La cruda analisi di Giorgio Santoriello sul Quotidiano del 1 settembre scorso concernente i “giovani democrat” ripropone la mai sopita querelle sulle nuove Generazioni “Q” lucane.
Neanche un rimprovero da parte di questi giovani democrat verso la nostra “generazione Avida”.
Neanche una scomoda domanda verso i fautori di questo flop regionale terrificante.
Per dirla alla Friedman: “La nuova generazione Q mi lascia molto perplesso e insieme sorpreso”.Sorpreso perchè è molto più ottimista ed idealista di quanto non dovrebbe essere.
Perplesso perchè è meno radicale e politicamente impegnata di quando è tenuta ad essere.
Il problema ? “La generazione Q passa troppo tempo online e ciò è un male per se e per il Paese.
” Dietro questo atteggiamento qualunquista si nasconde, infatti, un futuro potenzialmente disastroso.
Purtroppo i giovani lucani non ne sono esenti e sono sempre più sonnacchiosi.
I loro buoni propositi e le loro speranze per governare efficacemente la REGIONE Basilicata sono del tutto evaporate dopo le dimissioni di De Filippo.
Questi giovani democrat ci “afflosciano” ancora di più.
Non hanno mai chieso progetti concreti, visibilità e trasparenza.
Si sono nutriti dei soli successi del giovane Speranza.
E’ inutile illudersi, caro Giorgio, tanti di questi giovani democrat aspirano solo a posti al sole e a “governare” gli enti sub regionali.
E’ una vera Kermesse della presunzione o è qualcosa d’altro?
Come si comporta una classe politica regionale di fronte a muti giovani democrat “allupati” di incarichi e prebende?
Sono muti agevolati o sono caratterialmente inclini alla sudditanza.
Come si tutelano i partiti di governo e dell’opposizione da simili “invasioni barbariche” qualunquiste?
Sono queste le serie motivazioni che ci avevano spinto, nel recente passato, a “scavare ” in modo originale ed estemporaneo su di un “universo” della società lucana del tutto sconosciuto.
Il primo motivo era dato da una profonda trasformazione del nostro cosiddetto “ceto medio”.
Era improprio definirlo tale, ma, al contrario, nessuno degli appartenenti a questa categoria sociale rinunciava, tanto facilmente, a un incarico in un qualsivoglia CdA del sottogoverno regionale.
Quali erano le vere cause che imponevano questo nuovo status?
La brama del potere o il modello lucano delle famiglie vip.
Un modello familiare frutto delle complicità tra “caste politiche” e “imprenditoria garantita”, tra alta borghesia parassitaria e alte sfere della P.A. lucana.
Esiste, a tal proposito un nuovo ruolo delle mogli/madri? Non quelle descritte con tanta passione e tanto rispetto da Lucia Serino nel suo editoriale: “Il Piano B delle donne”.
In questi ultimi tempi, ci siamo chiesti se essere una buona sposa in Basilicata comporta ancora, causa vincolo matrimoniale, “nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, sino a che morte non vi separi”, una pia e inflessibile fedeltà allo sposo o si preferisce un ménage familiare accompagnato da un incarico ben retribuito in un CdA.
Perchè coinvolgere le mogli in questo nuovo modello familiare? Cosa centrano le consorti in questo baillame?
Chi ha scoperto questa nuova “categoria sociale” che si va affermando sempre più nelle coppie “vip” lucane?
Natalia Aspesi ebbe a riferire qualche tempo fa che, ormai, la maggioranza delle donne sposate contemporanee seguono meno i doveri cristiani di moglie, preferendo ritrovarsi, pur, nel disonore, cariche di allegro denaro con cui vivere alla grande.
La Basilicata che si trasforma non si discosta neanche un po’ da questo clichè e da questa lucida analisi dell’Aspesi.
Lo stereotipo della società matriarcale lucana “dura e pura” non esiste più.
Molti sono i mariti e i figli “incoraggiati” dalle rispettive mogli e madri a formulare le domande di partecipazione ai vari Bandi per posti al sole nei CdA del sottogoverno lucano e nel Management degli stessi.
E’ il nuovo status-symbol del “vip” lucano. Guai a rinunciare a un Consiglio di Amministrazione.
Molte signore contemporanee lucane, amanti della mondanità, molto adulate ed invidiate, hanno acquisito un ruolo determinante all’interno del proprio nucleo familiare e spingono mariti e figli al salto della quaglia.
Siamo stati testimoni nel passato di un femminismo lucano troppo ingenuo e autoreferenziale, in cui si diceva per far pulizia dovrebbero dare più potere alle donne, che proprio per natura e per sorellanza sono più oneste; e se capitava che oneste non fossero per niente, già si diceva, è colpa della società patriarcale lucana, del padre, del marito, del figlio, insomma del maschio.
Poi, negli ultimi anni e dopo Mani Pulite e i crac Parmalat, Cirio e dopo le SOCIETA’ delle mogli dell’inchiesta sul Centro Oli ci siamo accorti che le gentili consorti riescono a nascondere pacchi di soldi nei pouf di casa o nei depositi in conti coperti come nei casi Poggiolini e Curtò o collaborare a progetti e affari come nel caso lucano .
Questi casi sono emblematici di un mènage familiare che in Basilicata non vorremmo che attecchisca, pur, in presenza, di tanta voglia di vivere alla Briatore.
Quanti anni luce sono distanti le mogli vip lucane con le povere derelitte di “Paterno” e delle nostre aree interne?
Questi esempi ci devono aiutare a prevenire un eventuale dilagare di nuove truffe e di falsi modelli familiari, “incoraggiati” dalle mogli/madri.
Questi esempi ci devono aiutare a recuperare il senso civico della famiglia lucana.
Senso civico e rispetto per gli altri ormai caduto in disgrazia e del tutto assente da decenni nel modus operandi giornaliero delle famiglie lucane dedite al dio interesse.
Chiudere con le banalità dell’odierno edonismo e riacquistare quel ruolo consono di madre educatrice e di “faro” per i figli.
Noi auspichiamo, infine, per il prossimo futuro e per le nuove generazioni, madri e mogli, belle e seriamente determinate nel lavoro quotidiano, propositive nella società civile, lontane “dall’allegro denaro” e serie avversarie di un vivere lascivo, edonista e consumista.
Madri che educhino i FIGLI vocati al rispetto genitoriale e per il prossimo e che abbiano a cuore soprattutto: ” idealismo, attivismo e indignazione”.
mauro.armando.tita@alice.it