Nicholas Green, un nome che è entrato a far parte della comunità ruvese

Chi è Nicholas Green?
Nicholas è un bambino californiano morto a 7 anni, colpito da un proiettile durante un tentativo di rapina sulla Salerno-Reggio Calabria.
I genitori, Reg Green e la moglie Maggie, decisero di donare gli organi del figlio, grazie al quale sette persone sono state trapiantate.

Forse non tutti sanno che la strada, ubicata in Ruvo del Monte, che parte dalla Madonnina in Viale della Repubblica ed arriva al cimitero, è intitolata proprio a questo sfortunato bambino e quindi in qualche modo è entrato a far parte della comunità ruvese.

Lo spunto per parlarne è venuto da una lettera del padre Greg, pubblicata sul quotidiano La Repubblica, fattaci pervenire dal nostro socio Michele Patrissi da Torino, nella quale interviente nella discussione se sia giusto o no che i trapiantiati conoscano i parenti del donante; una lettera molto intensa e commovente che sotto Vi riproponiamo.

Caro direttore, l’opinione pubblica si è divisa sulla decisione del signor Mario Bartoli di rendere pubblici i suoi sforzi di trovare la persona che ha ricevuto il cuore di suo figlio Cristian. Questo weekend, a me e mia mogie Maggie è arrivata una mail che spero possa mettere d’accordo tutti gli italiani. A mandarala è stata Maria Pia Gentile, la donna siciliana che in punto di morte (23 anni fa) ricevette il fegato di mio figlio Nicholas di sette anni, che era stato colpito da un proiettile durante un tentativo di rapina lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria.

Ci ha scritto per raccontarci la sua felicità per i fatto che suo figlio Nicholas, 20 anni, è stato accettato alla Scuola allievi della Marina Militare di Taranto, suo sogno da bambino.

Il fegato trapiantato di nostro figlio ha mantenuto Maria Pia in buona salute per tutti questi anni. In una famiglia con una storia di malattie al fegato, questa buona salute è trasmessa così bene che il figlio ha soddisfatto i rigorosi requisiti sanitari necessari per una vita in Marina.

Maria Pia si è tenuta in contatto con noi, sebbene viviamo in California. Il trapianto non le ha solo salvato la vita: senza il nuovo organo suo figlio e anche la figlia minore non sarebbero mai nati. Per gratitudine, con suo marito Salvatore, decisero di chiamare il figlio Nicholas, scritto alla maniera americana.

Abbiamo conosciuto Maria Pia e le altre sei persone che hanno ricevuto gli organi perchè il nostro Nicholas venne ucciso prima della legge del 1999 che proibisce al personale sanitario di divulgare le informazioni sulle parti coinvolte in un trapianto. Da allora, le famiglie edi donatori e i loro riceventi in Italia non hanno la possibilità di incontrarsi, salvo che a seguito delle circostanze più insolite.

Il signor Bartoli è diventato così disperato che ha agito da solo. Qulasiasi opinione si abbia al riguardo alla saggezza di tale azione, la situaizone è straziante per tutti.

Il calore delle comunicazioni della nostra famiglia con tutti coloro che hanno ricevuto organi di nostro figlio mostra quanto questi problemi possono essere gestiti in modo migliore. Negli Stati Uniti, le due parti possono mettersi in contatto se entrambe lo vogliono e solo sotto la supervisione dei dottori. All’inzio questo avviente tramite lo scambio di lettere anonime per proteggere le parti da comportamenti inappropriati. Se tutto va bene, come succede di solito, le famiglie possono rivelare i loro nomi. Con il tempo, se entrambe sono d’accordo, possono decidere di incontrarsi, di nuovo sotto la supervisione dei loro medici.

Ovunque in America le autorità sanitarie incoraggiano questi contatti e riferiscono che nella stragrande maggioranza delle migliaia e migliaia di casi che hanno gestito i risultati sono positivi per la salute e la felicità di entrambe le famiglie. So che questo è vero per noi. Vedere con in nostri occhi che persone vicine alla morte hanno già avuto 23 anni di vita è il miglior tonico che potessimo avere. I riceventi temevano che noi li vedessimo come la prova della morte di Nicholas. Invece sia per noi che per loro è stato terapeutico conoscersi e riconoscersi.

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