Il 5 Novembre scorso la nota trasmissione radiofonica “Giù la Maschera” di Marcello Foa è tornata a
dibattere sulla disastrosa chiusura di oltre 111 mila negozi di prossimità.
Una seria problematica che ha riguardato, in primis, la Città Capoluogo, il suo meraviglioso Centro Storico e la stupenda Via Pretoria.
Queste chiusure non rappresentano solo una perdita economica ma anche la fine delle relazioni sociali di
ampi strati di cittadine e cittadini potentini.
I negozi di prossimità non sono solo punti di vendita sono centri di vita comunitaria e contribuiscono pure alla sicurezza del quartiere.
La scomparsa dei negozi di prossimità in Via Pretoria oltre alla desertificazione ha avuto gravi ripercussioni sulla vivibilità e sulla vivacità culturale e sociale della Città.
Una ricerca SWG/Confcommercio ha stabilito che il 64% degli italiani amano i negozi di prossimità per la loro funzione sociale.
La presenza dei negozi di prossimità è determinante per l’88% degli italiani nella scelta del Quartiere.
La Ricerca SWG ha stabilito, altresì, che i negozianti tradizionali hanno un approccio superficiale con il
Marketing on line.
Tutto ciò produce un “confusionario” senza precedenti.
Molti negozianti commettono l’errore di rivolgersi ad Agenzie Web Marketing senza avere una strategia ben definita.
Ciò può tradursi in campagne di Marketing generiche che non riescono a catturare l’interesse dei potenziali clienti.
A tal proposito la ricerca SWG ha proposto l’adozione del “gioco di squadra” .
L’aggregazione con altri negozi di prossimità può dare una svolta per ottenere migliori condizioni
commerciali dai fornitori con la partecipazione a gruppi organizzati, per usufruire, a sua volta, dei servizi
integrati come le piattaforme digitali e il marketing congiunto.
Alla ricerca SWG, NOI cittadini del vecchio conio, rispondiamo con la vecchia battuta del mio caro Nonno
Mauro, Tabaccaio e Commerciante in Tessuti: “Il cliente va coccolato con prodotti esclusivi e di qualità”.
La vasta eco prodotta da “Linea Verde” nel lontano 28 marzo 2021 sulla Città Capoluogo e il suo
hinterland (Grancia, in primis) concomitante con l’ultimo ciak del film “La Notte più lunga dell’anno” prodotto con Rai Cinema, ha riproposto, dopo le belle parole di Ambra Angiolini su Potenza, il tema del meraviglioso
Centro Storico e della stupenda Via Pretoria, emblematicamente svuotata, inabitata e sgomberata.
Mi rimbombano nelle orecchie i “moniti”del bravo Gianni Molinari pubblicati su Basilicatapost.it nel lontano 2014 :“Il Centro Storico restituito ai potentini dopo la ricostruzione post-sisma è molto bello. Ma è altrettanto innegabile che si è fatta una operazione che ha conferito un enorme valore agli immobili ristrutturati, causa principale dell’aumento sconsiderato dei fitti e della chiusura di decine e decine di vecchi laboratori artigianali e di stupendi “negozi storici”, vecchie librerie, in primis, …aggiungo io”.
La cosiddetta rigenerazione urbana di Potenza è stata semplicemente nefasta e suicida.
Trasferire a Gallitello tutte le attività commerciali da Via Pretoria è stato un vero disastro .
Lavoro, accesso, vivibilità, declino urbano sono il frutto di ulteriori variabili impazzite che
condizioneranno il futuro prossimo di questa stupenda “bomboniera”.
Oltre cento saracinesche abbassate tra Centro storico e “suo” hinterland sono davvero troppe.
Sono il frutto di tanta “distrazione” politica in una regione fantasma, deserta e svuotata che come ci
ricordava Massimo Brancati nel suo duro e bellissimo editoriale sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 25
Marzo 2021 (concernente il terrificante collasso demografico lucano)… ”solo gli ignavi e gli insipienti
potranno crogiolarsi a governare su niente e su nessuno”, al contrario, noi vogliamo che Via Pretoria
venga “governata” con la sua vivacità culturale e “produttiva” di sempre senza alcuna “mestizia”
quotidiana.
Non ho alcuna intenzione di riprendere un cliché abusato sulla grande distribuzione che crea congestione e confusione a danno delle piccole attività commerciali.
L’ho già ampiamente dibattuto e descritto nella premessa del presente articolo.
Lascio agli esperti di marketing la valorizzazione del “Distretto Urbano del Commercio” di Gallitello…con
annessa Centrale Enel, mai rimossa, “elettrosmog” compreso.
Fa male al cuore riprendere il vecchio Reportage/Denuncia sulla Centrale Enel del Gallitello di Antonio
Nicastro su Controsenso del 13 ottobre 2018.
Sono passati oltre sei anni la Centrale Enel è ancora lì come il semaforo di Prodi, ferma, immobile, inerte,
immutabile, cristallizzata e soprattutto devastante nel suo elettrosmog e nelle sue continue disfunzioni e
carenze dovute a continui cali di tensione e di riduzione temporanea dell’elettricità.
Cali di tensione di tante amministrazioni comunali e regionali fino ai giorni nostri che non hanno mai
avuto a cuore la rimozione di tale mostro inquinante in ciò supportati da residenti e commercianti di
Gallitello , chini e supini, …Beati Loro, muti e ciechi, poveri in spirito che si affidano totalmente a Dio…
perché di essi è il Regno dei Cieli.
Muti e ciechi pure sulla spaventosa ubicazione di tanti “Megastore” nati a ridosso del fiume Basento,
fiume ancora tanto buono…buono anche per la soluzione della crisi idrica della diga Camastra, dopo
decenni di denunce e di processi prescritti, senza alcun serio chiarimento dovuto.
Ho vissuto dal primo “vagito” l’atmosfera, la bella genuinità del piccolo commercio locale.
Pur con qualche amara punta di sarcasmo e di ironia spero che questo “mio” breve racconto svegli
l’opinione pubblica potentina immersa in un torpore ingiustificato.
E’ il racconto di un figlio d’arte che ha vissuto in una società povera, come quella dei nostri piccoli Borghi
senza particolari complessità , però, viva, autodeterminata e “spudoratamente” creativa.
Sono figlio e nipote di piccoli commercianti . Mio nonno Mauro inizia l’attività commerciale di Tabacchi e
Tessuti nei lontani anni trenta del secolo scorso. Mia Madre, Vedova bianca, inizia l’attività di salumiera
alla fine degli anni cinquanta.
Il mio paese d’origine, Ruvo del Monte, è crocevia commerciale di tutto rispetto… eravamo transito
obbligato della importante arteria stradale “Contursi –Barletta”.
Ricordo da bambino alla fine degli anni cinquanta il frastuono dei carri con muli e cavalli guidati dai
cosiddetti “trainieri”, impresari in proprio, presenti in gran numero anche a Potenza.
Ricordo i Carri pieni di ogni ben di Dio, dalla Pasta Pezzullo di Eboli alla Salsa “Crudele” di Pontecagnano di Stefano,il commerciante di San Giuseppe Vesuviano (lo aspettavamo… noi bambini degli anni cinquanta per i famosi mostaccioli) senza dimenticare gli squisiti prodotti “lattiero-caseari” potentini e i “sacchi di juta” colmi di caffè Dragone, prelibato , inconfondibile, unico.
Bandita la PLASTICA, le confezioni di Pasta Pezzullo erano confezionati in involucri di carta e cartone.
Vivacissima imprenditoria commerciale, mai doma. Ecologisti ante litteram.
Famosi erano gli Ziti, meglio conosciuti, nella nostra tradizione culinaria “ruvese-calitrana”(notate il
connubio irpino-lucano), come “CANNAZZE”.
Chi tiene alle “cannazze, chi tiene alla tradizione, chi tiene ai meravigliosi ragù dell’epoca con i loro
segreti custoditi gelosamente e tramandati ai pochi chef “autoctoni” deve raggiungere i locali
agrituristici sull’Ofantina o ancora meglio la sede originale, Calitri,(“patria” di Vinicio Capossela)
oggi, Presidio Slow Food.
Ho dedicato un mio Volume sulla Rigenerazione urbana dei Comuni del Vulture e dell’Alta Irpinia tra
laboratori artigianali e squisite prelibatezze gastronomiche.
La tradizione vuole la presenza di un meraviglioso contenitore in ceramica, la ciotola che noi chiamiamo
nel nostro dialetto irpino/lucano… “spasetta”.
Ci sono due tipologie di “spasette” , quella grande da cinquecento grammi e quella piccola da duecento.
La maggioranza dei clienti calitrani preferisce quella da cinquecento grammi.
Io mi accontento sempre di quella piccola, da duecento.
E’ un esempio della vivacità culturale ed enogastronomica dei piccoli commercianti/ristoratori lucani ed
irpini degli anni cinquanta e sessanta.
Gente di ingegno e di creatività, di impegno lavorativo e di immani sacrifici.
Quel vecchio mondo del dinamico e allegro piccolo commercio tanto presente pure in Via Pretoria e nei
suoi vicoli…tra gradevoli odori e deliziose prelibatezze gastronomiche , non esiste più…è svanito nel Nulla e nell’indifferenza di “Noi” tutti.
Eppure basterebbero poche buone volontà politiche per rigenerare Via Pretoria, per dare vita ai tanti
Contenitori culturali .
Le nostre proposte del recente passato tra strisce blu, scale mobili e autosili vanno in questa direzione.
Sarebbe bello fare un Forum con i giovani imprenditori commerciali e artigianali per riproporre la bella
vivacità gastronomica potentina con i piatti tipici della vecchia tradizione culinaria e i tanti localini immersi
nei vicoli.
Un modo semplice per far comprendere alle nuove generazioni i vecchi gusti delle fritture dei nostri tempi, dai vecchi calzoncelli ai mostaccioli, dal castagnaccio ai panzerottini.
Vorrei tanto sbagliarmi e rinnegare i detrattori e i loro crudeli pensieri : ”Un Centro Storico che si sta
spegnendo è l’emblema del definitivo declino del “ salotto buono” della Città”, del suo hinterland e
delle sue aree contermini, un vero “Cimitero dei VIVI”, come amava definirle il mai dimenticato
dirigente regionale Dr. Donato GRIECO .
“Cimitero dei Vivi” in una realtà desolante che ha perso definitivamente i tanti laboratori artigianali
tipici (dagli Artigiani del Vimini con i loro canestri, le loro ceste, i loro panieri e gli altri oggetti di
arredamento agli Ebanisti, i rifinitori del legno, dai Ceramisti agli artisti del Ferro e della Pietra) e,
soprattutto, ha perso i tanti e tanti vivaci negozi di prossimità con i loro arguti e simpatici titolari.
Che grande sconforto…che grande angoscia per Noi, Uomini del vecchio conio .
Mauro Armando Tita
Sociologo e saggista
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