In questi ultimi giorni assalito dallo sconforto avrei voluto dare un taglio netto ai miei scritti e alle mie collaborazioni, mi sono sentito inutile e ho ripreso a leggere il bel libro di Giuseppe De Rita “Dappertutto e Rasoterra “.
Un libro che ci appartiene.
Un libro che ha caratterizzato la nostra stupenda esistenza di settantenni, mai domi, mai “sudditi” e mai “numeri”.
Ci siamo sempre occupati di vicende nobili, caro Direttore.
Fatta questa premessa, pur condividendo lo stato demoralizzante di questi giorni consentitemi di andare nella direzione dello stupendo racconto di Giuseppe De Rita sui cinquant’anni del Censis.
Avevo partecipato presso la libreria Mondadori alla presentazione del libro.
Una full immersion, anni settanta, tra vecchie e nuove generazioni sindacali, rappresentanti del Pianeta Giovani e tanta bella gente.
Ho rivissuto in quei momenti le mie prime ricerche sul campo a metà degli anni settanta con la brava antropologa, Annabella Rossi, allieva prediletta di Ernesto De Martino.
Non avevo mai dimenticato quella bella avventura vissuta in agro di San Fele, Pierno, per la precisione, con le sue ritualità magiche, con la sua bella Chiesa sotto il “roccioso” Monte omonimo e, soprattutto, non avevo mai dimenticato l’impatto stupendo con la bella gente del luogo cultori della bella ospitalità sanfelese.(io ho frequentato, tra l’altro, la Scuola Media Statale a San Fele traendone benefici, umanità e umiltà racchiusi nel buono ,indulgente, comprensivo e solidale comportamento del grande parroco Don Lelio).
Una ricerca racchiusa nel bel libro le “Feste dei poveri” oggi introvabile (voglio sperare che qualche cultore sanfelese lo abbia conservato).
E’ stata la mia prima ricerca sul campo.
Noi sociologi di strada e di periferia siamo cresciuti tra questa tipologia di ricerca e i Rapporti Censis.
Bene avevano fatto i giornali locali e la stessa Gazzetta a dedicare una pagina all’evento, grazie all’iniziativa della UIL Basilicata e, in particolare, allo stupendo supporto del CSSEL ,( brillante pensatoio, come ebbe a definirlo il prof Tommaso Russo nella recensione al mio libro pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno) diretto dall’amico fraterno e collega Giancarlo Vainieri, altro settantenne, mai domo.
Se me lo consenti, caro direttore , il mio approfondimento al libro di De Rita riguarda un particolare capitolo quello dedicato ai “soggetti semplici” e alla “tenacia” di una generazione post-bellica.
Da oltre un trentennio per mutuare il libro di De Rita, da “soggetti semplici” combattiamo con “tenacia” per il riconoscimento sostanziale dei vari modelli lucani di micro impresa:
“Dall’ Artigianato , all’Enogastronomia, dalle Imprese innovative, alle Aziende agricole operanti nel biologico e nel biodinamico”.
Purtroppo, caro direttore, lo dico con tanto rammarico e tanto sconforto, una politica politicante bieca, cinica, miope, approssimativa ha azzerato , trent’anni fa , con immensa superficialità i vari “centri e istituti” che afferivano al socio-economico e alla ricerca (IBRES) e allo sviluppo dell’artigianato (ARSA).
Istituti e Centri presenti e consolidati sul territorio lucano e sui mercati nazionali ed esteri che avrebbero potuto attenuare anche i rischi terrificanti che si presenteranno dopo il coronavirus .
Un azzeramento brutale che ha smentito spudoratamente Giuseppe De Rita e la sua “autocoscienza collettiva”.
Purtroppo, caro direttore, dopo il coronavirus, come sempre, ci sveglieremo nel deserto senza alcun supporto tecnico-specialistico , senza alcun orientamento di mercato, senza alcuna bussola, senza alcuna ricerca sistematica, senza il supporto indispensabile di credibili Report socio-economici .
Sparita da trent’anni la bella programmazione . Siamo nell’indistinto. Siamo nel “pressappochismo” strutturale. Non abbiamo idee. Non abbiamo progetti. Non abbiamo futuro.
Continueremo a navigare a vista . Forse si continuerà ad “esternalizzare” offendendo le professionalità “endogene” con tutte le gravi conseguenze che si sono già manifestate tragicamente in questi giorni di caos “calmo”, spero che nelle prossime settimane l’emergenza venga governata con una comunicazione seria e con risposte certe, senza le disastrose omissioni dei giorni scorsi.
Mi fermo qui, non vado oltre.
Armando TITA