Gli scandali lucani, i comportamenti deprecabili e la scarsa partecipazione popolare

Pubblicato in grande EVIDENZA su”La tribuna” del Quotidiano il 12/11/2013

Avremmo tanto desiderato che i candidati avessero inserito e approfondito nella propria agenda il tema della governance regionale con il relativo impatto sul territorio.

Avremmo tanto desiderato di approfondire il tema del rapporto cittadini /P. A., P. A. governata quotidianamente da  comportamenti deprecabili.

Sono passati decenni e trovo, ancora, oggi, sorprendente l’ aver ricevuto un “encomio” particolare per aver salutato con educazione e “gentilmente” fatto accomodare un artigiano.

Una tale eccezionale procedura la dice lunga sui modus operandi dei funzionari  della P. A. lucana.

Qualche giorno fa sulle pagine del Quotidiano abbiamo denunciato l’abuso del conseguimento di  lauree triennali facili da parte  di colleghi  regionali cinquantenni e sessantenni finalizzate, soprattutto, alle “pubbliche” carriere apicali.

Carriere apicali che si ripercuotono  e penalizzano i nostri giovani laureati e  professionalizzati, quelli  che si affacciano per la prima volta  nel mondo del lavoro.

Dopo rimborsopoli e dopo la denuncia di qualche giorno fa di Leo Amato sull’aberrante diplomificio lucano, la Basilicata ha raggiunto il top dell’imbecillità.

Da qualche tempo la stampa locale  aveva tralasciato lo spinoso problema della mancata approvazione dello Statuto.

Bene ha fatto l’amico Ribba a denunciare le disfunzioni patogene di un Consiglio regionale di scarsa affidabilità.

Le denunce sul walzer delle ultime nomine dirigenziali partorite da una Giunta regionale dimissionaria e in forte conflitto d’interessi, ci hanno riproposto il tema delle clientele e delle sue sciagurate conseguenze.

Conseguenze che si cibano soprattutto di comportamenti deprecabili e di un cattivo rapporto cittadino/Pubblica Amministrazione.

La polemica scaturita  sul Centro Sportivo polivalente della zona G di Potenza innescata dal “pasionario” Enzo Fierro è un ulteriore esempio di mancata correttezza tra società civile e P. A, attendere oltre  quattro anni per un riscontro dovuto, anche se incompleto e  “omissivo”, non si presta ad alcuna giustificazione di sorta.

Se l’ex  Ministro Brunetta  (sic!) nel recente  passato aveva ritenuto opportuno emanare un decreto mutuato sulla “gentilezza ” vorrà dire che il problema esiste per davvero.

Da tempo immemorabile abbiamo approfondito il tema di una nuova governance regionale che è ferma a profili professionali desueti e datati,  e, soprattutto, quello dell’umanizzazione della sua macchina burocratica.

Non abbiamo mai tralasciato il metodo del “costumer satisfaction” come vero indirizzo per una P. A. moderna, civile e solidale.

Abbiamo sempre denunciato, come, non mai, il deficit di democrazia,  a seguito di   comportamenti socialmente deprecabili.

Le istituzioni regionali hanno glissato da sempre  sia per quanto concerne  le tutele degli ultimi e sia, soprattutto, la tutela della correttezza.

Anche se aumentano  a dismisura  povertà, disoccupazione giovanile e  strozzinaggio (denunciato più volte  da Libera /Basilicata)  la partecipazione ad iniziative sociali sulla tutela della legalità è scarsa pari alle piazze vuote dei nostri candidati regionali (dopo PD e SEL, scarsa è pure  la partecipazione a Grande Sud, Scelta Civica ecc.) e per certi versi crea un  certo senso di fastidio.

Un senso di fastidio che non si riesce  a definirlo bene.

“E’ come se tutte le testimonianze, le dichiarazioni  di intenti, le stesse azioni condotte dalle istituzioni pubbliche e private diano quella sensazione  di essere sostanzialmente incapaci  di deteminare una vera svolta su queste annose ed incombenti questioni”.

E’ il concetto stesso di legalità che sfugge se lo si circoscrive ad ipotesi delittuose previste dal nostro codice penale.

Certo i delitti devono essere repressi e possibilmente puniti contribuendo al corretto funzionamento della macchina giudiziaria determinata  a sua volta dalle decisioni dei giudici.

Noi pensiamo che il vero deficit di legalità sia determinato oltre che dalle punte delittuose dell’iceberg dei comportamenti illeciti  che da quella massa enorme di comportamenti socialmente deprecabili che rimangono pressocchè sommersi e accettati quasi per rassegnazione senza riconoscergli la dovuta gravità e , soprattutto, le dannose conseguenze che essi determinano nel tessuto sociale.

Da ciò ne consegue che la giustizia non è solo quella somministrata dalla magistratura, ma, anche, da quella, che, deriva dalla correttezza dei comportamenti di tutti noi nei rispettivi ambiti di relazioni sociali.

Sarebbe sbagliato indulgere verso l’esaltazione dei comportamenti che si tenevano in passato, ma, tutti, stiamo toccando con mano la preoccupante e repentina caduta  di stile e di correttezza  in una sorta di cinico relativismo etico che consente di far passare inosservati comportamenti violenti ed ingiusti con disarmante disinvoltura.

La gravità di questa situazione è poi determinata dal fatto che, nella società, si perpetra un notevole peggioramento delle condizioni di vita degli ultimi che rimangono ogni giorno sempre più soli ad affrontare le quotidiane ingiustizie.

E’ questo un meccanismo perverso che si avverte nella sua drammaticità soprattutto nei rapporti con gli uomini e le donne delle aree depresse.

Da noi il senso dei diritti di cui è giusto che goda il singolo cittadino è ancora oggi oppresso da una condizione di sudditanza psicologica verso il potere del semplice addetto allo sportello.

Provate a seguire  le vicissitudini non solo dell’agricoltore che attese, qualche anno fa, oltre, sei ore, negli uffici  dell’ Arbea, per una semplice rettifica,  ma di un altro cittadino invalido con relativa odissea.

Quante imprecisioni, quanti ritardi, quante scorrettezze per vedersi riconoscere un proprio diritto.

Il grado di civiltà di una comunità si misura dalla capacità di garantire indistintamente comportamenti corretti.

Comportamenti corretti capaci di soddisfare le legittime esigenze manifestate dai cittadini.

Quando invece i comportamenti tendono ad atteggiarsi a discrezionali elargizioni vuol dire che qualcosa non funziona e prevale  il Tarlo della Mentalità illegale.

Un Tarlo della Mentalità che qualche volta sfocia in mentalità  mafiosa che non  alberga solo nelle menti deviate di chi arriva ad uccidere, ma, anche e più, pericolosamente, in quelle di chi interpreta il proprio dovere scorrettamente, provocando quel deficit di democrazia che si ripercuote negativamente sulla costruzione di una mentalità sottomessa e deviata e che si estende a caduta a tutti i comportamenti sociali.

Per queste serie motivazioni le nostre continue  denunce sul Quotidiano sono di grandissima importanza perchè combattono questa enorme ed informe massa di illegalità che ci tiene fortemente ancorati ai margini delle civiltà moderne ed europee.

mauro.armando.tita@alice.it

204
0

Post Correlati

Lascia una Risposta

Categorie

Spot Proloco Ruvo

Archivi

Le nostre Nuove Storie