Il grado di civiltà di una comunità si misura dalla capacità di garantire indistintamente comportamenti corretti e qualificati.
Comportamenti corretti e qualificati, capaci di soddisfare le legittime esigenze manifestate dai cittadini.
Quando invece i comportamenti tendono ad atteggiarsi a discrezionali elargizioni vuol dire che qualcosa non funziona.
Quello che è avvenuto al Consorzio di Bonifica Vulture Alto Bradano è emblematico.Oltre a intervenire pesantemente la Corte dei Conti dobbiamo registrare il vizietto atavico dei privilegiati lucani, senza tempo e senza scadenza.
“Antonio Miranda si era dimesso da direttore generale ed era tornato a un incarico con meno responsabilità ,ma per cinque anni, come sostiene il corretto Leo Amato, avrebbero continuato a pagargli lo stesso stipendio”.
E’ una delle tante storie di ordinaria amministrazione del riprovevole sottogoverno lucano e meridionale in genere.
La galassia dei tanti Consorzi di Bonifica, dei tanti Enti di irrigazione e di sviluppo agricolo mutuati alla gestione allegra e clientelare con una costante omogenea per tutti la crescita esponenziale dei debiti.
Nessun bilancio di questi favolosi organismi di sottogoverno lucano ha mai chiuso il bilancio in pareggio.
Il riequilibrio finanziario con il relativo ripiano era una peculiarietà che si è trasmessa fino ai giorni nostri con le nostre agenzie e aziende regionali vocate alla facile assunzione, qualche volta cencelliana e qualche volta bipartisan.
Tutto il popolo lucano moderatamente cattolico praticante e la cosiddetta maggioranza silenziosa ha accettato supinamente questo modus operandi con la buona pace di tutti, compresi i sindacati di sinistra.
Qualche “cigiellino” veniva infilato all’insaputa dei compagni braccianti nell’alveo del sottogoverno lucano e il silenzio era garantito.
In questo modo sono nate direzioni generali e dirigenze di dubbia professionalità che paghiamo amaramente.
L’ultimo esempio che gronda di sangue fresco è il Consorzio ASI.
Il Consorzio ASI con l’ESAB e la Centrale del Latte sono stati per anni al centro di situazioni debitorie da schianto.
Mai un rimprovero, mai una chiara presa di posizione dei Partiti, dei Sindacati e delle Istituzioni ecclesiastiche.
Ritrovare queste forme assurde di dirigenze senza professionalità è una costante nella partitocrazia lucana.
L’importante era mettere a posto i tasselli delle varie Federazioni.
Se capitava un geometra alla direzione amministrativa o generale o un fruttivendolo alla Stampa e alle pubbliche relazioni pari erano da destra a sinistra.
Poi ci si chiedeva perchè i territori montani dovevano subire tante ingiustizie e i Sindaci chiedere una umiliante prebenda per governare lagestione ordinaria o la piccola clientela e il piccolo cabotaggio?
La risposta era sempre la stessa, mancano le risorse per le grandi opere.
Grandi opere che venivano, però, appaltate nelle aree costiere della polpa e nelle aree urbane dei capoluoghi.
Alle aree interne, le aree dell’osso, veniva riservato un trattamento quasi “scientifico”, poche risorse, già decise a monte e poche opzioni a valle.
Nei Consigli Comunali le poche prebende servivano a creare quella favolosa e ingiusta guerra tra i poveri che si chiudeva il più delle volte in mancate progettazioni e in residui passivi.
Per decenni le nostre Amministrazioni Locali avevano situazioni paradossali, da un lato il dissesto finanziario (quello della spesa corrente) dall’altro una marea di fondi inutilizzati per mancanza di progettazione esecutiva.
Oggi che abbiamo esaurito pure i residui passivi dobbiamo, ob torto collo, accrescere i debiti e i dissesti sperando che il Consiglio Regionale ripiani i disastrati bilanci.
E’ una fatica sisifiana che non può durare a lungo.
Per qualche altro anno forse resisteremo con le royalties, poi neanche i Memorandum e le promesse “bersaniane” ci potranno garantire un futuro normale di crescita naturale.
Saremo tutti più vecchi e più senili sia nei nostri comportamenti sia nei nostri ipotetici programmi pluriennali.
Saremo senza banda larga e senza poli industriali di qualità.
Navigheremo tra piccole realtà industriali, agricole e artigianali convinti come siamo di vivere una esistenza fondata sulla nicchia biologica e sull’economia del “baratto”.
Sono solo provocazioni o sarà la nostra cruda realtà del futuro lucano nonostante “l’Idea Basilicata” di Di Consoli e la nostra stanchezza protesa ad analizzare superficialmente le cose e a giudicare sommariamente solo ciò che non funziona.
Ad Andrea Di Consoli e alla sua “Idea Basilicata” dobbiamo far presente che da secoli su queste pagine e su altre riviste specializzate (Confindustria lucana, in primis) abbiamo fornito ricette concrete e proposte copernicane, che,puntualmente, sono finite nell’oblìo (vedi poli industriali, acqua e petrolio e ,soprattutto, agrindustria).
E’ certamente l’ ultimo SOS lanciato da un LUCANO stanco e demoralizzato.
mauro.armando.tita@alice.it