L’intervista a Pedicini e il ruolo della Formazione professionale regionale

Pubblicato su PRIMO PIANO del Quotidiano di Domenica 27 ottobre e taggato su “Basilicata” 24

La bella e sobria intervista al Portavoce del M5S Pedicini mi ha un po’ rincuorato. Non mi sarei mai aspettato tanta moderazione.

Lo slogan:  “I cittadini nel Palazzo” è stato il nostro motto negli ultimi decenni.

Dopo lo sfaldamento di tante  belle individualità e di  tutti i Movimenti Liberi questo slogan  assume un’importanza particolare.

Avevamo sperato, caro Pedicini,  in un  ricambio generazionale equo, corretto e meritocratico.

Abbiamo avuto assalti alla diligenza riservati ai soli dorotei bianco-rossi con qualche “venatura” berlusconiana “autoctona”.

Bandiamo da decenni il nepotismo tribale e doroteo. Bandiamo da sempre l’affarismo camuffato dai diversi effetti cromatici.

Prima bianco doroteo-basista, poi rosa-socialista e, oggi, rosso-bolscevico sbiadito.

Basterebbe riprendere gli atti della Commisssione Scalfaro, caro Pedicini per capire quali erano e quali sono i doveri della società civile e cosiddetta “politica” lucana.

Il pragmatismo di Pedicini cozza con un esercito di portaborse che vive nelle comode segreterie dei politici di turno e si ciba di politica/politicante.

Tanti ex amministratori onesti sono  del tutto emarginati e umiliati. Tanti ex amministratori onesti  subiscono  l’ostracismo e i diktat partitocratici  e sono “collocati” ai margini.

Di tanti ex amministratori onesti che  hanno vissuto pagine di grande impegno e di grande trasparenza (purtroppo, solo con le Amministrazioni gemellate del Nord), non vi è più traccia da secoli  nel panorama politico lucano.

Spero che tanti giovani volenterosi lucani alla M5S  riflettessero sui tanti politici e  sui tanti amministratori lucani che hanno operato per decenni per l’interesse generale,  senza mai chiedere prebende  personali e familiari di qualsiasi natura.

Hanno lavorato per decenni e sono rientrati nella società civile come Pietro l’Aretino.

Avrei tanta voglia di parlare e interagire con  il capolista del M5s Pedicini, per il tramite del Quotidiano.

La denuncia sugli sprechi della Formazione professionale e la denuncia delle prebende che vanno oltre i centocinquanta milioni euro a favore dei soliti noti (non dimentichiamo lo scandalo degli Enti di F.P. iscritti all’Albo regionale che supera sia  la  Lombardia  che  l’Emilia Romagna, sic!!!) è precisa e puntuale.

Partire dalla Formazione  per incidere nel “profondo”  della cosiddetta società civile lucana è cosa buona e giusta caro Pedicini.

Avrei voluto, caro Portavoce farti conoscere  la vecchia  struttura formativa non quella vocata allo stipendificio ma a  un’altra realtà di formazione  professionale, che, oggi, non  opera più.

Una realtà formata nei  decenni scorsi da  tanti valorosi funzionari che  si battevano, inutilmente, senza gratificazioni di sorta, a portare avanti seri progetti  finalizzati all’occupazione.

Progetti come quello sulle micro imprese artigiane degli anni novanta che sono stati finanziati interamente da FSE (Fondo Sociale Europeo) e Ministero del Lavoro con una quota minimale del 3%,  a carico della Regione Basilicata, caro Pedicini, non sono stati più riproposti …per dare spazio alla fumosa e ambigua occupabilità.

Progetti che hanno avuto ricadute occupazionali di oltre tremila addetti nel sessennio 1989/1995 volutamente accantonati e, ormai, del tutto OBLIATI.

Non sono bastate pubblicazioni scientifiche, Progress report sull’economia, oscar dell’artigianato…alla regione basilicata.

Quei funzionari, caro Pedicini, non sono mai stati riconosciuti “apicalmente e professionalmente”  perchè amavano libertà e  dignità.

Quante volte ci siamo chiesti  se queste nuove generazioni fossero state  in grado di cancellare il virus malefico del clientelismo e dell’appiattimento sociale prodotto   dal sessantotto.

Un virus che ha investito  anche la  Basilicata  e che ha garantito con VERTENZE sindacali di dubbia ambiguità la cosiddetta borghesia radical-chic potentina, in primis, figlia degli agi e dei privilegi disgustosi  della classe politica democristiana e dorotea.

Tranne la grande stagione del movimento operaio e studentesco lucano, vissuta, anche, in prima persona nel ’69,   non vi sono state pagine che vale la pena di ricordare.

Scanzano, caro Pedicini, è stata lotta di popolo, ma, soprattutto, lotta di agricoltori incazzati.

Agricoltori ex emigranti che avevano investito tutte le loro “rimesse” nei campi del metapontino.

Ho partecipato alle lotte di Terzo Cavone. Ho assistito a tante riunioni di snob e di alternativi.

E’ prevalsa in me la consapevolezza di solidarizzare solo con gli agricoltori lucani e tarantini.

Ho letto nei loro volti la rabbia di chi con grande dignità aveva sacrificato la sua vita  solo per il lavoro (all’estero) vanificato da governanti ottusi e cinici.

Nessuno aveva messo in  conto la  forte reazione di questi  agricoltori e delle loro consorti.

La difesa dei loro campi è stato l’annuncio di qualcosa di grande.

Il movimento “sindacale e politico” che ne è scaturito “intorno” è stata la cinica e interessata conseguenza.

Da un decennio i furbi di turno cavalcano la tigre. E’ bello gestire la lotta con un forte movimento spontaneo che si autoproduce e si autoregola.

Questi furbi sanno pure, demagogicamente, trovare il linguaggio giusto. Vivono da sempre nell’inciucio e negli intrecci.

Del resto l’inciucio catto-comunista lucano, con una buona dose di seguaci ” ex laici ed  ex socialisti rampanti”,  ha  prodotto una classe dominante  incapace di essere classe dirigente.

Chi ha usufruito  in Basilicata del “brodo” della cultura sessantottina, caro Pedicini,  sono stati i “padroni del clientelismo più bieco”, avallati da Sindacati confederali e non,  pronti a difendere parassiti e privilegiati.

Basterebbe citare le abbuffate nei Centri F. P. e in quella miriade  di  enti  inutili del sottogoverno lucano.

Basta con le “nullità frizzanti” prive di sostanza come tanta dirigenza dorotea.

Lavoriamo seriamente con vera meritocrazia bandendo il tribalismo tipico “lucano”.

Siamo stanchi di vedere  dirigenti di dubbia professioonalità iperbonificati  e  pensionati d’oro, siamo stanchi di vedere  giovani professionisti  precari con  800 euro al mese senza futuro.

Diamo un segnale di serietà, caro Pedicini, e, come sostengono tanti uomini di buona volontà, speriamo questa volta  in una “democrazia decente”.

Una democrazia decente che guardi al popolo lucano, e, chiuda, finalmente e definitivamente, dopo cinquant’anni di Minculpop e di doroteismo forsennato, (benedetti dal Marchese del Grillo, quello del : “io sono io e voi popolo lucano  non siete un cazzo” ), con clientele disgustose e nepotismi tribali ormai desueti.

mauro.armando.tita@alice.it

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