ARMANDO TITA*
Come Assessore alla Cultura e Vice Sindaco del Comune “disastrato” di Ruvo del Monte (Memorabile fu il Protocollo d’Intesa post sisma da me firmato a Palazzo d’Accursio agli inizi del 1981 con il Sindaco Prof. Zangheri e l’intero Consiglio Comunale di Bologna, qualche mese dopo la terribile Strage alla Stazione) ho vissuto una stagione politica esaltante sul piano culturale.
Vivere da Assessore alla Cultura e da dirigente del Gruppo Archeologico Lucano la stupenda campagna di scavo con i preziosi rinvenimenti celeberrimi in tutto il globo terracqueo, per dirla, alla Meloni, ha significato per me e per tutti i colleghi dell’Amministrazione Comunale e della Sezione ruvese del GAL aprire le porte a interlocuzioni accademiche e istituzionali di grande spessore scientifico e di prim’ordine mondiale, dai nostri Proff.ri Adamesteanu, Bottini, Cipollone, Osanna, Russo e Scalici ai proff.ri Andreau dell’Università di Marsiglia e Buck dell’Università di Alberta, in Canada.
Interlocuzioni che hanno consentito la pubblicazione dei “Quaderni di Archeologia 1” redatti dal Comune di Ruvo del Monte di concerto con la Soprintendenza Archeologica della Basilicata (Ed. F.lli Ottaviano – Rionero in Vulture – 1983).
Che grande sconforto constatare amaramente un oblio stucchevole protrattosi per oltre quarant’anni senza alcuna seria giustificazione. L’avvicendamento nei giorni scorsi tra l’arch. Annamaria Mauro e il Prof. Filippo Dema alla Direzione Regionale dei Musei Nazionali della Basilicata ripropone il tema, mai sopito, delle “incompiute“ e dei progetti di cooperazione bilaterale e culturale caratterizzati ultimamente (dicembre 2023)dal successo della Mostra “Napoli a Parigi” e della “Giocondità” del nostro grande Artista irpino, Vinicio Capossela.
Sarebbe stato bello con la stessa passione, con lo stesso entusiasmo e con la stessa tipologia d’intervento veicolare i tanti gioielli dell’Archeologia lucana.
Nel lontano 2013 “sbarcava” in Toscana a Vetulonia (Grosseto) il meraviglioso Candelabro Etrusco (rinvenuto a Ruvo del Monte nelle campagne di scavo 1978/83 ) custodito nel Museo Nazionale del Melfese , e, oggi, orgogliosamente “propagato” con i Sassi di Matera nelle “Giornate Europee dell’Archeologia 2023”.
Tutto ciò è motivo di orgoglio per l’intera comunità ruvese e costituisce un momento storico locale alquanto significativo. La Mostra internazionale di Vetulonia verteva sui Percorsi di Civiltà tra Etruschi, Enotri e Dauni.
Il soggetto principale del percorso era il nostro “Candelabro Etrusco” definito dagli Organizzatori della Mostra: “Modello Inimitabile”.
Tale oggetto immortalato nel Volume e nella Locandina della Mostra ha avuto uno strabiliante successo . Migliaia di visitatori provenienti in prevalenza dal Nord Europa hanno potuto apprezzare la fattura e la bellezza dei “particolari” di questa meravigliosa opera d’arte. Ci siamo chiesti perché a distanza di undici anni non sono state più riproposte tali stupende iniziative culturali?
Vorrei ricordare ai dirigenti della Soprintendenza e dell’UNIBAS che la Storia locale non è un genere inferiore , anzi, essa affonda le sue radici nella tradizione anglosassone e ne sviluppa senso civico, senso di appartenenza e senso di Comunità. Nel Ventennale del Museo Civico di Ruvo del Monte, (Museo voluto e inaugurato nel 2000 dall’allora Sindaco Giuseppe Domenico Fasano ) è stata pubblicata una “Brochure” dall’intrigante titolo: “Il Fascino dell’Archeologia a Ruvo del Monte tra Ricerche e Rassegna Stampa”. Questa brochure ripubblicata, in questi giorni, si avvale degli interventi di Don Gerardo Gugliotta Responsabile Sezione GAL(Gruppo Archeologico lucano)di Ruvo del Monte, del defunto Prof. Michele Di Napoli, di Mario Atzori del Museo Nazionale del Melfese, del dr. Antonio Rita, già sindaco di Ruvo del Monte, del dr. Giovanni Grieco, dell’Arch. Marilina Tita e del sottoscritto, già Assessore alla Cultura e Responsabile del Notiziario GAL, nonché, dei contributi scientifici del Prof. Angelo Bottini , già Soprintendente Archeologico Aggiunto della Basilicata e Direttore generale MIBACT, del prof. Massimo Osanna, Direttore generale dei Musei Italiani, del Prof. Michele Scalici, Docente di Archeologia presso l’Università di Bologna e della Prof.ssa Alfonsina Russo, Direttrice del Colosseo. I contributi scientifici, lo ricordo al Prof. Filippo Dema e all’Unibas, riguardano i nuovi dati e le nuove prospettive della Necropoli in località Sant’Antonio di Ruvo del Monte segnalati precedentemente da Angelo Bottini, Michele Scalici e Massimo Osanna, senza dimenticare gli studi sull’età arcaica e sulle popolazioni di stirpe Apula, in primis, Ruvo del Monte e Ripacandida, di Alfonsina Russo. Particolare significato va dato alla Tesi di Specializzazione del Prof. Michele Scalici dal titolo: “Ruvo del Monte. La Necropoli in località Sant’Antonio. Campagne di scavo 1978/83” discussa presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera, Università degli Studi della Basilicata, relatore Prof. Massimo Osanna. (Atti della Tavola rotonda – Matera 11 dicembre 2009). La nota di ringraziamento del Prof. Scalici inorgoglisce la Comunità ruvese:
“Mi preme ringraziare il Prof. Massimo Osanna per l’interesse e la partecipazione con cui, fin dall’inizio, ha seguito la mia ricerca; il prof. Angelo Bottini per avermi concesso la possibilità di studiare i contesti di Ruvo del Monte mettendo a mia disposizione la documentazione degli scavi , suoi e del dr. Rainini; la dott.ssa Ciriello e tutto lo staff del Museo Nazionale del Melfese per la cordialità; N. Figliuolo e tutto il personale del Laboratorio fotografico di Potenza per l’impegno e la professionalità; i colleghi R.A.E. Kok, A. Mancini, M. Di Lieto e A. Lepone perché il confronto con loro ha arricchito me e la mia ricerca “ruvese” (Ruvo del Monte). In tutti gli studi e in tutte le riviste scientifiche è stato pure esaltato più volte il ruolo preminente svolto dalla Sezione locale del Gruppo Archeologico Lucano guidata dal sacerdote Don Gerardo Gugliotta e formata dai giovani dell’epoca, il Sottoscritto, Mario Ciampa, Giuseppe Santomenna, Giuseppe Ferrieri , Antonio Gallucci e Nicola Suozzi e dall’ins. Michele Di Napoli .
Un ruolo efficace di segnalazioni riconosciuto dalla Soprintendenza Archeologica dell’epoca guidata dal grande Prof. Dinu Adamesteanu e confermato dal Dr. Angelo Bottini, Soprintendente Archeologico Aggiunto, con la Nota del 1 febbraio 1977 indirizzata al Responsabile GAL : “Sono lieto di poterle confermare che, grazie alla tenace opera di segnalazione del vostro GRUPPO Archeologico, Ruvo del Monte è stata ufficialmente inserita nell’elenco delle località dove eseguire saggi nel corso della prossima campagne di ricerche”
A tutto ciò va aggiunto la stupenda ricerca archeologica della Direttrice del Colosseo Prof. Alfonsina Russo sull’Età Arcaica e sulle Popolazioni di stirpe Apula che definisce Ruvo del Monte: ”Sito chiave che domina l’accesso all’Alta Valle dell’Ofanto con gruppi dominanti che controllano le risorse economiche e gli itinerari , e che si dotano di “beni prestigio” importati (vasellame bronzeo, ceramiche figurate, armi e ornamenti ). Particolarmente significativa è una coppia di sepolture emergenti, pertinenti ad un personaggio maschile e ad uno femminile , databile tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C. La prima, maschile, conteneva un cratere a calice a figure rosse di produzione metapontina con la scena di Eos , dea dell’Aurora, che rapisce il giovinetto amato Kephalos; la seconda, femminile, ha restituito un candelabro in bronzo di produzione etrusca con la cimasa raffigurante lo stesso mito… la dea alata Eos che trasporta il corpo di Kephalos”. Non va dimenticato che l’affacciarsi in questo territorio ruvese dei Lucani nel IV sec. a.C. pone in essere un processo di trasformazione della locale realtà indigena.
Mi fermo qui. Credo di aver dato un contenuto esaustivo di “conoscenze” di una realtà “archeologica” che meritava sicuramente ben altra sensibilità e ben altra attenzione istituzionale.
Il comportamento successivo dei vari dirigenti della Soprintendenza Archeologica della Basilicata e degli Accademici della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera è stato a dir poco omissivo, abulico e ingiustificato pur in presenza di prestigiose Opere d’arte e di una “nobile” Tesi di Specializzazione del Prof. Scalici che aveva riscosso una vasta eco e tanto consenso tra gli Addetti ai lavori. Caro Prof. Dema , cari dirigenti della Soprintendenza archeologica lucana, cari Proff.ri Fonseca e Barra Bagnasco, dirigenti della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera, abbiate un po’ di onestà intellettuale, riprendete il percorso ignobilmente abortito e cancellato ingiustificatamente e ingiustamente nel lontano 1983 contro tutti i principi di giustizia e di equità .
Riprendere gli studi e le ricerche dei Proff.ri Bottini, Russo e Scalici non è certamente peregrino. Noi cittadini lucani di passione e di dignità abbiamo bisogno di una vera e giusta Cultura “democratica” e “veicolante”.
Una Cultura che arricchisce e che rinforza un legame, un confronto, un dialogo e, soprattutto, una virtuosa relazione sociale. Riprendere i vecchi Percorsi cogestiti (GAL, Comuni e Soprintendenza) e veicolare i nostri celeberrimi Gioielli archeologici rinvenuti nelle nostre campagne di scavo significava e significa vivere una Cultura non mummificata, leggera e inclusiva che supera pastoie e lungaggini burocratiche insopportabili. Campagne di scavo, lo ricordo, alla Soprintendenza e all’Unibas, vissute ad ampio consenso popolare con la massima disponibilità dei vari proprietari terrieri favorevoli alle campagne di scavo, grazie ai buoni servigi dei Comuni, interessati e sensibili.
Una Cultura che ammicca e che strizza l’occhio alla Comunità , che riesce ad esprimersi con nuovi linguaggi e nuove aperture. Una Comunità “archeologica” che esala una sensazione piacevole e crea attività culturali molteplici a vantaggio di una collettività composita.
Se si riuscisse, cari dirigenti della Soprintendenza e cari dirigenti della Scuola di Specializzazione in Archeologia, a “demusealizzare” la Cultura in Basilicata sarebbe una gran bella conquista e alimenterebbe stimoli informativi, simbolici ed estetici , in generale, la qualità della vita dei lucani, quelli dotati di alto tasso di sensibilità e di “squisitezza” emotiva. Lucani di valore che potrebbero godere di una specie di colonna sonora, permanente e percettibile suscitata dalla scoperta di un gioiello archeologico e/o di un’opera d’arte. Relazionarsi con regioni italiane ed europee attraverso i nostri gioielli archeologici apre potenzialità straordinarie e prospettive socio-culturali ed economiche inimmaginabili per l’assonnata Basilicata, come lo è stato nel 2019 in occasione del grande avvenimento della Capitale Europea della Cultura. Del resto come sostenuto dal Prof. Don Gerardo Gugliotta, Presidente della Sezione Ruvese del Gruppo Archeologico Lucano : “I valori culturali e storici di una Comunità sono un vincolo di unione fra i suoi componenti, un elemento di alta educazione civica e morale, uno sprone a guardare il futuro con più fiducia e più dignità”. Riprendiamoci un po’ di fiducia e un po’ di dignità dopo tante stagioni politiche vissute all’insegna del della bieca “mediocrazia” e del bieco individualismo. Quella mediocrazia (imperante in questi ultimi) e quel bieco individualismo che hanno creato vuoti a perdere e svalutato gli interessi e le esigenze politiche e culturali di una intera Comunità.
*Sociologo e Saggista – già Assessore alla Cultura del Comune di Ruvo del Monte e Dirigente GAL (Gruppo Archeologico Lucano)