La cultura, bene comune… dobbiamo realizzarla concretamente

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Dopo lo stupendo video della “fuoriclasse”  Prof.ssa  Del Puente  promosso brillantemente  dalla Pro Loco di Ruvo del Monte teso a valorizzare il nostro meraviglioso dialetto e le nostre stupende tradizioni popolari è d’obbligo  riproporre il mai sopito concetto della Cultura come “Bene Comune”.

La Cultura “Bene Comune” non è un mero  slogan  è una convinzione  che sentiamo di condividere con l’intera Comunità lucana e ruvese, in particolare.

La Cultura che arricchisce, che rinforza un legame , un confronto , una relazione sociale può significare affrontare se stessi .La Cultura capace di normalizzare le nostre reazioni emotive scosse da quarantene e morti ingiuste.

La Cultura che  può normalizzare la nostra esistenza e contenere l’ansia che sta distruggendo il nostro “vivere” quotidiano. La Cultura  “Bene Comune” quella che ammicca e che strizza l’occhio alla Comunità tende caparbiamente ad avviare le interazioni organizzative con il territorio .

Auspichiamo una Cultura che riesca  ad esprimersi  con nuovi linguaggi  capaci di lasciare traccia nelle nostre Comunità.

La Comunità, alla Bauman, quella che esala  una sensazione piacevole, incarnata nella Storia, segno visibile di  “pienezza di vita”,  non può e non deve essere disgiunta dalla “Cultura Bene Comune”.

Le Società possono essere cattive, le Comunità no. La Comunità è sempre una cosa buona, basta ritrovare le fondamenta su cui costruire un “senso” vero di reale parità e di vere opportunità.

Ecco il nostro scopo …aborrire la produzione  culturale per pochi ispirati  e creare attività molteplici  a vantaggio di una collettività composita, non più smarrita.

Un impegno serio  il nostro che  va nella  consapevolezza  di  promuovere la Cultura per sviluppare l’economia del Territorio.

Gli economisti (ricordate  i  “latrati” di Tremonti…con la “Cultura non si mangia”)ormai dimostrano ed è acclarato sul piano socio-economico  che l’investimento culturale produce sviluppo in termini più forti di altri settori produttivi a condizione che si superi questo brutale  periodo “pandemico” e seccante, noioso e  fastidioso, lo” status quo” dell’impassibilità, del distacco, dell’insensibilità, della noncuranza, insomma, dell’INDIFFERENZA.

Osservava Elie Wiesel,  lo scrittore sopravvissuto all’Olocausto: “L’opposto dell’amore non è odio è indifferenza (…riproposto più volte da Papa Francesco). L’opposto dell’arte non è il brutto è l’indifferenza. L’opposto della fede non è eresia, è indifferenza. L’opposto della vita non è la morte è l’indifferenza”.

Sono queste le vere ragioni che ci spingono a smuovere le acque stagnanti di questa odiata indifferenza e a creare con la Pro Loco e la Community di Alberto Nigro  un vero contenitore di creatività, di memorie e di comunione. Come sosteneva il prof. Michele Trimarchi ,docente di economia dello spettacolo nell’Università IULM di Milano …”Se si riuscisse a de-musealizzare la Cultura , questa ritorna a pieno titolo a fornire stimoli informativi,  simbolici ed estetici , alimentando in generale la qualità della vita , ossia mostrando una specie di colonna sonora permanente e percettibile rispetto a tutte le nostre molteplici attività”. De-musealizzare  i nostri reperti  è stato il nostro obiettivo realizzato concretamente dal Gruppo Archeologico lucano negli anni settanta con un  ambizioso progetto vissuto tra Mostre Permanenti , Pubblicazioni scientifiche e Sezioni Didattiche.

Vivere  una  Cultura non mummificata , leggera,  in grado di alleviare questo  senso di frustrazione, di disagio e di insoddisfazione ci ha resi “cosmopoliti” con le Università europee e canadesi (Alberta in Canada)

Mutuando Trimarchi osiamo affermare che la nostra Pro Loco  e la Community di Alberto dovranno essere  una forza moltiplicatrice e autorigenerante, una sorta di colonna sonora che ci deve accompagnare  nella nostra quotidianità  e ci deve far  uscire  dal “circo” mediatico  variopinto che si agita intorno a noi.

Siamo convinti che la Cultura costa molto meno di quanto può rendere. Le persone hanno bisogno di essere occupate, non solo i giovani anche gli anziani.

Questi ultimi dal momento che smettono la loro vita abituale basata sul lavoro e le professioni perdono anche la loro capacità intellettuale, diventano immediatamente dei vecchi inutili agli altri e anche a se stessi. Questo è la vera faccia della povertà: l’incapacità di produrre “senso”, di essere responsabilmente autori del proprio percorso esistenziale.

Ho tratto questa finezza di pensiero dalla rivista “Scripta manent” perché come ci ricorda il prof. Pierluigi Sacco, Preside della Facoltà Arti, Mercati e Patrimoni culturali dell’Università IULM di Milano: ”Il vero investimento è quello di attirare la produzione culturale per metterla attivamente in contatto con quelle che sono le leve giovanili  locali”.  Noi ci proviamo…

Armando TITA

Sociologo

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