Quello che succede all’interno delle segrete stanze del Pd di Basilicata ai più profani può sembrare incompresibile. A noi sinceramente NO.
Pur se i vari sondaggi sanciscono una ennesima vittoria del Partito Regione quello che è avvenuto in questi giorni è il chiaro sintomo di una stagione fallimentare e chiusa per sempre.
Il rinnovamento resterà una chimera.La presenza del M5S e di tanti “rassemblement” civici non produrrà alcuna “variabile” consistente nel firmamento politico lucano.
Si parte da un assioma: ” La Basilicata non ama le grandi rivoluzioni copernicane”.
La critica è solo di facciata e l’alternativa PDL si è sempre “accontentata” delle “briciole” e degli inciuci.
Per queste ragioni, il vecchio gruppo dirigente del BUFO (bubbico/folino) PD si era cementato sul campo con ruoli, ritualità e modus operandi sempre vincenti, mai, scalfiti, da altre politiche e da altri soggetti.
La vittoria di Marcello Pittella ha stravolto questo assetto organizzativo e ha condizionato le scelte e le certezze di questo granitico “blocco” politico-istituzionale.
L’alternanza e un possibile rinnovamento per questi oligarchi è impensabile. Com’era impensabile una vittoria pittelliana.
Una vittoria voluta dal popolo alternativo e benedetto da tanti giovani volenterosi del PD.
Giovani che erano riusciti a creare buoni momenti di vita e di relazioni, dentro e fuori il PD.
Questa voglia di cambiamento ha cozzato con l’altro gruppo “quello granitico”, quello impegnato nel mai accantonato gioco dei quattro cantoni.
Un gioco che, oggi, non entusiasma più.
Sono lontane le ultime nomine del democratico Anatrone e del popolare Iacovino nei meandri del sottogoverno lucano.
Tutti a casa non è il solo slogan di Grillo, il tutti a casa è diventato prioritario in Basilicata, anche dopo le ultime denunce della Corte dei Conti e di Oricchio.
Per quste ragioni siamo stanchi di comportamenti “gattopardeschi” e ignavi.
Le giovani generazioni lucane che avevano riposto tanta fiducia in alcuni consiglieri regionali sono state deluse dalla mancata alternativa e dalle mancate scelte dei soliti noti (acqua e petrolio, in primis).
Nel frattempo tutto quello che la Eurogeneration lucana del PD riesce a strappare è un ennesimo, ipotetico e fumoso ” patto ” da scrivere e da programmare.
Un patto ibrido con una ipotetica rivoluzione solo terminologica.
Forse, si dovrà, ob torto collo, rispolverare il vecchio progetto “generazione 2015”.
Forse, con la presenza, nei giorni scorsi, delle reliquie di Don Bosco a Potenza (tanto venerato a Rione Verderuolo) riprenderemo il concetto salesiano del “Tornare ad educare”.
Forse, dopo il ginepraio e la confusione di questi ultimi giorni i giovani del PD sono fermamente convinti che il concetto di educazione, di umiltà e di semplicità, agognati da Don Bosco e papa Francesco, deve riguardare il loro partito.
I giovani e le forze del rinnovamento si sono resi conto che le filiere e le rendite di posizione sono state riconosciute e confermate di fatto.
Gli scettici della “fusione fredda”, pur nel loro cinismo di maniera, avevano avuto ragione.
A noi inguaribili sognatori non ci resterà che il bellissimo ricordo degli anni settanta lucani vissuti con tanta partecipazione giovanile e popolare.
Ricorderemo con tanta nostalgia gli Anni felici, alla Luchetti, con i vari Comitati democratici per il NO (a favore della legge Baslini/Fortuna) e la stupenda partecipazione della gente comune alle nostre assemblee.
Ricorderemo l’interesse attivo dei giovani e le “costruttive e vibrate ” proteste dell’epoca.
Non vi erano filiere e non vi erano rendite di posizione consolidate.
Avevamo il coraggio di rinnovare la “squadra” ogni cinque anni.
Noi siamo cresciuti con questo senso democratico. La gente ha creduto in noi.
Noi abbiamo animato la piazza con passione civile e trasparenza.
Non potevamo mai immaginare che i nostri eredi non si cibassero di partecipazione e di “democrazia diretta”.
Con nostro profondo rammarico, dobbiamo constatare che siamo in presenza di sole filiere fameliche. Le primarie lo hanno confermato.
Da inguaribili sognatori avevamo creduto che il PD sarebbe stato il nostro “sol dell’avvenire” moderno e concreto.
Avevamo sognato una società civile fatta di tante belle occasioni e di tanto entusiasmo.
Avevamo creduto in una Woodstock più moderata e più matura.
Ci eravamo sbagliati di grosso e le umilianti spaccature odierne lo stanno a dimostrare.
Forse, stiamo per uscire dal letargo di sempre ma, non abbiamo determinazione e caparbietà, siamo lenti e siamo pavidi e i nostri figli hanno una sola voglia matta, quella di fuggire e non tornare mai più, in questa secolare, stucchevole e provinciale tribalità “dorotea”.
mauro.armando.tita@alice.it