Pubblicato sul Quotidiano del 26/11/2013 in grande evidenza (TRIBUNA)
Mi ha molto impressionato il suicidio del direttore del Due Torri.
Una persona discreta e sensibile che ho conosciuto nei momenti belli degli anni novanta nella Commissione “Cine – Teatri” della Regione Basilicata e del relativo Progetto legato alle ristrutturazioni e all’ammodernamento dei nostri contenitori culturali.
Altri tempi, altro rispetto, altri investimenti calibrati per tutto l’ambito regionale.Tutti i bellissimi Cine-Teatri lucani hanno usufruito del contributo, indistintamente, senza partigianerie e clientelismi.
Grazie al “nostro” deliberato e all’escamotage del decreto Veltroni recuperammo oltre tre miliardi di vecchie lire obliati in soffitta dall’ appassita ordinanza “80” Commissariale di Zamberletti.
Ma questa è un’altra storia, un’altro tipo di politica “valoriale” fondata su progetti e su seri consumi culturali.
Oggi, con tanto cinismo e con tanta indifferenza, ci intristiamo per il suicidio di Vito, pur, condividendo la bella riflessione di Mariano Paturzo.
Nella stessa pagina abbiamo apprezzato la lettera pastorale di Mons. Superbo ai fedeli della Diocesi.
Con rispetto e con una certa ammirazione abbiamo letto nei giorni scorsi la nota della CEB.
Dopo, qualche anno, di letargo e di ambiguità, conditi da sensi di colpa, incompresi e sibillini, come quelli del delegato regionale di azione cattolica, pubblicato sul Quotidiano nelle scorse settimane possiamo ritenerci parzialmente soddisfatti.
Chi mi conosce sa quanto io ami i cittadini attivi e le loro libertà, non, certo, alla Berlusconi maniera, ma, in un vero e serio processo liberale dove predomini la competenza e il merito e non il parassitismo di natura sindacale e il familismo amorale doroteo lucano.
Per queste ragioni, pur, in presenza dell’ingiustificato ritardo apprezzo l’autonomia e la responsabilità della CEB.
Non ho mai amato i Comitati Gedda e le incursioni di uomini della Chiesa nella Partitocrazia.
Amiamo da sempre con sincera passione gli uomini e le donne di Libera da don Ciotti a don Marcello Cozzi impegnati contro il malaffare e i comportamenti mafiosi.
Amiamo i tanti preti di frontiera che amano i territori soggetti a violenze e attentati di qualsiasi genere.
Quei preti di frontiera che accendono riflessioni e non riflettori.
Quelli che pagano di persona e vivono “segregati” per loro scelta di vita.
Quei giovani e quegli uomini di Chiesa che hanno sfidato le Cosche e quelli che gestiscono con tanto coraggio i Beni mafiosi confiscati.
Quelli che impavidamente chiedono il RISCATTO delle popolazioni meridionali e lucane.
Per queste serie ragioni siamo solidali con quei seri democratici che siederanno in Consiglio regionale e che sono portatori di un nuovo agire politico.
Un nuovo agire politico che per dirla alla Simonetti bandisca per sempre il mordi e fuggi, le delocalizzazioni, gli affarismi, i desueti nepotismi e le umilianti prebende, chiamate royalties, e, soprattutto, i tanti avvoltoi che si sono “intrecciati” e “inciuciati” nei vari Consigli di Amministrazione.
Consigli di Amministrazione finalizzati e specializzati negli sprechi, nelle bancarotte, nei debiti e nei fallimenti.
Debiti e fallimenti perpetuati con una disinvoltura da SCHIANTO e che, purtroppo, per certi versi giustificano le accuse dei grillini e le tante gestioni Commissariali.
Credo che, a questo punto, tanti boiardi regionali dovranno fornire una spiegazione precisa e puntuale sull’argomento.
Hanno rivestito compiti, incarichi e funzioni di tipo manageriale per diversi anni.
Conoscono i tanti iniqui e ingiustificati fallimenti.
Iniqui e ingiustificati fallimenti che si sono dissolti nel NULLA.
Sono queste alcune delle vere cause che hanno prodotto l’esodo di tanti giovani e preparati professionisti lucani.
Il biancospino, pianta forte, come, definiva il D’Agostino, i giovani lucani, dotati di talento e dignità, poteva attecchire anche nel nostro arido terreno degli Enti sub regionali, se ci fosse stata un’ oculata e una saggia amministrazione.
Rimuovere queste situazioni, alienare beni e personale con il DENARO pubblico, con il denaro di tutti è impresa facile, facilissima in un contesto regionale dove non vi è mai stata massa critica, pensante e giudicante.
Sono queste le vere ragioni del mancato decollo della Regione Basilicata.
Ragioni “condensate” in sprechi, debiti, fallimenti e incapacità gestionali.
Le colpe sono troppo chiare: conosciamo i colpevoli di questo degrado.
Colpevoli impuniti con tante pensioni d’oro, frutto di assegni vitalizi e di tanti incarichi dirigenziali, filtrati dalla partitocrazia.
Pur tuttavia non vogliamo demoralizzarci.
Oggi, più di prima, nutriamo, dopo la timida iniziativa della Legge di stabilità tesa a mandare a casa i boiardi con bilanci in rosso (dopo i casi Cimoli, i capitani coraggiosi e tanti derivati vari locali), la speranza che qualcosa cambi per davvero.
Lo ribadiamo, fino alla noia, siamo in attesa da un decennio di un nuovo “agire politico”.
Un “nuovo agire politico” che deve partire immediatamente con il varo della nuova Giunta Regionale.
Non è pensabile che da oltre un ventennio “impattiamo” con i “soliti noti” di sempre.
Avvertiamo, però, la stessa esigenza e la stessa voglia di cambiamento del Presidente Pittella.
Una voglia di vero rinnovamento e una grande voglia di guardarsi in faccia e di discutere seriamente con il territorio.
Vogliamo riconquistare dignità e diritti.
Abbiamo apprezzato nel recente passato i commmenti politici e sindacali alla sentenza del giudice Minio sui licenziati Fiat.
La frase scandita con convinzione dai tanti operai SATA era stata:”Abbiamo recuperato finalmente diritti e dignità”.
Diritti e dignità calpestati da secoli in Basilicata, dallo stupro del territorio al ruolo amorfo esercitato da donne e giovani lucani.
Per queste ragioni dobbiamo uscire dal torpore di sempre, rattrappiti, come siamo, nel cuore e nella mente lo sosteneva Davide Rondoni sull’Avvenire qualche tempo fa.
Lo sosteniamo con rabbia anche Noi.
Mauro.Armando.Tita@alice.it