Dopo il caso “figliopoli”, la nostra immutata stima e solidarietà ai giornalisti coraggiosi lucani

NON VOGLIAMO brandire la clava e non vogliamo infierire ulteriormente sui burosauri sanitari.

Ma  da uomini con “schiena dritta” non tolleriamo più attacchi strumentali e goffe giustificazioni di stampo meramente familistico.

Vogliamo, però, con caparbia volontà manifestare tutta la nostra solidarietà al Quotidiano e a Leo Amato, in primis, per il caso Figliopoli e per le precise e circostanziate denunce.

Deploriamo i comportamenti pavidi e omertosi di quei  medici e  di quelle famiglie vessate dai burosauri di sempre.

Vogliamo riprendere, però, gli ennesimi accorati appelli, da rivolgere ai soggetti istituzionali e non, che coltivano da tempo un po’ di dignità e un po’ di pudore.

Da secoli noi uomini di buona volontà confortati dal Quotidiano declamiamo nel deserto e urliamo alla luna, senza timori referenziali verso i cosiddetti poteri forti.

Da secoli fotografiamo la società lucana nella speranza di intravedere segnali di rinnovamento nella prassi civica.

Da secoli predichiamo l’umanizzazione della burocrazia, il ricambio generazionale con giovani vogliosi di futuro lucano, la meritocrazia e l’innovazione, senza mai inseguire le veline del pastone, entrando nella carne e nel sangue dei nostri giorni.

Da secoli aborriamo ogni forma di familismo amorale, di privilegi e di ipocrisie.

La Corte dei Conti e tutta la stampa locale hanno smosso, in questi giorni, le acque stagnanti “secolari” di Sviluppo Basilicata e della figliopoli del sottogoverno e della Sanità lucana.

Le vergognose indennità dei dirigenti regionali e quelle doppie intascate dai parlamentari, non disgiunte dalle nostre denunce per lo scandalo dei monogruppi consiliari  e della rimborsopoli ci hanno fornito uno “squarcio” di una società tribale e feudale, dura a morire. Vantiamo diritti di primogenitura su middlescents, caste e bonificati vari.

Quante volte anticipando i successi cinematografici di Antonio Albanese e, sconfortati, più che mai, abbiamo fatto uso dello sberleffo comico del Marchese del Grillo e dell’on.le Cetto Laqualunque.

Quante nostre provocazioni da “Rubbia al Federalismo selvaggio” quest’ultimo mutuato sulle nostre risorse endogene, in primis, il petrolio e le  acque minerali sono cadute nell’oblìo, con tanto amaro disappunto degli uomini lucani con schiena dritta (categoria sociale in via di estinzione).

Oggi le disgustose franchigie dei dorotei (bianco-rossi) hanno scosso il popolo lucano immerso in un letargo ingiustificato.

Questa volta notiamo che dopo rimborsopoli e figliopoli vi è un qualcosa in più.

Non sono più tollerate queste disgustose sperequazioni. Il popolo bue sta prendendo coscienza.

L’homo sapiens lucano, finalmente, organizza le sue capacità di pulsione.

Si prende atto della cruda realtà senza se e senza ma. Il Fortino dei politici furbi e silenti non è più inespugnabile.

La goffaggine non è più di casa. I nervi scoperti sono stati intaccati. Non sarà più tanto facile fare proclami sui giornali.

E’ troppo tardi per rimediare sarebbe stato opportuno chiedere scusa alla comunità lucana o zittire.

Le giustificazioni di sorta aggravano la situazione e rincarano la dose. Per lor signori (consiglieri regionali) coniugare il vissuto con il teorizzato è puro optional.

In tutto questo baillame ci rattrista il riduttivo ruolo e la ingiustificata timidezza della Chiesa Lucana.

Cerchiamo in tutti i modi di coinvolgere le istituzioni ecclesiastiche per il loro forte ruolo esercitato sulle nostre  popolazioni  e per il forte radicamento sul territorio.

Qualche volta ci riusciamo (vedi Morti Bianche ).

Per queste ragioni non abbiamo mai amato le insensibilità e le indifferenze.

Non amiamo la cappa di silenzio scesa sugli “Stati Generali del Lavoro”, dopo tanta vasta eco mediatica e dopo una perdita secca di oltre 12.000 unità lavorative, da noi ripresa e denunciata, fino alla noia ,compreso l’ultimo  patogeno caso  della Natuzzi (dopo tante ambigue promesse) che manda a casa oltre 1700 unità lavorative.

Non abbiamo mai amato i preti e gli uomini della Chiesa che giustificano “le contestualizzazioni” (vedi monsignor Fisichella).

Amiamo, però, da sempre i don Diana, Don Puglisi, i Don Benzi, i Don Milani, i Don Ciotti e i Don Bello.

La loro umiltà con il forte supporto di Papa Francesco ci guida da sempre.

Speriamo in atti e fatti concreti, speriamo in una scossa che non si cibi del solito fatalismo e del solito appiattimento sociale.

Non sopportiamo più il silenzio “plumbeo” e tanto meno i muti agevolati di sempre.

Vogliamo una Chiesa e una Società reattiva che facciano sentire il fiatone ai demagoghi e ai politici senza scrupoli.

La società , in special modo, quella politica, come sosteneva Don Sturzo, non è una entità o un organismo al di sopra dell’individuo è parte attiva e integrante del suo vivere.

Mancando questo elementare e sacrosanto principio, il nichilismo e il relativismo, saranno sempre più “contestualizzati” da forme di cinismo e di protervia che non possiamo più giustificare.

La cultura civile e l’orgoglio quello che si ciba di vera dignità non devono andare in soffitta, devono  essere finalmente  patrimonio della maggioranza degli  uomini lucani di buona volontà.

mauro.armando.tita@alice.it

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