Una fiaba che continua…

In un momento buio e confuso, fragile e disastroso mi preme ricordare e raccontare una bella pagina di umanità, comunione, generosità.

Una pagina di un anno fa, preludio per gli incerti tempi che viviamo.

Una pagina con tante piccole dosi di tenerezza che mi hanno commosso un anno fa e che mi commuovono, ancora oggi, pensando agli “eroi ” medici, infermieri e oss, che con tanto amore e tanta abnegazione assistono i malati di coronavirus.

Se ieri poteva sembrare un miracolo quello vissuto lo scorso anno alla Struttura geriatrica “G4” del Don Uva, oggi i miracoli si ripetono in tutte le strutture ospedaliere italiane.

Abbiamo il personale medico infermieristico e assistenziale, primi nel mondo.

Mutuando lo stupendo film “Miracolo a Milano” del grande De Sica tratto dal libro dell’immenso Cesare Zavattini mi ero reso conto l’anno scorso di aver vissuto tre mesi di grande umanità, di grande disponibilità, una vera fiaba.

Il “soggiorno obbligato” di mia suocera Vitina allettata e piagata in ogni parte del corpo, lo ripeto, ancora oggi, è stato per me e per mia moglie vivere una bella fiaba di umanità e di generosità, pur, nella tragicità della fine e della morte, avvenuta il 17 febbraio 2019.

L’approccio umano e la stupenda generosità dimostrata dal personale medico, infermieristico fino ai meravigliosi/e OSS si erano caratterizzati da un rapporto fraterno, amicale e comunicativo quotidiano.

Al “G4” del Don Uva io ho avuto la chiara sensazione di trovarmi in una struttura sanitaria del vero SSN, quello agognato dalla grande Tina Anselmi, dove il buon giorno vuol dire buon giorno e non altro, il servizio sanitario e sociale è veramente un servizio al e per il Bene comune.

La povera Tina, costretta dai suggelli lucani a rivoltarsi più volte nella tomba ora sorride compiaciuta sia per il G4 sia per le performance dei medici italiani del “coronavirus”.

Io che ho avuto la fortuna di conoscere in Commissione di seduta di Laurea nel lontano 1 febbraio 1978 l’incommensurabile Prof. Basaglia ho fatto sempre tesoro, come sociologo ULSSS, del suo stupendo motto:
“Mi interessa più il malato della Malattia”.

Oggi possiamo confermare con fierezza che nel G4 del Don Uva e nei Reparti ospedalieri del coronavirus tale slogan è stato preso alla lettera.

Sono queste le ragioni che mi hanno spinto, caro direttore, a raccontare questa fiaba.

Recuperare lo stupendo mix (umiltà, competenze, comunione e generosità) sia del G4 che delle strutture ospedaliere italiane è stata per me la giusta consacrazione del modello basagliano.

Aprire l’istituzione non è aprire una “porta”, ma, la nostra testa.

Questo coronavirus a quarantena finita aprirà sicuramente la nostra testa e faciliterà le relazioni umane messe a dura prova in questo lungo autosoggiorno restrittivo, ci farà ricordare la grande Tina Anselmi nel discorso di presentazione della Riforma Sanitaria con i suoi quattro principi cardine:
“Globalità delle prestazioni, universalità dei destinatari, eguaglianza del trattamento , rispetto della dignità della libertà delle persone, frutto dell’iniziativa del movimento operaio, rappresentato sia dalle organizzazioni sindacali che dai partiti della sinistra, partito comunista e partito socialista”.

Solo per onorare la memoria di una grande Ministra della Sanità (alla quale dobbiamo tutto) e, soprattutto, per mera onestà intellettuale visto il cinismo e l’assenza totale di un giusto riconoscimento dei politici odierni e della maggioranza dei mass media.

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