Le “proposte” della UIL per l’ Economia lucana tra competitività sognata e bieco Familismo praticato

Leggere le ultime proposte della UIL  lucana sulla competitività rappresenta un’ulteriore conferma della nostra crisi economica e industriale  divenuta strutturale.

Un sindacato che si occupa di competitività può sembrare una contraddizione in termini. Ma non lo è.

Il Sindacato della UIL si pone problemi e problematiche che vanno oltre la sterile VERTENZ, si rende conto che bisogna invertire la tendenza e che siamo agli ultimi posti (con  le regioni balcaniche, sic!!) per ” tasso ” di competitività.Raccogliamo solo le briciole del tanto decantato  Modello Lucano.

Eppure qualche anno fa il Convegno LUISS/ Regione/e altri  “Generare, Selezionare e Cambiare la nuova classe dirigente “( finito nell’oblìo) aveva prodotto una vasta eco nell’opinione pubblica e nell’imprenditoria lucana (pochi eroi) più innovativa, più sensibile e più critica.

Quell’ imprenditoria che non si riconosceva nei partiti ma, al contrario, era tanto propositiva.

Un’ imprenditoria  che non perdeva occasione di manifestarsi sulle pagine della “Tribuna e Commenti” del Quotidiano.

Era ed è  una grande platea che si espande a macchia d’olio, che si indigna e pretende rispetto e diritti dalle istituzioni regionali.

Mentre Vaccaro della UIL ci ricorda noiosamente che siamo i meno competitivi d’Europa, il Quotidiano ta tempo immemore non “interloquisce” più con le piccole imprese lucane di successo.

Il Quotidiano che aveva una mission propositiva non ci informa sui nostri talenti e sulle nostre nicchie biologiche, non ci fa comprendere più che cosa può significare in concreto per queste piccole realtà produttive: talento, eccellenza, merito e concorrenza.

Che cosa vuol dire “decidere e rischiare” in Basilicata?

Su questo argomento abbiamo sicuramente diritti di primogenitura.

La nostra “Agenda”, quella che si è caratterizzata, con vari approfondimenti sulla progettazione UE a scarso impatto territoriale e occupazionale, sulle migrazioni giovanili, sui piccoli Comuni, sulle diseconomie e sugli sprechi, ha sicuramente trattato, più di tutto, il tema delle liberalizzazioni e della competitività.

A tal proposito che fine ha fatto la direttiva europea n. 36/05 sul mercato delle professioni?

I renzi e i berlusconi sono fermi pure loro.

Dopo le lenzuolate bersaniane e dopo le “leggi dell’apparenza” montiane (senza alcuna regolamentazione attuativa) le liberalizzazioni potevano e dovevano essere il preludio per la  fine delle corporazioni, degli Ordini professionali e delle CASTE.

Non sono bastate le denunce dell’Espresso e di Report e del nostro Quotidiano.

Non erano bastate le ricerche e le denunce di Banfield e dei sociologi americani negli anni ’50 sul familismo amorale.

Ma, la cronaca di questi ultimi mesi,  ci fa tanto riflettere.

Non è pensabile che ancora oggi  nei gangli del potere lucano vi siano interi “pacchetti familiari”.

Provate a chiedere (dopo gli ultimi scandali degli specializzandi medici) a  politici “medici”, vecchi e nuovi,  se i loro figli sono fuori dalle “strutture apicali” dei nostri ospedali?

E un caso o è  “tremendamente  ingiusto” che vi siano figli d’arte, così spudoratamente privilegiati, dalla “culla alla tomba”.

A tal proposito, Rousseau sosteneva che l’uomo è buono per natura, e che la sua corruzione comincia con la differenziazione della società e con il razionale perseguimento dell’interesse particolaristico.

Dove sono finite le dichiarazioni del vecchio centro sinistra di Prodi  “che una politica seria di governo si misura su una indubbia “missione rigeneratrice”.

Una “missione” in grado di perequare tante distorsioni e tante disgustose e non più tollerabili ingiustizie.

Deve  essere la prima mission di  un governo di centro sinistra che si rispetti e di una vera rivoluzione democratica (solo denunciata e poco  praticata).

Lo diciamo da sempre che siamo stanchi di assistere, pavidamente, ad una realtà, dove non vi sono che presenze di “middlescents o figli d’arte”, nei “gangli di potere” o negli  “spicchi” della società lucana e meridionale che conta.

Tutti bravi? Tutti “immessi” negli stessi “posti al sole” con le stesse mansioni paterne? Che strane coincidenze?

Un pullulare di “discendenze” che condiziona enormemente il gracile sistema economico meridionale e lucano, in particolare.

Chi sono i figli d’arte e i privilegiati  in Basilicata?

Lo ribadiamo per l’ennesima volta fino alla noia, con la speranza che qualcosa cambi per davvero.

Sono una “categoria sociale” che si va affermando sempre più, ben protetta da quei padri che hanno investito tutta la loro vita nella politica, nelle professioni, nell’economia  “garantita”, e ora si accingono a passare il testimone ai figli.

Abbiamo assistito per anni  a ricambi generazionali nella politica e nell’economia come  a “fatti ” di natura  obbligata e quindi  del tutto scontati.

Da padre in figlio, da zio a nipote, da fratello maggiore a fratello minore e via discorrendo, con la buona pace di tutti.

Tutti abbiamo accettato, quasi, come un destino, l’avvicendarsi di questo immane “traffico” di familismo amorale.

Fa scalpore il cinismo e la rassegnazione di tanti giovani studenti universitari lucani.

Aver per tanti anni finanziato con la 488 e un FERS “oligarchico” una ” fragile economia informale” e un  “localismo economico garantito”  ha creato una sorta di “blocco” che si è protratto per diversi anni, fino ai giorni nostri, senza aver creato alcun serio  “effetto moltiplicatore”.

Siamo vissuti e stiamo vivendo con serie contraddizioni di  mercato che vedono la sola Fiat “guidare” l’intera economia e il “PIL” lucano.

Un PIL che fa leva sulle esportazioni della grande industria e che ha poco da spartire con il nostro “localismo” produttivo e con le nostre piccole e medie realtà industriali ed artigianali.

Non siamo mai riusciti ad imporre il nostro tessuto connettivo e produttivo.

Le Giunte Regionali di questi ultimi decenni devono rispondere su questo “PIL drogato” e sull’assoluta mancanza di “indotto” lucano nelle aree della “Grande Industria”.

Oggi, più di prima; L’Indice di competitività regionale ci insegna che bisogna far prevalere talento, concorrenza e ricerca continua.

L’ultimo SOS lanciato da tanti giovani lucani delusi e rassegnati, va in questa direzione.

Abbiamo tralasciato una seria politica sui  nostri prodotti di nicchia, che si sono sempre più sfaldati nel “mercato globale” e nella nostra approssimativa ricettività turistica (vedi aree interne).

Ora nutriamo una residua speranza sulla “rifondazione della nostra economia basata sulla PMI”, con un vero sistema di trasporti, di telecomunicazioni e di ricerca”.

Dobbiamo supportare una nuova economia di consumi non più voluttuari e fare leva su veri imprenditori che orientino i loro prodotti verso nuovi mercati e concorrenza.

Solo questa nuova “metodologia” potrà far uscire definitivamente la Regione dalle annose questioni dell’intervento a pioggia e potrà superare  familismi e corporazioni sempre in agguato.

Un mercato siffatto, “aperto, protagonista e vincente” potrà creare vera  innovazione di processo e di prodotto e vera ricerca, uscendo definitivamente da un mercato precario e poco garantito per il futuro.

Per fare questo occorre investire sui nuovi manager e sulle nuove professioni in grado di:

1) imporre alla politica di fare un passo indietro e di aumentare concretamente un nuovo “tasso” di riformismo;

2) consentire ai grandi patrimoni di investire in Basilicata  sulle nuove professioni;

3) invertire definitivamente la marcia dell’ intreccio “familistico”.

E’ uno degli aspetti fondamentali e fondanti sui quali  si misurerà la nuova classe di governo lucana nel prossimo futuro.

Riusciremo in questo intento, se, all’interno delle imprese e della società lucana, sarà avvertita l’esigenza di promuovere una nuova stagione di offerte economiche con Imprese capaci di inserirsi concretamente nel mercato globale e capaci, soprattutto, di dare un taglio definitivo alla ricerca spasmodica di “incentivi a pioggia” e  al desueto “familismo  amorale” dei middlescents ricercando e ritrovando, finalmente: “Competitività, Meritocrazia  e, soprattutto,  DIRITTI”.

Diritti ormai perduti e non più ritrovati da tempo immemmore.

L’SOS lanciato dalla UIL sulla ibrida competitività regionale oltre a confermare il fallimento della classe dirigente lucana ha richiamato tutti gli uomini di buona volontà ad uscire dal LETARGO.

mauro.armando.tita@alice.it

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