I ripetuti suicidi di giovani fragili e le indifferenze istituzionali e i nostri egoismi. L’esempio di Avigliano

Il caso emblematico e incompreso del suicidio del diciasettenne di Spinoso ci addolora ancora di più.

Siamo stanchi di leggere sulla stampa locale gli ennesimi casi di suicidio e di prenderne atto con una ritualità disarmante.

Forse avremo la solita analisi dell’ esperta di turno. Ci basterà?

Faremo il nostro cinico e freddo commento e ci autoassolveremo come sempre.Daremo la colpa alla società, a Internet, alle fragilità umane, fuorchè, a noi stessi.

Tanti suicidi e tanta gente sull’orlo di una crisi di nervi vengono ignorati dalle Istituzioni e dalle cosiddette Agenzie educative (Chiesa, Scuola e Famiglia).

 

Lo sfaldamento delle famiglie  lucane e i licenziamenti  sono le cause più ricorrenti in questi ultimi tempi.

Un anno  fa dopo il suicidio dell’operaio Mimì Salvatore  avevamo tanto apprezzato il messaggio  solidaristico del  Sindaco e del Consiglio Comunale di Avigliano.

Abbiamo  dedicato  tanto spazio  e tanta riflessione alla morte del povero Mimì.

Tale messaggio in un confermato cinismo di maniera non era  stata una semplice presa di coscienza,  era stata, una vera  e propria azione  di solidarietà , una sorta di “grimaldello”.

Azione grimaldello che era servita  a  sensibilizzare tutte le Istituzioni (Regione e ASP, in primis) a muoversi nella giusta  direzione degli ” ultimi.”

Azione grimaldello  che aveva  supportato le accorate  iniziative degli  amici di Unità Popolare di Avigliano.

Iniziative che per la prima volta in Basilicata avevano superato la soglia dell’indifferentismo(alla Calamandrei) “istituzionale”.

Il gesto  encomiabile e nobile, quello, posto, in essere,  dal Sindaco e dagli Amministratori  Comunali di Avigliano, che,  non hanno mai voluto dimenticare  il povero Mimì ci aveva positivamente coinvolto.

Loro non hanno voluto rispondere con l’ignavia di sempre, ma, soprattutto, con la “coscienza di persone sensibili e umanamente legate al prossimo”.

Noi che da secoli predichiamo solidarietà e  dialogo, non  vogliamo abbassare la guardia sulle crisi esistenziali presenti nella nostra mediocre società lucana.Non abbiamo  alcuna intenzione di assistere pavidamente all’ennesimo suicidio di giovani fragili e incompresiNei mesi scorsi  avevamo  riproposto il tema del disagio in tutte le salse.

Un disagio  che tante volte in Basilicata sfociato  tragicamente in  suicidi apparsi ai più e per lo più  “incomprensibili” non ha mai trovato un briciolo di comprensione  nella società lucana che conta.

Gli “Ambrogio” di Rotonda o  di Atella, le “ragazze” di Policoro e Brienza di ieri e  i Mimì di Avigliano  e  gli  Eugenio di Pignola  o di Spinoso odierni erano e sono la spia luminosa di un malessere che cova  da anni nelle nostre  dimenticate e abuliche aree interne.

Dobbiamo amaramente prendere  atto che non esiste   più comunione  e  solidarietà nelle nostre amate periferie.Sembrano concetti triti e ritriti. Eppure le nostre Comunità  marginali si fondavano sullo spirito di fratellanza e di condivisione.

Perfino  Don Francesco, parroco di Pomarico, avvertiva ,qualche tempo fa, il bisogno di fare un gesto eclatante  pubblicando  manifesti murali … per denunciare  l’insensibilità cittadina. Noi società   lucana d’avanguardia  abbiamo una  terribile responsabilità.

Abbiamo favorito gli “egoismi” su tutte le forme di altruismo, comunque presenti,  nelle nostre comunità marginali.

Non siamo stati in grado di scegliere i tanti buoni  politici e  i tanti buoni  amministratori lucani che avevano operato per decenni per l’interesse generale,  senza mai chiedere prebende  personali e familiari di qualsiasi natura.

Quante volte ci siamo chiesti  se queste nuove generazioni  fossero   in grado di cancellare il virus malefico della politica vocata alla mera gestione del  potere?

Solo la condivisione e la solidarietà ammazzano il   “mostro” (diconsoliano) che è presente in ognuno di noi. Gli amici di Unità Popolare e il Comune di Avigliano dopo tanti  nostri appelli evaporati nel nulla, ci  avevano  fatto sperare e ci avevano dato la  forza per continuare a credere in un  futuro rispettoso dell’altrui dignità.

Il silenzio assordante delle istituzioni e della chiesa lucana, in particolare, ci fanno ripiombare nello sconforto.

Noi, inguaribili ottimisti vogliamo ancora credere in quella speranza  che è sempre presente nelle nostre più sensibili Istituzioni democratiche.

Istituzioni democratiche che non sono restate  inermi di fronte a tali drammi e che hanno creato  con il dialogo, la condivisione e la vera solidarietà, l’abbattimento di ogni pericoloso isolamento.

Se  il solo Comune di Avigliano nel  deserto dei servizi sociali di Basilicata (pur ,foraggiati da lauti stipendi) e in parte, anche, noi pochi uomini di buona volontà, siamo stati  vicini e solidali verso  gli ultimi e i  fragili e “deboli”giovani lucani una seria ragione ci deve pur essere.

mauro.armando.tita@alice.it{jcomments off}

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