(Pubblicato sul Quotidiano e vari magazine locali)
Prosegue con molta fatica il dibattito sulla Città di Potenza.
Il Sindaco Santarsiero promuove ReCS (Rete città strateigiche) con Rimini, Torino, Venezia e tante altre.
Una sorta di interventi di sviluppo sostenibile, di infrastrutture, welfare e imprese che dovrebbero rafforzare e tutelare le aree urbane.
Ma, noi uomini e donne delle aree marginali lucane non siamo più interessati a progetti fumosi di Città metropolitane e città Regione.Ci sta molto a cuore l’identità e l’orgoglio dei nostri Comuni…dei nostri Cento Campanili.
Cento campanili che hanno maturato la consapevolezza di unirsi e di dialogore seriamente senza egoismi di sorta.
Nel frattempo si muovono anche, e, soprattutto, i Comuni del Marmo e delle aree interne dell’Alta Montagna del Vulture.
Chiedono di essere coinvolti in un progetto di sviluppo serio e duraturo.
Sono Comuni interni stanchi di subire umiliazioni e disattenzioni.
Sono Comuni che sono stati oggetto ultimamente (vedi Quotidiano) solo di falsi scoop giornalistici.
Sono Comuni dove prosperano il negativo quotidiano e la rassegnazione.
Da decenni questi Comuni sono fuori da una minimale programmazione regionale.
Gli ultimi atti risiedono nella vecchia legislazione post sisma.
Non abbiamo mai dimenticato lo schema idrico dell’Acquedotto del Sele e l’arteria Ofantina Vitalba collegata alle aree industriali 219.
Da quel momento il buio totale.
Fuori gli schemi idrici minori, fuori la zootecnia, fuori i processi di sviluppo turistici, fuori l’agrindustria, fuori le campagne di scavi archeologici, fuori gli ultimi presidi agrituristici, fuori tutto.
Le nostre aree marginali si sono rinchiuse in un guscio assistenziale con qualche piccola oasi derivante dal Bacino Fiat Sata e indotto.
Oggi che la crisi industriale ha mietuto nelle nostre aree interne centinaia di vittime sia nell’edilizia e sia nello stesso indotto Fiat non è più possibile emarginare i piccoli Comuni montani.
Piccoli Comuni che chiedono di essere coinvolti in veri programmi concreti.
Chiedono di essere inseriti nel sessennio europeo 2014 2020.
Sono stanchi di assistere a interventi sporadici e fuori controllo.
Pretendono di essere ascoltati e di essere protagonisti di scenari di interventi strategici.
Scenari di intervento che ritrovino le vecchie e mai logore programmazioni di settore.
Programmazioni che avevano come scopo un’area sinergica e omogenea.
In questo modo sono nati i Poli zootecnici e i piccoli agglomerati turistici.
In questo modo sono nati i Piani delle acque culminati in veri e propri acquedotti rurali.
Acquedotti che aveva la portata di 4litri sec.
Era un rifiorire di iniziative mai dimenticate dalla programmazione annuale regionale.
Una programmazione mutuata sulle peculiarietà delle zone interne.
Tante stalle razionali e tanti presidi legali di macellazione sono nati in quel periodo.
Oggi lo sconquasso Fiat e la ricostruzione post sisma ha abortito tale sviluppo socio-economico.
Un aborto che è durato oltre trent’anni.
Un aborto che ha prodotto chiusure e assistenzialismi oltremisura.
Per trent’anni siamo stati costretti a “subire” interventi calati dall’alto.
L’autodeterminazione degli anni settanta e il rigore di tante politiche rivenienti dai PS 33 sono del tutto evaporate.
Gli amministratori locali non hanno mai avuto il bandolo della matassa programmatoria locale.
Il coinvolgimento dei Sindaci è stato smorzato e non ha più creato il giusto effetto moltiplicatore zonale.
Moltiplicatore zonale che ha avuto la nefanda impostazione delle aree industriali.
Aree industriali nate da un iniquo concetto campanilistico.
Tutti dovevano avere nel proprio “pollaio” l’industrietta e il governo delle maestranze.
Così è avvenuto per un decennio.
I sindaci e i capi bastone hanno imperversato con il loro clientelismo orientando assunzioni e prodotti.
Dopo qualche anno di mera gestione consociativa…l’industria del mordi e fuggi ha prodotto il suo malefico risultato.
Risultato sotto gli occhi di tutti…deserto industriale e cimitero di fabbriche chiuse.
Oggi i Sindaci e le popolazioni delle aree interne hanno preso consapevolezza e dicono basta a queste brutture e a questi malsani diKtat.
Oggi con una certosina pazienza si riprende il cammino della programmazione socio-economica.
Programmazione che potrà da sola invertire l’attuale tendenza e dare identità a popolazioni ingiustamente sacrificate da decenni di malapolitica e da tanta dose di approssimazione.
mauro.armando.tita@alice.it