Dai “colombiani zanghi” di ieri, ai celerissimi trasformismi di oggi

Pubblicato sul Quotidiano del 20 maggio 2013

Ogni volta che il Quotidiano ripercorre con seri reportages e con approfonditi servizi l’orgoglioso periodo lucano post bellico è… musica per le mie orecchie.

Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza.

Non è un mio pensiero,  è di Ernesto Che Guevara.

Forse a Potenza  il nome Guevara lo si associa solo alla Torre.

I mass media nonostante il servizio radio giornale della Regione sono diventati una sorta di “unica” cerniera tra elettorato, partiti e gente comune.

Tutti sono consapevoli del ruolo che il Quotidiano  ha acquisito nella nostra regione.

L’operazione nostalgia e i ricordi dei “zanghi” di colombiana memoria ci appassionano enormemente.

Una passione, che, per dirla alla Paolo Albano, pur vivendola , ognuno, con la sua storia, non può finire in un oblìo insopportabile.

I partiti  dopo la maleodorante  rimborsopoli lucana ormai hanno perso il senso della società comune.

Le loro sedi periferiche  sono terribilmente vuote, P. D. in testa.

L’abulìa, lo scetticismo e il disincanto sono ormai diventati modus operandi giornalieri.

I giovani sono tanto lontani  dal mondo politico da non avvertire più  il bisogno di unirsi, dialogare e denunciare.

I decenni passati  vissuti in comunione  con tanti bei momenti preelettorali sono un caro ricordo.

Eravamo convinti che il nostro entusiasmo, il nostro impegno, le nostre emozioni  potessero influenzare i tanti elettori indecisi.

Il responso delle urne era il più delle volte un concentrato di “sorprese”.

Basterebbe citare uno dei momenti più belli (per noi della sinistra) della politica lucana.

Gli stupendi anni settanta.

Tanti ragazze e ragazzi,  con scarsa esperienza politica e amministrativa  diventavano addirittura “sindachesse” e sindaci.

Il popolo di sinistra  di quel tempo era bello, reattivo e creativo.

Siamo nell’anno della creatività ,almeno, nel Salone del Libro di Torino, e la SINISTRA lucana  langue e piange nonostante le buone intenzioni di Romaniello.

Forse,  tutto ciò che stiamo rappresentando è frutto di  un passato nostalgico e, per qualcuno, “noioso”.

Il solo ricordo “angustia” i tanti politici odierni, specie, quelli renziani e grillini.

Sembra ARCHEOLOGIA politica.

Si è definitivamente perso il senso della partecipazione e del dialogo.

Il nostro Quotidiano, al contrario,  è diventato una sorta di AGORA’.

La gente comune si affida, purtroppo,alla sola denuncia sulla stampa.

Il “filtro” costituzionale dei partiti è diventato puro optional.

Il disoccupato, l’umile pensionato, l’emarginato si sopporta con fatica.

Dove sono finiti i  Motorini Ape dei  nostri vecchi contadini lucani,  rigidamente chiusi ermeticamente con “ferro filato”, pronti a supportare le nostre campagne elettorali?

Dove sono finite le vecchie “sgangherate” seicento con altoparlanti Voxon?

Nessuno, in “quell’universo politico” avvertiva il bisogno di esternare in modo palese  il proprio status di “privilegiato”.

Si avvertiva il senso del pudore di fronte a tante ingiustizie sociali.

C’era molta umiltà e poca boria.

La politica quella con la P maiuscola amava le persone semplici.

Il politico di turno amava fare qualche salto nei bar e nelle “cantine”, quasi , a voler suggellare la sua umile origine.

La politica era calore e passione.

Qualche volta si eccedeva per   le forme e le performances  estemporanee degli “ubriachi di turno”.

L’ubriaco faceva parte integrante dei nostri comizi.

L’ubriaco non era violento.

L’ubriaco ripeteva continuamente i “passaggi” più significativi del  “nostro”discorso politico.

Molte volte gli argomenti coglievano nel segno.

Il più delle volte l’argomento ripetuto dall’ubriaco di turno veniva ripreso e “condito” dal comizio del politico.

Tutto  faceva parte del “copione”.

La gente si divertiva e si appassionava, si ribellava e si emozionava.

C’era pathos e passione civile.

C’era tanta disponibilità e tanta armonia.

Agli snob, ai ” finti sordomuti furbi” e ai “privilegiati”,  vissuti negli agi della borghesia lucana, si riservava uno spazio marginale.

Nessuno avvertiva il bisogno di coinvolgerli in questo genuino e onesto entusiasmo.

Gli abbracci erano sinceri.

C’era il sorriso e il “guardarsi negli occhi”.

Oggi è vietato pure guardarsi negli occhi.

Tanta è l’ignavia  dei politici,  sicuri di farcela, grazie ad una legge di stampo “bokassiano” e alle filiere fameliche.

Un popolo che giustifica strani e immotivati comportamenti è un popolo indegno.

Ancora oggi, dopo quello che è successo, assistiamo ad  una strana rincorsa alla promessa facile e a un traformismo politico  del tutto  “incompreso”.

La celerità di queste nuove formazioni politiche (presenti anche nella ultimaa e debole Giunta regionale) non potranno ,certamente,  entusiasmare il vecchio popolo democratico e laico-progressista lucano.

In questo contesto freddo, distaccato e ipocrita,  è diventato impossibile creare minime forme di socializzazione e di vera passione.

Manca  del tutto la “cultura del buon esempio”.

Sembra un paradosso che vi siano politici intelligenti e preparati,  pronti a riproporsi dopo diversi mandati e  a rimettere in campo cognati e amici vari , politici pronti ad alimentare gazzarre il giorno prima  e rientrare nei ranghi il giorno dopo.

Cari politici lucani, Vi siete mai chiesti, come vengono  recepiti da un popolo sano,  questi rimborsi ambigui, questi strani comportamenti e queste assurde performances?

Se cresce l’antipolitica, oltre, a rimborsopoli, è, soprattutto,  il frutto di questa  “sordità”  “stucchevole” , dei politici di turno.

Se, al contrario dopo il disastro odierno, è  ancora presente  un popolo bue, pronto ad   accettare  un nuovo e  vergognoso familismo amorale nella politica e nelle professioni, e, questo celerissimo trasformismo  politico di maniera, vorrà dire che ,noi uomini di buona volontà,  abbiamo, ancora, una volta,  sbagliato tutto.

mauro.armando.tita@alice.it

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