarde. Il Castello, oggi, purtroppo, è diviso tra diversi proprietari privati e la sola Torre recentemente è diventata proprietà del Comune di Ruvo del Monte. Si auspica che presto possa diventare uno dei monumenti presenti sul territorio, aperto al pubblico, e simbolo identitario della Comunità ruvese.

                                                            

Scendendo lungo una delle due strade adiacenti al castello, si può raggiungere la Chiesa di San Giuseppe (fot.6), risalente alla fine del 1600. Prima di essere gravemente danneggiata dal sisma del 23 novembre 1980, era stata sottoposta a ristrutturazione alla fine degli anni 50. Per completarne i lavori, si è dovuto ricorrere a contributi privati ed il Parroco, Don Gerardo Gugliotta, è stato il contribuente più generoso.

foto 6

A ridosso della chiesa di San Giuseppe, si trovano strutture che, a partire dal 1921, furono adibite ad Asilo Infantile, un’opera caritatevole e di grande utilità sociale (fot.7). Oltre alle offerte arrivate dagli Stati Uniti da parte di immigrati ruvesi, bisogna ricordare le donazioni fatte da Don Antonio Patrissi e da Angelantonio D’Auria. Il primo ha messo a disposizione la propria abitazione, diventando anche componente del comitato fondatore. Il secondo ha donato una abitazione di proprietà, composta da undici vani e che divenne la sede definitiva. L’Asilo fu un punto di riferimento sociale per la popolazione, composta prevalentemente da contadini e che in esso avevano trovato un aiuto inatteso ed indispensabile per la cura e la custodia dei loro bambini. Nel 1946 fu istituito anche un servizio sanitario con un consultorio materno e pediatrico, gestito sempre dall’opera instancabile delle Suore. Nel 1954 un altro benefattore, don Donato Carnevale, nativo di Ruvo del Monte, ma residente negli stati Uniti, donò una grande casa adiacente all’Asilo Infantile che contribuì ad ampliare la struttura e ad incentivarne le attività. Un grande ringraziamento, ad imperitura memoria, va alle straordinarie Suore Stimmatine che con grande abnegazione e, soprattutto, amore verso i bambini hanno operato incondizionatamente fino al terremoto del 1980.

foto 7

Proseguendo il percorso nel centro storico, in via Francesco Crispi, al civico 74, si trova il “Museo Parrocchiale di Arte Sacra e Civiltà Contadina e della Memoria Storica Ruvese”, voluto dal Parroco Don Gerardo Gugliotta che ha saputo fondere, in un allestimento suggestivo, arte sacra e vissuto sociale. All’interno, collocati in 13 locali, si trovano oggetti legati alla civiltà contadina ed ai mestieri (fot.8) che facevano parte del contesto sociale prettamente agricolo. Diversi sono gli oggetti provenienti dagli scavi archeologici di Ruvo del Monte, tra cui una teca con scheletro rannicchiato in posizione fetale risalente al V secolo A.C., un cippo funerario romano di epoca imperiale del III secolo D.C. e vari oggetti di arte sacra (fot.9), con pregevoli sculture religiose lignee ed in cartapesta, alcune risalenti all’inizio del 1600. L’abitazione contadina, ricostruita in una delle stanze (fot.10), riporta alla memoria la povertà nella quale si viveva e che, molto spesso, all’interno dello stesso locale si era costretti a convivere con gli animali.

A meno di cento metri dal Museo, troviamo la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta (fot.11,12 e 13). Le sue origini risalgono all’anno mille, anche se cominciò ad essere utilizzata come chiesa madre intorno al XIV secolo. La prima documentazione certa, che parla della chiesa, è datata 1519. Distrutta dal terremoto nel 1694, fu ricostruita nel 1698, così come riportato nella scritta in latino posta all’ingresso della chiesa. Un altro importante restauro fu effettuato dopo il sisma del 1930; la chiesa, chiusa per pericolo di crollo, fu riaperta al culto nel 1938. Nel 1980, in seguito al terremoto che sconvolse l’Irpinia e molti paesi lucani, a causa di cedimenti strutturali, essa fu chiusa nuovamente per poter procedere all’ennesima ricostruzione. La riapertura avvenne il 14 agosto del 1997. All’interno della chiesa è custodita la statua di San Donato Martire (fot.14) nella quale sono conservate parte delle sue spoglie umane. Arrivato da Roma nel 1783, insieme alle sue spoglie estratte dalle catacombe romane, divenne il Santo Protettore della comunità ruvese ed, ogni anno, viene festeggiato il 18 agosto. Si narra che all’arrivo delle spoglie, trasportate a spalle dai fedeli lungo i tratturi, varcati i confini del territorio ruvese, dopo lunghi mesi di siccità, arrivò una scrosciante e sospirata pioggia che salvò i raccolti agricoli. I fedeli attribuirono l’evento ad un miracolo del Santo. All’interno della chiesa madre oggi sono custodite alcune opere di buon interesse storico: la Sacra Famiglia del 1600 (fot.15), intagliata e dipinta su legno dal Maestro Michele Perrone di Napoli (1633-1693) ed il trittico (fot.16) che rappresenta Santa Caterina d’Alessandria, San Lorenzo e Santa Lucia, anch’esso risalente al 1600. Si tratta, forse, della più importante opera artistica e religiosa che si trova nella nostra comunità, di scuola napoletana, dipinta ad olio su tre pale di legno.

Interno della chiesa dopo il terremoto del 1980 interno della chiesa prima del terremoto del 1980

 

Altra menzione è dovuta alla figura di San Rocco (fot.17), Patrono di Ruvo del Monte, che fu riconosciuto come tale da una delibera del Consiglio Comunale nel 1611. La sua statua viene custodita nell’omonima Chiesa. Nel 1836 la famiglia Amato donò alla Chiesa la cappella di famiglia che divenne “Chiesa di S. Rocco” (fot.18), in quanto vi fu trasportata la statua del Santo dalla Chiesa Madre. Ancora oggi, la sacra effige resta esposta alla pubblica venerazione nella Chiesa in Via Roma che ha un solo altare con una piccola sagrestia. La ricorrenza religiosa cade il 16 agosto di ogni anno e, come San Donato, la statua del Santo viene portata a spalle dai fedeli lungo le strade del paese.

                                         

Altra struttura religiosa presente sul territorio è quella di Sant’Anna (fot.18) che inizialmente si trovava fuori dall’abitato, all’epoca in cui il paese terminava nelle adiacenze della chiesa parrocchiale. Non ci sono date certe sulla sua costruzione. Si iniziano ad avere notizie su una chiesa di Sant’Anna a Ruvo del Monte in un documento del 1538. Non sempre la struttura fu ben custodita e tantomeno fatta oggetto di manutenzione. Nel 1907, per interdizione, venne completamente demolita. Per molto tempo il suolo venne utilizzato come deposito di carbone ricavato dalla legna. Con l’impegno tenace del Sacerdote Don Antonio Patrissi e con le solite offerte dei ruvesi  emigrati negli  Stati Uniti, la chiesa fu ricostruita ed aperta al culto nel 1962. Anche questa chiesa subì gravi danni durante il terremoto del 1980. Chiusa per ristrutturazione, riaprì nel 1989. Attualmente la vecchia statua lignea di Sant’Anna (fot.19), che si trovava all’interno della Chiesa, è stata trasferita per sicurezza nella Chiesa parrocchiale, per il suo valore storico e culturale e per preservarla dalle intemperie durante la manifestazione religiosa che si tiene in suo onore il 26 luglio. Una nuova statua di Sant’Anna (fot.21), benedetta, viene portata in processione dal 2011ed ha preso il posto nella omonima chiesa.

      

Altra opera importante, almeno dal punto di vista storico, è la bellissima Croce Monumentale (fot.22) in pietra intagliata del 1599. Ha sul piedistallo dei bassorilievi che riproducono la Passione di Cristo durante l’orazione nell’orto, la flagellazione, la coronazione con le spine e la caduta di Gesù sotto il peso della Croce. Tutto intorno alla croce si legge la scritta “Ecce crucem Domini Nostri J.C., fugite, partes adversae, vicit leo”, che significa “Ecco la Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, fuggite, potenze avverse, il Leone (Giuda) ha vinto”. Purtroppo ancora sconosciute sono le motivazioni per le quali la Croce è stata spostata dalla sua posizione originaria nei pressi della Chiesa di Sant’Anna, ubicandola, forse, in modo definitivo, alla fine del centro abitato.

foto 22

Nella casa Comunale al secondo piano, è ubicato il Museo Civico archeologico. Si trovano otto teche, all’interno delle quali sono conservati circa 120 reperti (fot.23 e 24) rinvenuti durante gli scavi effettuati negli anni settanta e ottanta e databili tra il VII ed il IV A.C. Molti degli oggetti trovati, i più importanti e completi, si trovano esposti nel Museo del Castello Federiciano di Melfi. Sarebbe auspicabile che il Museo Civico potesse trovare una collocazione più idonea e spaziosa. Si spera che molti dei reperti non esposti, conservati nei depositi del Castello di Melfi, possano essere recuperati dall’amministrazione comunale, affinchè trovino degna collocazione per essere ammirati nel nostro museo da chiunque ami la storia e la cultura. Senza memoria storica e culturale, non può esserci futuro”.

                                        

                                                                                                                           

  Giuseppe Ricci

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