Dai Veleni della Fenice ai seri problemi del Vulture

Da anni ci sforziamo di dimostrare concretamente con gli atti e i fatti che il nostro amato Vulture  non gode più di quei  cicli riformisti di spessore del ventennio passato.

Siamo consapevoli che i meravigliosi anni settanta e l’avvento delle Giunte rosse sono un caro ricordo del passato.

Siamo consapevoli che da decenni non esprimiamo uomini e donne di spessore e siamo immersi in un presunto riconoscimento  politico che si ciba di qualche modesto posto di sottogoverno.

Negli anni scorsi abbiamo fatto leva sugli olimpionici Cammarelle e Cancellara sicuri di aver inorgoglito tanta popolazione vulturina.

Il caso Fenice, al contrario, ci ha rattristato.

Abbiamo lasciato nell’oblìo e  senza un briciolo di dovuta solidarietà sia  il caparbio Maurizio (Bolognetti) che il Movimento delle mamme del lavellese.

Nessuna attenzione del Telefono Rosa e del Telefono donna.

Le povere mamme del lavellese  sono andate sole a scioperare confidando solo sulla nostra sparuta presenza di uomini di buona volontà.

Le crude denunce odierne di Labanca sul mercurio  sfornato dal “tamburo rotante” aggravano ancora di più la gravissima  emergenza ambientale della Piana di San Nicola e dell’area di bacino.

Da opinionista sagace ho dedicato più di qualche riflessione/denuncia all’argomento.

Sono un uomo del Vulture, comprendo la gravità dell’inquinamento della Fenice.

Precedentemente avevamo contezza che con la diossina  e con l’acqua di falda inquinata non si doveva e non si poteva più scherzare.

Non  si  doveva  rinviare sine die l’annoso problema.

Se pensiamo che i primi patogeni risultati di una tale sciagurata conduzione sono riferibili ai veleni trasferiti sul nostro bel territorio vulturino  sin dall’anno 2002 la frittata è quasi completa.

Basterebbe solo questa seria problematica per far capire come è stato amministrato e come è stato considerato il Vulture dai Governi Nazionali e regionali dell’ultimo ventennio.

Il Vulture che ha espresso i Nitti, i Fortunato e gli Attilio Di Napoli non può ulteriormente soccombere di fronte a questo blocco innaturale.

Ha già dato tanto ricevendo in questo desolante ventennio solo qualche umiliante posto di sottogoverno  (vedi AATO, duo  Nardozza Altobello).

Ai due neo parlamentari Barozzino e Placido è toccato un compito improbo, il compito di far risorgere un  territorio e di dare orgoglio alle dimenticate popolazioni vulturine.

Pur tuttavia non amiamo la denuncia fine a se stessa.

Amiamo da sempre la proposta.

Da oltre un decennio proponiamo idee e progetti concreti (condivisi da seri addetti ai lavori, Marco Percoco della Bocconi, in primis) pubblicati sul Quotidiano e su riviste specializzate.

Amiamo perfino  l’impresa “selvatica” di Edoardo Nesi , vincitore del Premio Strega.

Tante nostre “idee/forza” e tanti nostri progetti  sono stati sperimentati  anche nel nostro Vulture sia sull’artigianato e sia sulle PMI con una ricaduta occupazionale infima.

Tante progettualità,dedicate alle PMI vulturine, purtroppo, lo dobbiamo ricordare al duo  Barozzino/Placido hanno scontato la cossiddetta  mancata capacità di impatto.

Tante nostre proposte non sono mai state indirizzate al nuovo processo di globalizzazione.

Oggi paghiamo amaramente lo scotto di tali mancati investimenti produttivi e di qualità rivolti alla risorsa umana.

Nelle nostre piccole e aride aree marginali della Montagna il fenomeno diffuso dell’invecchiamento ha creato quello che il Rapporto Iref/ACLI  definisce “lavoro scomposto”.

Il 70% degli obiettivi  progettuali posti in essere evaporano dopo qualche settimana.

L’analisi dei fabbisogni propedeutica al raggiungimento dello scopo  prefisso e tanto approfondita nelle premesse progettuali viene accantonata e dimenticata con lo start up.

L’impatto con la realtà marginale interna vulturina  diventa puro optional.

A questo punto i risultati sono scarni deludenti e modesti.

A questa triste realtà socio-politica e patogeno-ambientale  fa da contraltare una paurosa approssimazione e  una presunta   nuova classe dirigente  di giovani imprenditori  ,mai protagonisti e mai decisivi.

La presenza rilevante di “imprenditori edili” ci ha fatto capire che la maggioranza degli stessi è annidata in questo “tradizionale” settore.

Un settore che ha  creato nel passato occupazione  mettendo  in moto un buon “effetto moltiplicatore”  senza, però, far crescere una moderna classe imprenditoriale.

Tutto ciò non ci soddisfa perchè dipendiamo morbosamente dalla Fiat/Sata.

Siamo ancora alla ricerca, dopo venti anni di ambiguo sviluppo industriale e con le tante nubi che si addensano sulla FIAT/SATA  di un vero e peculiare modello industriale del Vulture, nonostante i tanti Putnam nostrani e i loro “ammiratori”.

Restano, però,intatti i  veleni  della Fenice con una sospetta contaminazione delle falde freatiche.

Una contaminazione fatta di tante parole ed assurdi silenzi.

Solo oggi a distanza di sette lunghi anni  l’AD della  Fenice esce dal suo dorato isolamento e apre al territorio.

Da un ventennio abbiamo denunciato oltre ai veleni  la furba chiusura della Fiat SATA al Bacino potenziale interessato.

Il mercurio, di oggi, sommato ai   sospetti casi di  tumori e  diossina rilevati da scrupolosi addetti ai lavori e  targati Fenice ci allarmano ancora di più.

Sono passati altri due anni  per avere contezza degli interventi di messa in sicurezza degli impianti di cui si discorre e di ipotetici risultati della Commissione d’inchiesta.

Bisogna ricordare ai politici e agli smemorati che  dopo venti anni l’AD Fenice e il management Fiat hanno investito  3,5 milioni di euro per ripristinare la rete di tubi che trasportano le cosiddette acque tenologiche.

Acque tecnologiche che vengono utilizzate per l’abbattimento dei fumi.

Sempre agli smemorati bisogna ricordare che la perdita sarebbe avvenuta a dieci metri di profondità del sottosuolo.

Fenice come da me denunciato sul  Quotidiano del 24 settembre 2012 sostiene che allo stato dell’arte non ci sono più contaminazioni attive, grazie a interventi ,già attivati nel 2009 ,per ripristinare le condizioni di impermeabilizzazione delle vasche interrate in calcestruzzo.

Il mercurio di oggi potrebbe sembrare  una “variante” episodica.(sic!).

Così non è.

Abbiamo bisogno, oggi, dopo le denunce di Labanca  di chiarire il rinnovo  dell’AIA (autorizzazione di Impatto Ambientale)  ,scaduta nel 2010 e prorogata dalla Provincia di Potenza ,in via provvisoria, fino al 2020.

Con tutta questa massa di dati, documentazioni e monitoraggi vogliamo sperare che nel prossimo futuro non ci saranno più omissioni e silenzi furbi e che  le analisi dovranno continuare a essere serie, rigorose e affidabili.

Noi, uomini di buona volontà, crediamo nel nuovo corso dell’Arpab, crediamo alla serietà professionale del direttore Vita, crediamo nella nuova stagione della Fenice e della Fiat Sata.

L’angoscioso problema dell’inquinamento Fenice è prodromico per un costruttivo e propositivo rapporto Fiat/Territorio.

Se Fiat-Sata e Fenice  avessero  coltivato  un minimale,  corretto e “democratico” rapporto con il Territorio non ci saremmo trovati con questo patogeno inquinamento e con tutta la carica dei sospetti di sorta.

Il “Territorio” non avrebbe mai consentito concentrazioni di mercurio, solventi e metalli pesanti. (queste cose le abbiamo denunciate nel lontano 2009).

La lezione della Fenice ci ammonisce e ci invita ad essere uniti, indignati e reattivi.

Uniti, indignati e reattivi per chiudere con questo “patogeno” passato,  e,soprattutto,  per proteggere, adeguatamente,  il nostro amato e genuino  territorio vulturino  e per dare  le  giuste e sacrosante prospettive di futuro ai nostri figli e alle nostre amate nuove generazioni.

Un Vulture orgoglioso di essere il motore  economico-industriale della Regione, con uomini di spessore, dignità e competenza.

Un Vulture chiamato  a condividere il percorso virtuoso tracciato da Francesco Saverio Nitti e da  Giustino Fortunato.

mauro.armando.tita@alice.it    

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