Le risultanze positive determinate dall’ultimo Comitato di Sorveglianza per il nostro FSE hanno confermato i buoni risultati di sempre.
Da sempre le misure e le certificazioni poste in essere dal Dipartimento Formazione della Regione Basilicata sono considerate best practices.
Ad onor del vero da oltre un trentennio la capacità di spesa del nostro FSE è sempre stata al top.
Non si è mai concluso un Comitato di Sorveglianza con il segno “meno”.Il Comitato di Sorveglianza ha garantito alla Regione Basilicata una giusta premialità.
La UE, con i suoi attenti e scrupolosi funzionari, ha sempre apprezzato il lavoro encomiabile della nostra struttura formativa regionale.
La puntigliosa Maria Teresa Labanca sostiene che al successo del dipartimento e dei suoi uffici non corrisponde ,purtroppo,una positiva e conseguente ricaduta occupazionale.
Resta il patogeno dato della disoccupazione giovanile, resta la fuga dei nostri talenti, resta soprattutto, per l’atro versante produttivo il mancato utilizzo dei trentacinque milioni di euro del Fondo di Garanzia.
Fondo di garanzia inutilizzato dalle nostre aziende.
Siamo alle solite, il cavallo non beve.
Lo sostiene l’Assessore Pittella con un duro e incisivo intervento sul Quotidiano.
Dal mondo sindacale e del lavoro si sono levate voci discordanti sul mancato impatto occupazionale delle varie misure poste in essere dalla Regione.
Sembra che lo slogan della CISL “Tanta spesa ,poca resa” ci debba accompagnare anche per il prossimo sessennio 2014/20.
Eppure lo dobbiamo ricordare ai tanti smemorati politici e sindacali che “Sviluppo Basilicata” e l’Area Science Park di Trieste dovevano supportare le nostre imprese con tante idee e tante proposte e soprattutto con tanti progetti concreti che avrebbero superato il circolo vizioso del nostro famigerato sottosviluppo.
Con questi presupposti avevamo auspicato per tante imprese lucane una nuova realtà produttiva. Una realtà più positiva e più propositiva.
Si buttavano le basi con Sviluppo Basilicata e l’Area Science Park di trieste per un “laboratorio” unico nel Mezzogiorno.
L’accordo con Area Science Park garantiva, inoltre, alle imprese lucane la consapevolezza di superare il nodo delle dimensioni con una nuova rete e con un nuovo sistema delle imprese lucane.Un nuovo sistema che poteva e doveva guardare con fiducia al futuro.Nasceva, così, nuovo modello di sviluppo economico regionale.
Un modello in grado di combinare ricerca, innovazione, industria e agricoltura, turismo e ambiente.
Un modello che si ancorava solidamente a delle reali prospettive di mercato.
Reali prospettive destinate a creare effetti moltiplicatori per le nostre imprese e a non entrare in crisi dopo pochi anni.
Reali prospettive capaci di dare un taglio all’imprenditoria di rapina e del mordi e fuggi.
Tutto questo doveva essere possibile se si sceglieva con serietà la grande strada della programmazione, sia nella formazione, sia nelle attività produttive.
Con Sviluppo Basilicata e l’Area Science Park di trieste si aprivano scenari ambiziosi Doveva essere un’occasione irripetibile.
Guai se si cedeva ancora una volta alla spontaneità delle scelte di gruppi “capitalistici “, fuori contesto, guai se la Regione non interveniva a indicare gli indirizzi, gli obiettivi e le direttive entro cui si doveva sviluppare la vera economia produttiva lucana.
Sviluppo Basilicata, i nuovi Bandi e i trentacinque milioni del Fondo di Garanzia, avrebbero fatto uscire le nostre imprese dalle “nicchie” locali di mercato e le avrebbero proiettate verso lo sviluppo economico nazionale.
Pur nell’ottimismo di maniera, noi scettici, constatavamo che, tutto ciò, era una strada di difficile percorrenza.
Per regioni come la Basilicata e le sue aree interne c’era sempre il rischio che prevalessero gli interessi dei territorio costiero , quindi, della “polpa”.
Una “polpa” che, oggi, più di prima, sta rafforzando il suo potere economico, a discapito delle popolazioni dell’osso, che fanno ancora parte del ” mercato di riserva”.
Con Sviluppo Basilicata e l’Area Science Park di Trieste doveva crescere la consapevolezza di uno sviluppo più equilibrato.
La consapevolezza che bisognava soprattutto spingere verso gli ultimi e bisognava puntare finalmente su ricerca e innovazione.
Doveva tornare il grande modello virtuoso lucano degli anni novanta con un serio e concreto impegno di tutti gli addetti ai lavori.
Un impegno che doveva portare a poli di sviluppo produttivo della PMI lucana con punte di eccellenza e di qualità.L’esempio fornito dalla Barilla di Melfi era illuminante.
Per queste serie motivazioni anche il movimento sindacale lucano doveva riprendere la strada della responsabilità, non solo per confermare uno sviluppo equilibrato della regione, ma, soprattutto, per spingere una classe dirigente lucana verso l’occupazione produttiva e duratura.
Il controllo sociale esercitato da un serio movimento sindacale, sensibile e motivato, avrebbe potuto essere la chiave di volta non solo di una ricerca applicata per le nostre piccole imprese, ma, di un vero sviluppo delle aree interne della Basilicata.
Purtroppo i Progetti FSE della Basilicata hanno prodotto poca occupazione e Sviluppo Basilicata con l’Area Science Park di Trieste hanno fatto languire Bandi e risorse (come quelle del fondo di garanzia) attestate alle deboli imprese lucane.
Deboli imprese i cui difetti di tenuta e di presenza sui mercati era notoria a tutti gli addetti ai lavori.
Un ruolo realmente propositivo esercitato da Sviluppo Basilicata in grado di trasferire alle imprese lucane il concetto di innovazione e di ricerca, non è mai stato posto in essere.
Siamo rimasti nel Pianeta dell’Occupabilità con il FSE e siamo fermi al “Cavallo che non beve”… con il FERS e il Fondo di garanzia.
In queste disamanti condizioni l’entusiasmo di tanti giovani ricercatori lucani è sempre più scemato e ha prevalso in loro la voglia di fuggire, non più, con la tanta odiata valigia, ma, con un colorato Trolley, pieno di tanti tatuaggi e di tanti sogni svaniti.
mauro.armando.tita@alice.it