“Io mangio lucano” un marchio certificato atteso da secoli

Qualche volta dobbiamo ammettere che la nostra  sagacia e il nostro impegno vengono premiati.

La Camera di Commercio, finalmente, ha recepito i tanti nostri SOS inviati alle varie Istituzioni.

SOS che si  richiamavano alla valorizzazione delle tipicità  dei nostri prodotti.

“Io mangio lucano” è  un marchio certificato che  valorizza, per l’appunto, le produzioni tipiche e premia la ristorazione che utilizza i prodotti locali.

E’, certamente,  una lodevole iniziativa.

La presenza capillare su tutto il territorio regionale  di tanti siti agrituristici e il piacere di “mangiare lucano” (non dimentichiamo il nostro Grottino e il nostro tanto apprezzato Giglio d’oro) è una peculiarietà  che si rinnova  da oltre un decennio.

Provate a cenare con amici il sabato sera in un qualsiasi sito agrituristico o in un locale tipico lucano, sono convinto che sarà  uno sforzo vano trovare un posto a tavola, non ci riuscirete, i locali sono tutti “INTASATI” e ,tanta, tanta gente è in paziente attesa.

Confermare gli investimenti in tale settore e valorizzare la qualità  del cibo lucano  potrà  certamente garantire un ritorno di immagine e un effetto moltiplicatore per l’intera e piatta  economia lucana.

La certificazione del marchio “Io mangio lucano” ha, finalmente, fornito  una risposta positiva  dopo anni e anni  di denuncia e di serie riflessioni portate avanti con solerzia e costanza dal Quotidiano e, tante volte,anche, dal sottoscritto.

Chi non ricorda le belle rubriche dello Chef Valicenti di Terranova e del defunto giornalista Franco Sernia.

Rubriche che davano il giusto risalto alla cucina tipica delle nostre aree interne.

Chi non ricorda il bel risultato prodotto dalle “fattorie didattiche”.

Tanti piccoli Comuni avevano investito su queste ultime.

San Fele ne  rappresentava il fiore all’occhiello.

Oggi ,a distanza di anni, e di tanti  accorati editoriali la Camera di Commercio di Potenza  riscopre il “cibo” di qualità  come cultura   e come occasione di socialità  e di generosità.

Noi lucani, siamo i detentori degli “Stati Generali” della Socialità, della  Qualità, dell’Ambiente , del Saper vivere e della Generosità.

I progetti di  Legambiente lo hanno confermato,  sempre, più , in specialmodo,  in  queste ultime annualità.

Il rispetto del  territorio e delle tradizioni  è nel DNA dei lucani.

La qualità  della vita in Basilicata si  evidenzia  soprattutto  con i genuini  prodotti  biologici “tipici e unici” delle nostre comunità  marginali.

Non vi è un agriturismo lucano senza specificità culinarie ed enogastronomiche dell’area di riferimento.

Andava  certamente in questa direzione il protocollo di Intesa firmato negli anni scorsi tra ALMA e Provincia di Potenza.

E’ ormai acclarato da tempo, intere famiglie lucane hanno riscoperto il gusto di incontrarsi davanti ad un “piatto autoctono”.

I vecchi sapori e la tradizionale cucina lucana hanno impresso anche alle nuove generazioni il culto del tempo libero e della socializzazione.

Socializzare con persone che degustano, cucinano e presentano piatti raffinati e reinventati ,seguendo metodi tradizionali, è sicuramente uno degli aspetti  più interessanti per accrescere e incentivare il turismo lucano.

Negli ultimi tempi ci siamo accorti che la Basilicata è sempre più conosciuta per i suoi prodotti e per le brillanti perfomances dei suoi chef.

Quante volte ci siamo imbattuti nel gelato al fagiolo di Sarconi, nel risotto al Crisantemo,  e in  tutte le leccornie derivanti dalle castagne dei nostri amati boschi del Vulture, per citare alcune  delle tante  “qualità  lucane”.

Proseguire sulla strada della “socialità  a tavola”  è sicuramente importante.

Essa rappresenta  una delle componenti più remunerative e più condivise  della nostra economia.

La grande affermazione del prodotto biologico lucano e la presenza di guide turistiche all’uopo preposte, devono far riflettere i  tanti turisti che scelgono la Basilicata.

Mangiare bene , bere meglio e godere del particolare trattamento riservato  all’ospite di turno rappresenta un fiore all’occhiello del turismo lucano.

Un rispetto sacrale che solo il contesto sociale ed ambientale lucano sa offrire al turista. Speriamo che nei prossimi interventi di promozione turistica questo “aspetto sacrale” venga definitivamente riconosciuto anche dall’APT.

A tal proposito,  non va sottaciuto che le poche  “fattorie didattiche ” lucane  che si esprimono con tutti  i loro strumenti cognitivi  e il cibo tradizionale  riconosciuto da grandi intellettuali e politici, potrebbero  condizionare perfino alcuni “orientamenti” culturali.

Chi di fronte al buon piatto non si confessa e non si rivela.

Il cibo che diventa cultura,  spettacolo e comunicazione come riferito da Luigi Ceccarini  non  fa leva sui soliti noti, ma, il più delle volte   sugli “ignoti”.

Gli ignoti che si trasformano in vere espressioni di  rapporti di vera amicizia, di  rispetto e di fiducia reciproca.

Quanti scambi di indirizzi, e-mail e numeri di cellulari, dopo un bel pranzo.

E’ il miracolo della cucina.

La cucina che diventa piacere, partecipazione e passione per una società ,come, quella lucana, che ,ancora oggi, non si è liberata dal “bisogno” primario.

Un bisogno primario ,che, in alcune categorie sociali , non viene più avvertito, ma, che, putroppo,  ancora,  esiste  in Basilicata.

Trasformare l’alimento  come  “elemento sociale” che si caratterizza e che si tramuta in vera solidarietà, potrebbe essere uno dei veri leit motiv del prossimo futuro.

Quante volte  in questi ultimi mesi  ci siamo imbattuti in volontari della Caritas diocesana.

La loro richiesta non è fatta solo di denaro.

La loro  presenza davanti ai supermercati sono l’esempio vivente  di un rovescio della medaglia che a fatica stentiamo a riconoscere.

Pur  “contribuendo”, nel nostro piccolo, a raccogliere cibi, bevande e vivande non ci siamo ancora  resi conto delle accresciute  file di un esercito di “disgraziati “che si ingrossa sempre più.

Sono i nuovi poveri come gli  anziani soli,  i licenziati cinquantenni,  i disoccupati di lunga durata,  i giovani ex tossicodipendenti e in cerca di prima occupazione ecc.

Sono quei cittadini lucani che non fanno notizia  perchè hanno grande dignità.

Sono quei cittadini che  non chiedono l’elemosina perchè arrossiscono.

Sono quei cittadini che ignorano  cosa sia un agriturismo e una fattoria didattica.

Sono quei cittadini che non si cimentano in disquisizioni su dove pranzare e cenare o acquistare prodotti enogastronomici della tradizione lucana certificata.

Non a caso  i movimenti e le missioni cristiane  consci di questa cruda realtà, e, perennemente,  alla ricerca della valorizzazione del gusto e della solidarietà  sociale,  sono sempre più presenti  “nell’altro mercato”.

L’altro mercato che in Basilicata è ai primi passi,  ha gia conosciuto, concretamente , fasi di contestazioni e di inquietudine contro le  produzioni geneticamente modificate, che, per fortuna, hanno attecchito  poco nella nostra agricoltura.

Una simile esperienza ci ha  concretamente dimostrato che,  la gastronomia e i prodotti tipici, uniti alla valorizzazione di un marchio certificato  potrebbero costituire quel valore aggiunto,  su cui  seriamente   ricercare  la giustizia sociale e la felicità personale.

Potrebbero, infine,  significare, non solo,  una  pratica filantropica e solidale, ma , una  vera  e propria partecipazione umana e cristiana rivolta agli “ultimi”.

Del resto se anche  la rivista degli anni cinquanta “Problemi del Socialismo”  di Lelio Basso pubblicò un inserto di Luigi Veronelli sulla “Gastronomia”.

Il cibo che “tracima” dovunque nella nostra vita quotidiana e in ogni vetrina, può far scoprire valore, tradizione e territorio, anche a quei dignitosi  cittadini lucani ,conosciuti  solo alla CARITAS, che, difficilmente, potrebbero competere e cucinare,  con sapienza,  come  fanno tanti nostri  politici  nei vari Salotti vip.

mauro.armando.tita@alice.it

 

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