I femminicidi in Parlamento e l’applicazione della Legge Golfo-Mosca in Basilicata

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Il “femminicidio” perpetuato  ignobilmente nei confronti delle varie candidate donna alla Presidenza della Repubblica da parte dei Peones  del Parlamento  ripropone sempre più  l’efficacia della Legge n.120/2011, la legge Golfo-Mosca, meglio conosciuta come “quote rosa. La legge ha compiuto nel dicembre scorso  dieci anni.  Una legge che ha dato risultati interessanti sulla presenza femminile nei vari CdA e nelle varie società quotate.

Il Rapporto CONSOB ha fotografato un dato non trascurabile nei board dei CdA delle quotate pari al 42,8 per cento di presenza femminile. Un dato estremamente positivo e inatteso.

Un dato che in Basilicata, purtroppo,  rappresenta una mera chimera, una vana illusione, una vera utopia.

La presenza femminile in Consiglio Regionale e nelle Partecipate regionali e comunali sono infime e “patogene”.

E’ inutile strappare un commento benevolo sull’applicazione della Legge Golfo-Mosca in Basilicata.

L’ultima attestazione, a tal riguardo, risale al 2006, la MELA d’Oro  della Fondazione “Marisa BELLISARIO” alla Dirigente Generale dott.ssa Maria Teresa Lavieri . Da quel momento le donne  manager  lucane hanno segnato il passo e sono state brutalmente rimosse dai posti chiave con una sola e particolare singolarità …le donne impegnate come Consigliere di Parità e  Pari Opportunità ,nel passato rivenienti dai Partiti della Sinistra e dal Sindacato, provengono oggi da Confindustria e dalla cosiddetta borghesia professionale quasi  a voler smentire l’intervista sulla Gazzetta  di qualche tempo fa di Gianluigi De Vito ad Annamaria Riviello, icona del femminismo “comunista” lucano.

Al contrario assistiamo ad un ruolo attivo negli affari delle “mogli/fidanzate ” dei Calciatori, dei Manager, degli Imprenditori  e dei Vip. Un esempio su tutti Wanda Nara, moglie di Icardi, procuratrice.

L’ultima in ordine di tempo  la moglie del Presidente della Regione Lombardia, socia dinamica e attiva di una Impresa (Dama SpA) senza dimenticare la moglie di De Scalzi e il suo patrimonio ENI da trecento milioni di euro, la signora Daniela Fini ex imprenditrice bonificata dalla Sanità laziale di Storace, la moglie del giudice Curtò con i suoi quattrocento milioni nel sacco della spazzatura  o la moglie di Poggiolini, DG del Ministero della Sanità, con il suo tesoro miliardario nascosto nei  pouf .

L’elenco sarebbe lunghissimo fino alla moglie dell’ex giudice  Palamara, nominata da Zingaretti  dirigente esterna alla Regione Lazio . Non voglio e non intendo  annoiarvi ulteriormente.

Tra il serio e il faceto  vorrei solo  citare la mia prediletta, la solita fuoriclasse Natalia Aspesi :”La maggioranza delle donne sposate contemporanee  e vip seguono meno i doveri cristiani di moglie  preferendo ritrovarsi, pur nel disonore, cariche di allegro denaro con cui vivere alla grande”.

La Basilicata degli ultimi vent’anni  che non ha prodotto importanti  presenze femminili in Consiglio  Regionale e nelle Partecipate  non si discosta  neanche un po’ da questo cliché .

Lo stereotipo  della società matriarcale  lucana “dura e pura” è “confinata” solo  in qualche vecchio libro con pagine, ormai ingiallite. Molti sono i mariti “incoraggiati” dalle rispettive mogli a “intrupparsi” in CdA , partecipate e sottogoverni  vari,  nazionali e regionali. Queste donne amanti della mondanità  hanno acquisito un ruolo determinante all’interno del proprio nucleo familiare condizionando a dismisura   le scelte dei propri mariti. I Bandi per le nomine dei boiardi regionali degli scorsi anni  lo stanno a dimostrare e confermare. Centinaia  sono stati  i “mariti”  spinti dalle loro consorti a candidarsi a un “posto al sole” in un CdA lucano, ben remunerato  e/o ben  “gettonato”.

Un fenomeno  ignorato dalla stampa  e dai mass media lucani , mai  approfondito,  nella sua giusta dimensione . Nessuno dei vip ( due cuori e un portafoglio) ha rinunciato negli scorsi anni  a un “CdA”  o a  una “partecipata regionale o comunale”. 

Siamo stati testimoni nel passato di un “femminismo” lucano ingenuo e autoreferenziale, alla Annamaria Riviello.

Poche le differenze sostanziali  tra le “confindustriali” presenze femminili  di oggi  e le donne “sinistrorse” di ieri,  in seno alla Commissione Pari Opportunità.

Donne un po’ snob, tanto borghesi , tanto privilegiate e così bonificate dalla politica politicante, così emancipate e così evolute  da stridere ferocemente con le  casalinghe e le braccianti lucane, così sorde e così insensibili, così sottomesse  e così asservite.

Donne mute  lontane “anni luce” dalle vibrate proteste e dall’ “illuminato” femminismo dell’UDI lucano. Quel femminismo  che sosteneva che  per far pulizia in politica, nelle professioni, nell’economia  dovrebbero dare più potere alle donne  che proprio per natura e per “sorellanza”(sinonimo di solidarietà) sono più oneste  e se capitava che oneste non fossero per niente , già si diceva , è colpa del padre , del marito, del maschio. Poi il cattivo comportamento  delle mogli d’arte già ampiamente descritto ci ha tragicamente smentito e ci ha portato crudelmente alla realtà quotidiana.

Chiudere con queste orrende e ambigue scelte di vita del passato e del presente  e auspicare donne lucane nelle professioni, nel lavoro, nella politica, lontane dall’allegro denaro, propositive, libere e alternative, presenti in numero massiccio nel Consiglio Regionale e nella GIUNTA,  nelle Partecipate e nei Consigli Comunali, sarebbe del tutto auspicabile.

Nel prossimo futuro nella nostra Basilicata agogniamo una presenza femminile meno snob e più “democratica”, più equa,  più partecipata e più coesa tra le diverse categorie sociali.

Armando TITA

Sociologo 77

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