Pezzo riportato in evidenza su “la tribuna” del Quotidiano del 15 novembre 2013
I “giovani democrat” non sono più muti e silenti, non si nutrono più dei soli successi del giovane Speranza, ma, al contrario, come è successo con Mario Polese accendono gli animi (vedi Quotidiano del 14 novembre).
Sono giovani un po’ sprovveduti sul piano amministrativo ma non certamente su quello progettuale e propositivo.A un Polese che prende a cuore il ricambio generazionale dei nostri artigiani consiglierei le Banche dati professionali Stairs della Camera dei deputati n. cod . 7462 “Progetto Artigianato della regione Basilicata”.
E’ un piccolo esempio del vecchio e virtuoso modello lucano caduto nel dimenticatoio dopo le ultime angoscianti performances partitocratiche.
Come sono considerati questi giovani democrat alla Mario Polese dall’opinione pubblica lucana.
Sono alla Polese o sono muti agevolati e caratterialmente inclini al servilismo sciocco e alla mera e umiliante sudditanza?
Come si tutela… da certi comportamenti ignavi e silenti un Partito /regione e un candidato /Presidente che ripete con capabietà il suo programma fondato su partecipazione e meritocrazia?
Forse una nuova e seria governance e un licenziamento opportuno di questi burosaruri, affamati di prebende, potrebbe ridare ai giovani democrat e ai giovani lucani, fuori tribù, la prima risposta ai loro affannosi e atavaci problemi sarebbe il primo segnale del rinnovamento generazionale.
Forse (azzardiamo) questi giovani dopo la performance di Mario Polese, pur, consci, della loro grande inesperienza politica riescono seppur timidamente a scrollarsi di dosso il controllo asfissiante e patogeno dei loro capi-filiere?
Capi filiere e intellettuali, che, contano nella partitocrazia lucana, anche, loro, stranamente muti e silenti come fatto rilevare dal puntuale editoriale della Serino.
Su queste motivazioni ci siamo spinti, nel recente passato, a “scavare ” in modo originale su di un “universo” della società lucana additata come “oligarchia” professionale.
Oligarchia professionale, dedita, “all’assalto alla diligenza”, odiata e invisa alle nuove generazioni, e, soprattutto, non più “motore” di cambiamento come certe avanguardie culturali vissute negli anni sessanta e settanta.
Nessuno degli appartenenti a questa categoria sociale rinuncia,tanto facilmente, a un incarico in un qualsivoglia CdA del sottogoverno regionale.
Quali sono le vere cause che impongono questo nuovo status quo?
La brama del potere o il nuovo modello lucano delle famiglie cosiddette vip mai dome e sempre assatanate di agi e di privilegi!!!
Questo nuovo modello familiare, tanto potentino, quanto “metropolitano”, frutto delle complicità tra “caste politiche” e “imprenditoria garantita”, tra alta borghesia parassitaria e alte sfere della P.A. lucana apprezza tanto l’agiatezza e i privilegi senza tempo.
Esiste, a tal proposito un nuovo ruolo delle mogli/madri?
Non quelle descritte con tanta passione e tanto rispetto da Lucia Serino nel suo editoriale: “Il Piano B delle donne”.
In questi ultimi tempi, ci siamo chiesti se essere una buona sposa in Basilicata comporta ancora, causa vincolo matrimoniale, “nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, sino a che morte non vi separi”,una pia e inflessibile fedeltà allo sposo o si preferisce un ménage familiare accompagnato da un incarico ben retribuito in un CdA.
Perchè coinvolgere le mogli in questo nuovo modello familiare? Cosa centrano le consorti in questa questa nuova “categoria sociale” delle mogli che si va affermando sempre più nelle coppie “vip” lucane?
La scoperta del Quotidiano e il ruolo esercitato nel “sottogoverno petrolifero” dalle cosiddette “società delle mogli”lo sta a dimostrare concretamente.
Natalia Aspesi ebbe a riferire, qualche tempo fa, sul Venerdi di Repubblica, che, ormai, la maggioranza delle donne sposate contemporanee seguono meno i doveri cristiani di moglie, preferendo ritrovarsi, pur, nel disonore, cariche di allegro denaro con cui vivere alla grande.
La Basilicata che si trasforma con questi nuovi modelli familiari non si discosta neanche un po’ da questo clichè.
Molte signore contemporanee lucane, amanti della mondanità, molto adulate ed invidiate, hanno acquisito un ruolo determinante all’interno del proprio nucleo familiare e spingono mariti e figli al salto della quaglia.
Siamo stati testimoni nel passato di un femminismo lucano, troppo ingenuo e autoreferenziale, in cui si diceva per far pulizia dovrebbero dare più potere alle donne, che proprio per natura e per sorellanza sono più oneste; e se capitava che oneste non fossero per niente, già si diceva, è colpa della società patriarcale lucana, del padre, del marito, del figlio, insomma del maschio.
Poi, negli ultimi anni e dopo Mani Pulite e i crac Parmalat, Cirio e dopo le già citate ” SOCIETA’ delle mogli” rivenienti dall’inchiesta giudiziaria sul Centro Oli ci siamo accorti che le gentili consorti non hanno ruoli subalterni e come le mogli di Poggiolini e Curtò riescono a nascondere pacchi di soldi nei pouf di casa o nei depositi in conti coperti.
Sono questi i casi emblematici di un mènage familiare che in Basilicata non vorremmo che attecchisca, pur, in presenza, di tanta voglia di vivere alla Briatore.
Questi esempi ci devono aiutare a prevenire un eventuale dilagare di nuove truffe e di falsi modelli familiari.
Questi esempi ci devono aiutare a recuperare il senso civico della famiglia lucana.
Senso civico e rispetto per gli altri ormai caduto in disgrazia e del tutto assente da decenni nel modus operandi giornaliero delle famiglie lucane dedite al dio interesse.
Chiudere con le banalità dell’odierno edonismo e riacquistare quel ruolo consono di madre e moglie educatrice e di “faro” per i figli.
Questo è quello che Noi auspichiamo.
Per il prossimo futuro e per le nuove generazioni, vogliamo madri e mogli belle e seriamente determinate nel lavoro quotidiano, propositive nella società civile, lontane “dall’allegro denaro”.
Mogli e madri serie avversarie di un vivere lascivo,edonista e consumista.
mauro.armando.tita@alice.it