Le nostre denunce inascoltate da sempre riprese oggi da Mattia e Savino

Da mesi come la Cassandra di Omero denuncio le macate royalties sulla risorsa Acqua.

Finalmente  il “plurincaricato” consigliere Mattia ha denunciato il debito ILVA.

Non più di qualche settimana fa abbiamo attenzionato l’opinione pubblica lucana  sulle mancate royalties delle acque minerali (trecentomila euro contro i nove milioni ipotizzati  dall’esperto Gerardi) e sugli enormi debiti accumulati dall’ILVA e dalla Regione Puglia, in primis, il Salento.

Oblìo assoluto.

Oggi ritorniamo sul problema e grazie al servizio puntuale della Labanca ci ritroviamo con  i vizietti di sempre.

Incarichi e consulenze con particolare riferimento ai mass media.

Un “pallino” che il buon De Filippo ha esercitato con una certa singolarità.

Una singolarità da “guru” berlusconiano potenziando i minuziosi progetti editoriali.

Si  è così  addivenuti ad un’area di consenso molto ampia.

Un’area di consenso  che turba l’opinione democratica lucana (sempre più minoritaria).

Ho coniato il termine RE SOLE per De Filippo partendo dalle timide e scontate provocazioni di Paolo Pesacane, (Assessore provinciale SEL ,oggi, ridotto al silenzio)con un mancato orgoglio della sinistra lucana  “suddita” dello stesso  Re Sole.

Una sudditanza caratterizzata  solo da qualche sporadica presenza nelle Giunte Provinciali di Potenza e Matera e nel solo seggio al Consiglio regionale con Rifondazione, Comunisti Italiani e SEL.

Mentre Formigoni insiste per la Maratea calabrese  dobbiamo ricordare ai tanti smemorati lucani che qualche mese fa  il duo Monti/Passera ,coadiuvato dal Presidente ENI  Scaroni, aveva affossato la moratoria sulle estrazioni petrolifere voluta dal Consiglio Regionale.

Moratoria che, nonostante il duo Bubbico – Speranza ci riporta alla Basilicata dorotea post bellica.

Quante volte abbiamo sostenuto che se il futuro, complice Benedetto Croce,  è lo specchio del presente non possiamo che rattristarci.

Un futuro che per i giovani lucani è ancora più triste e più nero.

Non ho mai amato il giornale/sfogatoio.

Lo sfogatoio il più delle volte produce qualunquismo e demagogia.

Piace , al contrario,  il giornalismo d’inchiesta e di proposta (alla Labanca /Amato) di schiena dritta, di dignità  e di orgoglio.

Crediamo nel dibattito e nelle tribune. Ci cibiamo  da sempre di “passione civica” prima di Monti e di Ingroia.

Per queste ragioni non possiamo che dare solidarietà alle persone vive che animano le nostre  pagine e  riempiono di denunce e  di proposte le nostre  tribune.

Un grazie di cuore va agli sparuti opinionisti lucani, dotati di  veri attributi,  per aver trasmesso  a  noi, uomini di buona volontà, una sana reattività.

Da oltre un decennio proponiamo idee e progetti (condivisi da seri addetti ai lavori), concreti e  palpabili.

Tante nostre “idee/forza” e tanti nostri progetti  sono stati sperimentati  sul campo positivamente, dall’imprenditoria giovanile al marketing turistico , dall’artigianato  alla PMI.

Tutte proposte ignorate dal duo Savino/Gambardella.

Tante altre e numerose  progettualità, purtroppo, hanno scontato la cosiddetta  mancata capacità di impatto con il territorio.

Nelle nostre piccole e aride aree marginali, lo dobbiamo ricordare a Nicola Savino, il fenomeno diffuso dell’invecchiamento ha creato quello che il Rapporto Iref/ACLI  definisce “lavoro scomposto”.

Il 70% degli obiettivi  progettuali, soprattutto, quelli occupazionali, posti in essere dalle Istituzioni regionali evaporano dopo qualche settimana.

L’analisi dei fabbisogni propedeutica al raggiungimento dello scopo  prefisso e tanto approfondita nelle premesse progettuali viene dimenticata solo  con lo start up e l’inizio attività.

L’impatto con la realtà territoriale diventa marginale o diventa puro optional.

A questo punto i risultati sono sempre  scarni, deludenti e modesti.

Le Agenzie formative provinciali, Basilicata Innovazione e l’Area Science Park di Trieste sono poco incisivi a tal riguardo.

A questa triste realtà socio-economica  fa da contraltare una paurosa approssimazione dei tanti burosauri regionali e  di una  nuova classe dirigente  di giovani imprenditori lucani ,mai protagonisti e mai decisivi, da oltre dieci anni.

Lo confermano le Kermesse “confindustriali” giovanili di  Capri.

Tutto ciò non ci soddisfa.

Siamo ancora alla ricerca, dopo quarant’anni di ambiguo sviluppo industriale e con le tante nubi che si addensano sulla FIAT/SATA  di un vero e peculiare modello lucano, nonostante Putnam e i suoi “ammiratori”.

L’imprenditoria “garantita” in Basilicata è una brutta bestia, ed è sempre dietro l’angolo, nonostante i Patti di Sistema e i Memorandum.

Noi lucani con i nostri esperti formativi siamo molto bravi a fare analisi lucidissime, a scoprire tante storture  ed eccessi quotidiani, ma,  siamo tanto carenti in “fatti produttivi” non lo dice solo Nicola Savino (che ha governato per oltre dieci anni la macchina formativa, non solo quella parassitaria della 285, ma, anche, il ginepraio di natura cattolica Enaip e Ciofs con qualche proficua clientela personale).

Importiamo da sempre modus operandi e vivendi che non ci appartengono.

L’esempio più eclatante in questo senso era  dato dai Poli di sviluppo degli anni settanta (compreso il devastante polo chimico  con cassintegrati a vita e con il  patogeno inquinamento del bancarottiere cav. Raffaele Ursini, amico di Colombo), oggi le stesse storture (lo denunciamo da secoli) le rileviamo nei   recenti Distretti industriali,  caratterizzati:

– da assenza totale di indotto lucano;

– assenza totale di rapporti con il Territorio;

– assenza totale di effetti moltiplicatori;

– sudditanza psicologica e materiale verso la grande industria;

– mancate joint ventures.

La mancanza di adeguate infrastrutture e un valido contesto di riferimento hanno completato il quadro desolante e hanno fornito gli alibi  nel recente passato agli industriali del Nord, lautamente finanziati dalle legge 219 per scappare con il maltolto.

Se la Confindustria  lucana e la Regione Basilicata   fossero  intervenute  adeguatamente e avessero  avuto un pò di  coraggio e di sano orgoglio “manageriale”  condito di analisi costi/benefici non ci sarebbe stato questo disastro e non avremmo avuto tante aree, ignobilmente, dismesse.

Fatta questa debita e angosciante riflessione   ci accorgiamo  sempre più che l’industrializzazione in Basilicata, il TEXAS petrolifero e la risorsa  l’Acqua ,mai seriamente regolamentati e disciplinati dal Consilglio Regionale a favore del bene pubblico lucano,  non si sono mai tramutati in qualcosa di veramente NOSTRO.

Con questi presupposti è difficile sperare in uno sviluppo autopropulsivo.

Con l’ingordigia dei boiardi, la Parentopoli del sottogoverno regionale, frutto di politiche clientelari cinquantennali e mai dome,  è difficile immaginare un ruolo da protagonista della nostra Regione.

E’ difficile immaginare un nuovo rapporto virtuoso della nostra Università  nello  scenario dello sviluppo industriale lucano.

E difficile in questo deserto imprenditoriale e formativo/produttivo ipotizzare uno sviluppo autopropulsivo.

E’ difficile ,oggi più di prima, ipotizzare  che gli attuali modelli formativi e progettuali, caratterizzati  da scarsa capacità di impatto con le realtà marginali, trovino  la forte motivazione nelle problematiche, legate all’occupazione.

E’ difficile ipotizzare un  Manifesto di  rilancio del Lavoro giovanile.

Chissà quando sarà firmato in Basilicata un Accordo  serio tra Regione, Università e Managers lucani di provata professionalità per dare luogo a ristrutturazioni industriali e a serie dismissioni (a favore dei giovani).

Nel passato cimentandoci con progetti caratterizzati dal massimo coinvolgimento delle strutture produttive e ,soprattutto, dalla conferma di una attenzione particolare rivolta dalla programmazione regionale alle imprese minori, si sono potuti approntare efficaci strumenti di sostegno rivolti alle PMI lucane  con risultati davvero sconvolgenti in termini di occupazione giovanile (15-29 anni).

Oltre tremila assunti con la legge 863/84 meglio conosciuta come normativa di Formazione e Lavoro.

Oggi che  è del tutto scemata l’attenzione della Regione verso l’impresa minore non vi sono più strumenti validati e riconosciuti sul campo  formativo che producono la vera occupazione.

Siamo nel pianeta dell’occupabilità (con le disarmanti ripercussioni) e i risultati sono desolanti, sconfortanti e scoraggianti.

Scoraggianti sia in termini di occupazione giovanile, sia ,soprattutto, sul fronte delle politiche al femminile (dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto picchi altissimi) nonostante il colorito  vespaio di polemiche nostrane e le esternazioni di  quei  lucani (Savino e Gambardella) che hanno contato  e contano tanto nel “malato”  sistema formativo lucano.

mauro.armando.tita@alice.it

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