La mediocrazia ormai impera dappertutto.
Che confusionario sta diventando questo PD, con tanti parlamentari di paglia che non sanno affrontare di petto la scelta di Prodi.
Il buon Bersani con tanta ambiguità credeva di aver creato una rivoluzione copernicana aprendo a tanti adolescenti della politica a tanti dilettanti furbi allo sbaraglio.
Voleva ottenere i buoni risultati del M5S con le stesse armi di Grillo. Non c’è riuscito. Ha fallito e deve prenderne atto con i suoi giovani collaboratori.L’intervento di Salvatore Santoro sul flop del trentenne Speranza e il simpatico e ironico spunto di Pino Suriano su Rodotà (che condivido al 100%) sono un’ennesima dimostrazione della distanza siderale tra certa Sinistra e Popolo lavoratore.
Ha ragione Pino Suriano, siamo noi il popolo del web.
Siamo noi i fautori di tante rivoluzioni snob.Non capiamo che la crisi economica in Basilicata ha assunto toni di ultima ratio.
Se è del tutto assente la voce del SUD nel dibattito politico.
Se il dibattito sulla questione meridionale si fa sempre più interessante sul Quotidiano e se tante industrie lucane chiudono per fallimento una ragione ci deve pur essere.
Ogni fallimento ha avuto sempre una COMPLICITA’ locale.
Una complicità che si è espressa in sfacciati privilegi verso gli industriali del nord sia da parte del mondo finanziario e sia da parte delle Banche locali, ma, soprattutto, nell’assurda sudditanza politica della classe dirigente degli anni settanta, ottanta e novanta.
Lo sappiamo da sempre e lo dobbiamo ricordare alla Green Classe dirigente lucana che eravamo e siamo MERCATO DI RISERVA del Nord.
La Grande Fiat Sata paga le sue tasse con tanti zero al Piemonte e non certo alla Basilicata.
Non si vuole certo semplificare, ma, aver prodotto per anni lo scempio del territorio e non aver puntato su settori strategici quali l’artigianato, le PMI, il turismo e l’ agro-alimentare è stato un vero suicidio delle classi dirigenti lucane della prima Repubblica.
La disastrosa situazione dei Poli di Sviluppo industriali del Sud ripropongono debiti , sprechi e gestioni commissariali come il Consorzio ASI e i Distretti mai seriamente decollati.
L’ultimo esempio sul quale è calato da anni un silenzio assordante è quello del fallimento del Distretto della corsetteria di Lavello.
Qualche anno fa, l’ex Presidente della Confindustria lucana Attilio Martorano in un’intervista a Rai 3 Basilicata, ribadiva la necessità di non inveire su probabili “imputati” ,ma, di fare leva su una serie di fattori che, nonostante, la gravissima crisi industriale lucana potevano consentirci di poter attivare il famoso “circolo virtuoso”.
I tre fattori erano:
-La competitività;
-La ricerca;
-L’ammodernamento del nostro tessuto industriale.
Purtroppo, le tante nubi che si addensano sul futuro della Fiat Sata, e, questa incresciosa situazione debitoria dell’ASI di Potenza, ci fanno riflettere seriamente.
Non abbiamo alcuna intenzione di infierire ulteriormente , non vogliamo sparare nel mucchio, ma, sicuramente questo è un segnale bruttissimo.
E gli imputati ci sono e sono tanti ,nonostante, le accomodanti affermazioni dell’ex “pompiere” Martorano.
E’ da qualche anno che ,se si legge su un giornale economico o su una rivista specializzata il grafico della produzione industriale meridionale e lucana, in particolare, si comprende che il nostro livello è fermo al 1998.
Livello piatto, livello FLAT.
Sono lontani i tempi di una regione che “investiva” su alcuni seri imprenditori del Centro Nord.
Sono lontani i tempi dell’approfondimento e degli studi sui veri fattori di sviluppo lucano.
L’aver creato queste impopolari “oasi di privilegio”, senza alcuna condivisione del territorio e delle maestranze locali, ci ha impedito di creare il vero sviluppo autopropulsivo.
Gli esempi al riguardo si sprecano.
Eppure con l’avvento della legge 64/86, molti imprenditori del Centro Nord avevano accarezzato l’idea di investire in Basilicata.
Eravamo coscienti che, finalizzare progetti, legati all’occupazione era la giusta risposta ai mali atavici della disoccupazione giovanile lucana.
Il circolo virtuoso, condiviso e trasparente (ripreso dai nostri Piani di Sviluppo e di F. P. collegati) dei nostri Progetti poteva diventare la chiave di volta dell’autopropulsione.
Una Basilicata “interna” che aveva riposto nelle sue risorse endogene, in primis, nelle “vocazioni della terracotta”, un indubbio volano dello sviluppo e della “speranza”.
Un esempio per tutti era costituito dai progetti di tipo agroindustiale.
La competitività che in Basilicata non è mai stata presa in seria considerazione non può far leva su l’attuale approccio culturale, ormai desueto.
E’ una subcultura da rigettare completamente e ora più di prima bisognerebbe riprendere la vecchia ricerca del CENSIS, che lanciava per la Basilicata Moderna lo slogan : “Dal POSTO al PERCORSO”.
Ci eravamo illusi che la nuova stagione industriale della FIAT SATA e del Distretto del Mobile Imbottito potesse sopperire ai mali atavici della “gens imprtenditoriale” lucana.
Ci eravamo illusi che avremmo innescato da quel momento i tre pilastri della qualità dell’ambiente “macroeconomico”:
L’efficienza della P. A.;
La macchina fiscale e l’accesso alla finanza “regolata”;
L’adeguatezza dell’accesso alle nuove tecnologie e, soprattutto alle infrastrutture.
Questi seri fattori “martoriani” che non sono stati mai seriamente attivati ci pongono in una situazione di estrema inadeguatezza che può favorire per un decennio un ulteriore grande esodo giovanile.
Ci attende nei prossimi anni una fatica di natura “sisifiana” senza vere e concrete possibilità.
Dovremo riprendere, infine, il vero e serio cammino vocato alla competitività.
Una competitività che parta finalmente dalle nostre risorse endogene.
Solo, in questo modo, potremo ripensare ai “fattori di sviluppo” e illuderci che siamo integrati in un mercato che si rispetti, stanchi, come siamo, di aver favorito per decenni con la prima e la seconda repubblica, un presunto sviluppo, peraltro, senza aver mai creato un briciolo di vera AUTONOMIA imprenditoriale e manageriale .
mauro.armando.tita@alice.it