Il IV Comitato di Sorveglianza PO FESR 2007/13 tenutosi a Maratea nei giorni scorsi ha confermato il primato nell’impiego delle risorse comunitarie alla Regione Basilicata.
E’ certamente una bella notizia.
Purtroppo, per la nostra riconosciuta onestà intellettuale, dobbiamo constatare che questo orgoglioso e invidiabile primato cozza da sempre amaramente con la scarsa “capacità di impatto” sul territorio.Un primato che non crea occupazione e che non ha mai creato da oltre trent’anni i tanto desiderati “effetti moltiplicatori”.
Da secoli vantiamo primati incontestabili di impiego delle risorse sia nel FESR che nel FSE e FEOAG, al contrario, da oltre un decennio siamo in presenza di un’economia regionale di tipo flat.
Da qualche anno il sempre nostro positivo export ha fatto registrare il segno meno.
Le tante assenze dei governi nazionali di questi ultimi anni , compreso il governo tecnico di Monti, completano questo quadro desolante, caratterizzato da luci ed ombre.
Luci e ombre con nubi che si addensano pure sulla Fiat/Sata dopo le ultime dichiarazioni di Marchionne.
Siamo in presenza di una crisi strutturale di sistema che il caro Ernesto De Martino definiva negli anni post bellici ” apocalisse culturale”.
Se il SUD e la Basilicata con le sue positive performances, a un anno dalla scadenza del POR 2007/2013, non riescono a costruire quelle che Aldo Bonomi chiamava “coalizioni territoriali” fra pluralità di soggetti, (imprese e nicchie di mercato, imprese e centri i eccellenza, impresa, regione e università ecc,) vorrà dire che l’economia del SUD è bloccata per sempre.
Siamo stanchi dei soliti tabulati e del bieco assistenzialismo caratterizzati dal mordi e fuggi.
Ci siamo tanto annoiati nel denunciare per anni questa disastrosa performance della 488 e ai suoi conseguenti fallimenti, quanto rassegnati a questo strano ed iniquo destino.
Ogni fallimento ha avuto una COMPLICITA’ locale.
Una complicità che si è espressa in sfacciati privilegi verso gli industriali del nord sia da parte del mondo finanziario e sia da parte delle Banche locali, ma, soprattutto, nell’assurda sudditanza politica della classe dirigente degli anni settanta e ottanta.
Lo sappiamo da sempre che siamo stati MERCATO DI RISERVA del Nord.
Non si vuole certo semplificare, ma, aver prodotto per anni lo scempio del territorio e non aver puntato su settori strategici quali il turismo e l’ agro-alimentare è stato un vero suicidio delle classi dirigenti della prima Repubblica.
La disastrosa situazione dei Poli di Sviluppo industriali del Sud ripropongono l’attuale gestione commissariale dei Consorzi ASI e dei Distretti mai decollati.
L’ultimo esempio è quello del fallimento totale del Distretto della corsetteria di Lavello.
Qualche anno fa, il già Presidente della Confindustria lucana Attilio Martorano, oggi assessore regionale alla Salute, in un’intervista a Rai 3 Basilicata, ribadiva la necessità di non inveire su probabili “imputati” ,ma, di fare leva sull a competitività , sulla ricerca e sull’ammodernamento del nostro tessuto industriale.
Purtroppo ,le tante nubi che si addensano sul futuro della Fiat Sata, e questa incresciosa e scarsa capacità di impatto del nostro FESR ci fanno riflettere seriamente.
Non abbiamo alcuna intenzione di infierire ulteriormente ,lo abbiamo fatto nel recente passato, del tutto inascoltati.
Vogliamo creare la transizione al post industriale. Vogliamo superare la fabbrica fordista.
Vogliamo una regione che “investa” su alcuni seri imprenditori.
Dobbiamo finalizzare i progetti FSE a concreta e palpabile occupazione giovanile lucana.
Dobbiamo uscire dall’ibrido Pianeta dell’ OCCUPABILITA’ che da decenni ingrassa gli enti di Formazione e illude migliaia di giovani diplomati e laureati lucani.
Per queste serie motivazioni bisogna riprendere il cicorlo virtuoso, condiviso e trasparente (Piani di Sviluppo e di F. P. collegati) dei nostri vecchi Progetti regionali.
Progetti finache sono diventati con migliaia di occupati nella PMI lucana la chiave di volta dell’autopropulsione.
Una Basilicata “interna” che aveva riposto nelle sue risorse endogene, in primis, nelle “vocazioni della terracotta”, un indubbio volano dello sviluppo e della “speranza”.
Un esempio per tutti era costituito negli anni scorsi dai progetti di tipo agrindustriale.
Una grande tradizione artigianale , una grande pregettazione riferita all’Indeco S.p.A. , poi divenuta ARSA ( Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Artigianato) un grande richiamo dell’istituendo Polo Artistico aveva “costretto” tanti imprenditori del Nord e dell’Europa ad avvicinarsi alla realtà lucana interna.
Una grande complicità e un mix tra esigenza di chiusura con i vecchi laboratori artigianali e l’apertura di un mondo imprenditoriale di tutto rispetto che aveva fatto dell’integrazione “agricoltura-industria” una delle chiavi del successo.
La produzione di essenze da utilizzare negli umidificatori costituiva un ulteriore investimento di suoli agricoli vocati alla floricoltura.
Era un grande progetto industriale che aveva bisogno di più fattori come sosteneva l’ex presidente della Confindustria lucana Martorano.
Avevamo posto in essere, un decennio fa un bellissimo “bussness plan” ( cfr. Luigi Magno, ARSA) che poteva far leva sui finanziamenti della legge 64/86 avevamo la possibilità e la potenzialità di poter supportare con convenzioni speciali tutto il Progetto e le immancabili ripercussioni territoriali.
Il Bussness Plan redatto dal management del “COCCIO” improntato alla SERIETA’ e non “al mordi e fuggi” ha sentenziato esattamente il contrario.
Tutto ciò ci ha fatto riflettere.
La serietà delle nostre progettazioni e i finanziamenti della 64/86 non potevano garantire un investimento trentennale.
La “violenza” della verità nonostante il circuito virtuoso attivato , come quello agognato da Martorano, aveva prodotto un risultato negativo ed un serio ripensamento da parte nostra.
Pochi sono stati successivamente i momenti di vera condivisione tra imprenditori, enti locali e maestranze per i “fatti” e gli investimenti produttivi.
Quello che viene definito da Centri Eccellenza una situazione di tipo “flat” si ripercuote sul futuro e sull’impossibilità di poter esercitare una qualsivoglia politica industriale rispettosa dei fattori che ,oggi , purtroppo, segnano il passo in modo irrevocabile.
E’ ormai risaputo che i mini interventi tampone non solo non risolvono il problema ma, ne procrastinano la soluzione.
La mancanza dei veri fattori industriali diventa in Basilicata sempre più sconcertante.
La competitività che in Basilicata non è mai stata presa in seria considerazione non può far leva su l’attuale approccio culturale, ormai desueto.
E’ una subcultura da rigettare completamente.. e ora più di prima bisognerebbe riprendere la vecchia ricerca del CENSIS, che lanciava per la Basilicata Moderna lo slogan : “Dal POSTO al PERCORSO”.
Ci eravamo illusi che la nuova stagione industriale della FIAT SATA e del Distretto del Mobile Imbottito potesse sopperire ai mali atavici della “gens imprtenditoriale” lucana.
Ci eravamo illusi che avremmo innescato da quel momento i tre pilastri della qualità dell’ambiente “macroeconomico”:
L’efficienza della P. A.;
La macchina fiscale e l’accesso alla finanza “regolata”;
L’adeguatezza dell’accesso alle nuove tecnologie e, soprattutto alle infrastrutture.
Questi seri fattori “martoriani” che non sono stati mai seriamente attivati ci pongono in una situazione di estrema inadeguatezza che può favorire per un decennio un ulteriore grande esodo giovanile.
La conferma è data dal polo del salotto e dai suoi cinquemila cassintegrati(senza futuro e senza speranza alcuna).
Ci attende nei prossimi anni una fatica di natura “sisifiana” senza vere e concrete possibilità.
Dovremo riprendere , infine , il vero e serio cammino vocato alla competitività.
Una competitività che parta finalmente dalle nostre risorse endogene.
Solo, in questo modo, potremo ripensare ai “fattori” e illuderci che siamo integrati in un mercato “glocal” ,stanchi come siamo di aver favorito per decenni con la prima e la seconda repubblica… un presunto sviluppo, peraltro, senza aver ,mai acquisito, una seria AUTONOMIA.
mauro.armando.tita@alice.it