Resistenza agli antibiotici: un problema di sanità pubblica da non sottovalutare

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Si può affermare che la storia dei farmaci abbia avuto inizio con la storia dell’uomo e, infatti, l’uomo primitivo fu un osservatore attento di come alcune cortecce, erbe e radici fossero in grado di esercitare degli effetti più o meno marcati sulla salute degli individui.

Senza dubbio la penicillina (la cui scoperta ufficiale è attribuita a Fleming anche se dimentichiamo Vincenzo Tiberio, capitano medico della Regia Marina Italiana, che prima di Fleming aveva fatto le dovute osservazioni sulle potenzialità antimicrobiche delle muffe) ha cambiato in modo considerevole la qualità e la durata della vita, segnando un cambio di passo nel trattamento di alcune infezioni.

Gli antibiotici, siano essi capaci di determinare la morte dei batteri (battericidi) o di impedirne la crescita (batteriostatici), hanno rappresentato una svolta notevole nella cura di molte infezioni batteriche e permettendo l’evoluzione della medicina moderna.

Purtroppo, l’uso smodato e immotivato, a volte anche sbagliato, di questa classe di farmaci ci ha portati a una regressione nel trattamento delle infezioni batteriche, con l’instaurarsi di un fenomeno noto come antibiotico-resistenza e che di recente sentiamo sempre più presente in TV e sui diversi media. Questo fenomeno dilagante sta ponendo l’accento su un grave problema di sanità pubblica e globale che vede l’Italia prima in Europa per le morti dovute all’antibiotico-resistenza (si stimano circa 12.000 decessi ad anno).

L’antibiotico-resistenza è la capacità dei batteri di adattarsi e resistere all’azione degli antibiotici (non sono le persone a diventare resistenti agli antibiotici ma i batteri). Un ulteriore problema è rappresentato da quei batteri che diventano resistenti a più antibiotici contemporaneamente (multi-resistenza) e questo rende ancor più complesso o impossibile individuare una cura. Da queste prime definizioni si capisce la complessità del fenomeno e perché la comunità scientifica stia ponendo l’accento su questa tematica. La diminuzione dell’efficacia degli antibiotici esistenti, infatti, non è compensata dalla introduzione di nuovi antibiotici (tra la scoperta di nuove molecole e il loro utilizzo trascorrono molti anni) e quindi con l’aumento della frequenza di batteri resistenti e multi-resistenti diventerà sempre più difficile curare le infezioni e guarirvi.

Tra le specie batteriche divenute resistenti agli antibiotici e salite sul podio ci sono Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae ed Escherichia coli.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Agenzia europea per i medicinali (EMA), Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) hanno prodotto una serie di raccomandazioni e proposto delle strategie finalizzate a contenere il fenomeno (a tal proposito, invito i lettori a seguirne i siti internet istituzionali).

In Italia, la diffusione di ceppi batterici resistenti in ambienti ospedalieri o nelle strutture sanitarie è un serio problema di sicurezza sanitaria per il quale, si stima, che il 30-60% dei batteri causativi di infezioni ospedalieri siano resistenti agli antibiotici  comunemente usati. Individuare nuove classi di antibiotici è un processo molto lungo, sia per individuare nuove molecole che per effettuare i dovuti test, e, a tal proposito, l’assunzione di antibiotici deve essere ragionata nei minimi particolari. Molto spesso questi farmaci vengono assunti per patologie che con la terapia antibiotica non hanno nulla a che vedere. È importante, dunque, evitare terapie self-made o improvvisarsi medici. In primis, bisogna limitare l’uso degli antibiotici ai casi veramente necessari. Un utile vademecum è quello riportato dalle varie agenzie del farmaco e che prevede, tra le altre cose, l’assunzione degli antibiotici seguendo le indicazioni del medico, completare l’intero ciclo di cura anche se ci si sente meglio, non prendere di propria iniziativa gli antibiotici, non assumere mai gli antibiotici in caso di raffreddore e/o influenza (o altra infezione virale – gli antibiotici agiscono sui batteri o altri microrganismi, non sui virus). L’assunzione di antibiotici contro infezioni batteriche leggere è, nella maggior parte dei casi, superflua e per guarire da tali malattie è sufficiente l’azione del sistema immunitario. In questi casi, sempre su consiglio del medico e, laddove sia necessario, dopo i dovuti esami clinici, si possono assumere antibiotici (sempre se necessario e su prescrizione medica) o farmaci per alleviare i fastidi (per esempio, farmaci antinfiammatori).Ci sono dei casi in cui è necessario consultare subito un medico, in particolare quando la persona ha un’età superiore ai 60 anni, se il paziente soffre di asma o diabete o di una malattia cronica respiratoria, se il paziente assume farmaci immunosoppressori. C’è da ricordare che non tutti gli antibiotici sono efficaci contro tutti i batteri: per individuare quale classe di antibiotici sia adeguata al caso di specie è necessario effettuare un esame colturale e il seguente antibiogramma: tale analisi consiste nel prelevare una piccola quantità di materiale infetto (urine, muco etc…), seminarla in appositi terreni di coltura, verificare se i batteri crescono e, infine, trattarli con i diversi tipi di antibiotico per verificare quale sia il più efficace contro quel microrganismo.

Ricordiamo sempre che è buona norma prestare attenzione all’igiene come lavarsi le mani e disinfettare le superfici, così da prevenire il contatto con agenti infettivi.

Quello dell’antibiotico-resistenza è un serio problema che va trattato con criticità da parte di tutti. Bisogna partire dall’assunto che queste molecole, di origine naturale o di sintesi, per essere individuate o scoperte richiedono molto tempo e che per la loro messa in commercio, valutando soprattutto i suoi effetti sulla salute della persona, i tempi sono ancor più dilatati. Quindi non è detto che quella molecola scoperta sia resa subito accessibile per le cure. Applicare poche e semplici regole può fare la differenza e ridurre i danni di questo fenomeno. Come in passato, anche questa è una sfida che siamo chiamati a fronteggiare ma, con le dovute attenzioni e seguendo poche e semplici regole, riusciremo a farvi fronte.

Dott. Vincenzo De Fabrizio

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2 Risposte
  1. Prof. Domenico Calderone

    Bravo dr. De Fabrizio,
    finalmente un contributo autorevole, utile ai lettori sia sul piano scientifico, che linguistico come Dante comanda. I consigli elargiti gratis et amore dei sono abbondantemente suffragati dalla farmacochimica, dalla farmacocinetica e dalla farmacodinamica. Grazie per la chiarezza espositiva, basata sull’explanatio per argumenta exemplorum, a tutto vantaggio della salute pubblica. Ad maiora!

  2. Dr. Giuseppe Giannini

    L’ ottimo articolo del dr. De Fabrizio ribadisce una questione conosciuta da tempo. Spesso l’incauta somministrazione di farmaci avviene non solo per l’eccesso di premura di persone vicine ai pazienti. Infatti, quando a prescrivere medicinali inadatti sono gli stessi medici, sorgono dubbi sulla deontologia professionale e il giuramento di Ippocrate. Magari spinti da regali degli informatori scientifici essi tendono a privilegiare alcuni brand a discapito di altri. Oppure pensiamo al dramma americano causato dal Fentanyl, che non è un normale antidolorifico, ma che essendo stato prescritto da medici “superficiali” ha fatto diventare tante persone come dei tossicodipendenti. L’antibiotico resistenza deriva appunto da un eccesso nell’assunzione che, avendo indebolito le normali difese, rende particolarmente esposti i soggetti più deboli. E, durante il buio della gestione COVID, tante persone già compromesse a causa di abusi pregressi si sono viste completamente abbandonate. Le multinazionali del farmaco dopo aver delocalizzato le produzioni nel Sud del mondo, hanno contribuito ad inquinare le acque di questi Paesi (in specie quelli asiatici), nei quali è possibile rinvenire percentuali elevate di farmaci, antibiotici e residui, che aggravano la situazione. Quando i batteri superano la resistenza degli antibiotici diventa complicato trovare altre strade. L’unica certezza è che bisogna smetterla di trattare le persone come numeri. Non si può continuare a fare business sulla salute della gente.

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