23 novembre 1980: trentanove anni fa il terremoto a Ruvo del Monte, per non dimenticare e per far conoscere questo tragico evento

Oggi ricorre il 39° anniversario del terribile terremoto che il 23 novembre 1980 colpì duramente gran parte dell’Irpinia, Ruvo compreso.

Vogliamo ricordarlo per non perdere la memoria, perchè, comunque sia, quell’evento scosse e condizionò, oltre che il territorio, anche le coscienze.

Vi riproponiamo l’aritcolo, a firma di Roberto Di Napoli, che racconta in modo puntuale quei tragici minuti vissuti nel nostro paese.

Pietro Mira

Novembre, in molti di noi che hanno vissuto quella terribile esperienza, riporta alla mente il tragico e disastroso terremoto che alle ore 19.38 di domenica 23 novembre 1980 rase al suolo, con devastante forza distruttrice (12° grado della Scala Mercalli – quasi 8° grado della Scala Richter) gran parte dell’Irpinia e della Provincia di Potenza, con epicentro tra Sant’Andrea di Conza e Sant’Angelo dei Lombardi.

Anche Ruvo del Monte fu colpito pesantemente da quel disatroso evento naturale, portandone i segni e le conseguenze ancora oggi.

Domenica 23 novembre 1980 è una data che tutti vorrebbero cancellare dalla memoria, ma è destinata a rimanere impressa nei nostri ricordi finché saremo in vita.

Chi scrive e ricorda quei momenti, che non si cancelleranno mai dalla propria memoria e che ancora restano impressi in ogni loro particolare, era allora un ragazzo di quindici anni che frequentava il secondo anno del Liceo Scientifico, e fu sorpreso dalla furia distruttrice mentre stava per ritornare a casa dopo aver salutato i suoi amici.

Quei ricordi sono a disposizione di tutti: di chi c’era, affinché non dimentichi, e di chi non c’era, perché conosca un tragico capitolo della storia di Ruvo del Monte che ne ha segnato inesorabilmente le sorti ed il destino, quasi come una spartiacque tra un passato da chiudere ed un futuro da intraprendere.

Il buco nella parete della Chiesa Madre che simboleggia il terremoto a Ruvo del Monte

Ruvo del Monte, all’epoca, era un piccolo e grazioso paese che, con le sua case in pietra e qualche timido edificio nuovo, non appariva molto diverso dal suo secolare passato; l’emigrazione e l’isolamento nelle comunicazioni ne stavano inesorabilmente segnando un lento declino.

Domenica 23 novembre 1980 era stata una giornata insolitamente calda per quel periodo dell’anno, con tanto sole e con i cappotti messi da parte per il clima stranamente mite.

Alle 19.38, quando molta gente si accingeva a ritornare a casa per la cena dopo la consueta passeggiata domenicale, quel giorno più a malincuore del solito visto il bel tempo, si cominciò a sentire lontano un suono come di pietre scaricate con forza da un camion e, mentre cresceva sempre più, c’era nell’aria un insolito silenzio.

Improvvisamente si percepì chiaro il fragore di vetri che si spaccavano cadendo a terra in cocci ed il rumore di sottofondo si  trasformò in un grande boato, come lo scoppio di una bomba.

Le luci del paese prima si affievolirono e poi si spensero del tutto.

Il suolo cominciò a muoversi in maniera spaventosa ed incontrollabile sotto i piedi dapprima da destra a sinistra, con movimento ondulatorio, poi dal basso in alto, con movimento sussultorio, per due lunghissimi minuti.

Nonostante la mancanza di luce elettrica, la luna piena splendente in un cielo terso da nubi e pieno di stelle permise di vedere tutto ciò che stava succedendo: case che si avvicinavano quasi ballando e poi scosse vigorosamente, muri e tetti che cadevano, rumori di cose che andavano in frantumi e poi, alla fine, il sollevarsi di un grosso polverone, fittissimo come la nebbia padana, che ci mise molti minuti per diradarsi quando tutto era finito.

Il ritorno della luce elettrica ed il diradarsi della fitta polvere trovò i ruvesi riuniti in piazza Bologna, in piazza Ungheria ed in Piazza Cavour sbigottiti, spaventati, in preda al pianto ed al panico: tanti gridavano perché non riuscivano a trovare i loro cari.

Nell’accendere le radio delle automobili si ebbe la conferma di ciò che si era percepito: un fortissimo terremoto aveva colpito l’Irpinia e la Basilicata e si restava in attesa di ulteriori aggiornamenti.

Nel frattempo quelle che in gergo tecnico si chiamano scosse di assestamento continuarono a susseguirsi l’una dietro l’altra e la gente, dopo il panico iniziale e dopo essersi ritrovata, cominciò ad organizzarsi per passare fuori, prevalentemente in macchina, la prima di tante notti, nel corso della quale, grazie alla radio, si ebbe consapevolezza delle dimensioni di una tragedia che aveva colpito e distrutto tanti paesi: Pescopagano, Balvano, Muro Lucano, Laviano, Lioni, Conza della Campania, Sant’Angelo dei Lombardi, Calitri.

Si susseguirono notizie di paesi distrutti e di morti sotto le macerie.

Sotto questo aspetto Ruvo fu fortunata grazie al fatto che, con la bella giornata, molta gente era fuori casa, e grazie al sottosuolo di tufo (“a pret’ ra Maronn”) che attutì le onde sismiche e consentì a molti di uscire di casa e mettersi in salvo.

Per i credenti, ma anche per tanti non credenti, la mano protettrice di San Donato Martire aveva evitato a Ruvo lutti e distruzioni peggiori.

Il sorgere del primo sole dopo il catastrofico evento  portò alla luce un paese quasi del tutto distrutto: ancora abbiamo davanti agli occhi l’enorme voragine della Chiesa Madre ed i vicoli pieni di detriti del centro storico.

Un po’ meglio era andata per la zona di basso Ruvo, che comunque presentava grosse lesioni che la rendevano quasi del tutto inabitabile.

Si ebbe la certezza che non vi erano stati morti ma solo qualche ferito, anche se poi giunse la triste notizia che quattro ruvesi erano deceduti sotto le macerie in altri comuni: Antonietta Vodola a Laviano, Vito Capassi, Rosa Guerra ed il piccolo Giuseppe Capassi a Sant’Angelo dei Lombardi.

I giorni successivi furono quelli della prima emergenza e che videro molte notti passate all’addiaccio, per lo più nelle automobili, l’arrivo dell’esercito, quello dei volontari (ricordiamo il Comune di Bologna, successivamente gemellato con Ruvo del Monte, e la Caritas), di abiti pesanti e generi commestibili; videro la ricognizione delle abitazioni e l’arrivo di varie roulottes sistemate nelle piazze per alloggiare le famiglie senza tetto e proteggerle dai rigori dell’inverno.

Le roulettes in Piazza Bologna

Alcune famiglie, dopo le verifiche tecniche, oltre che nelle roulottes, furono ospitate presso la scuola, presso l’ambulatorio e presso il circolo parrocchiale, poi diventato chiesa per ben diciassette anni, sino al 1997, anno di riapertura della Chiesa Madre.

Fu  poi un lento ritorno alla normalità, scandito negli anni da altre numerose scosse più o meno forti, dal trasferimento di famiglie nei prefabbricati installati a  San Nicola e Macchia La Corte (le cui imbottiture d’amianto, nel corso degli anni a seguire, fecero putroppo più vittime che non il sisma stesso), dal progressivo ritorno nelle case meno lesionate e dalla ricostruzione del paese, con l’apporto di contributi statali, sino a quanto è visibile oggi ai nostri occhi.

Ricordiamo ancora una volta quei tristi e difficilissimi giorni, con queste notizie e con le foto scattate subito dopo il sisma,  e li facciamo conoscere a chi non c’era nella speranza che non li possa mai vivere.

A causa del sisma del 23 novembre 1980 Ruvo del Monte ebbe distrutto o gravemente danneggiato il 95% del proprio patrimonio abitativo, tanto che,a  seguito dei rilievi dell’Esercito, dei tecnici e della Protezione Civile, fu considerato tra i sette Comuni più distrutti (disastrati) della provincia di Potenza ed inserito nella prima fascia di intervento.

La celebrazione della messa in una tendo di fortuna

Non tutti sanno, forse, che fu proprio grazie a questa particolare classificazione attribuita al Comune di Ruvo del Monte che fu possibile, per tutta l’area del Vulture-Melfese, accedere ai contributi statali che permisero la costruzione degli insediamenti industriali di Vitalba di Atella e di San Nicola di Melfi, spalancando le porte alla FIAT ed al suo indotto, ed ottenere grandi opere viarie (vedi Ofantina-Vitalba) ed infrastrutturali.

Ad oggi, salvo ulteriori stanziamenti, a Ruvo del Monte sono stati corrisposti 68.585.000.000 di vecchie lire di fondi statali per la sua ricostruzione.

Allo stato attuale la ricostruzione è al 99% e sono stati emessi a favore dei proprietari per la ricostruzione degli immobili oltre 600 buoni contributo, comprese le contrade rurali.

Per il coraggio, la forza, la volontà ed il sacrificio con cui i ruvesi seppero dapprima affrontare l’emergenza e successivamente ricostruire partendo dal nulla il loro tessuto sociale, economico ed abitativo, azzerati completamente da quel terribile e catastrofico evento, il Presidente della Repubblica Italiana ha insignito il Comune di Ruvo del Monte della Medaglia d’Oro al Valore Civile, onoreficienza di cui si lustrano tanto lo Stemma quanto il Gonfalone del Comune.

Roberto Di Napoli

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