Lo stress da clima bellico-pandemico influenza negativamente il morale delle squadre di calcio/calcetto, alterandone il rendimento. Nel girone A di Serie D lucana, la Virtus Avigliano soccombe intra moenia contro il forte Rufria 2018 per 4 a 7, che prima travolge, poi trema, e, infine, vince ma non convince

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Il 2 aprile 2022, sul magnifico parquet del moderno, confortevole Palazzetto dello Sport di Avigliano, mentre fuori nevica copiosamente, i giganti buoni della Virtus affrontano il Rufria 2018, reduce dalla sconfitta casalinga con l’Atletico Lavello. La gara, il cui inizio era previsto per le h 18:30, grazie alla lungimiranza dell’arbitro Laus, della sezione di Venosa, inizia invece con un provvidenziale anticipo di otto minuti. A disposizione degli ospiti ci sono dieci calciatori, al comando di mister Scalera, così registrati in distinta: 12) Lovallo Valentino; 99) Tridenti Giovanni; 6) Patrissi Vincenzo; 21) Colangelo Antonio (cap.); 22) Tita Giovanni (v. cap); 10) Tita Michele; 85) Colangelo Giovanni; 9) Scura Sebastian; 27) Lapadula Danilo; 0) Silvestre Davide Gerardo.

La lista dei simpatici veterani aviglianesi, caso unico, non prevede un allenatore, né un dirigente e neppure un presidente: è una sorta di snc autogestita dai tesserati, che si compone in questo ordine: 1) Berardi Vito; 3) Lasala Vito; 4) Santoro Luciano; 6) Sacco Carmelo (cap.); Mecca Davide; 9) Summa Pietro; 11) Summa Michele; 13) Possidente Andrea (v. cap) 15); Sileo Antonio; 17) Ferrara Giuseppe.

I “cinghiali” ruvesi, feriti nell’orgoglio dall’inaspettata battuta d’arresto, subita in casa con l’Atletico Lavello, sono decisi e determinati a scacciare l’ombra di una crisi e si buttano a capofitto verso la porta difesa da Berardi V. (1), convinti di fare un solo boccone degli avversari, meno quotati; e sembrano riuscirci con i subitanei goals di capitan Antonio Colangelo (21) al 3’ e al 6’, ai quali fa eco il suo omonimo Giovanni Colangelo (85) al 10’ per il 3 a 0. Il pressing degli ospiti è asfissiante, travolgente, con il prestante Giovanni Tridenti (99), studente di Scienze motorie, in campo già dal primo minuto, che sembra indiavolato nel difendere ed attaccare. Ma all’11’ viene sostituito per scelta “tecnico-tattica” e l’incantesimo sembra spezzarsi. La Virtus riacquista fiducia nei propri mezzi e comincia a spingere il baricentro fuori dalla propria area, ma mentre è tutta proiettata in avanti, al 19’ subisce il goal di contropiede di Danilo Lapadula (27), pivot generoso, di formazione vulturina, che porta il risultato sul 4 a 0. Tutto finito? Ma neanche per sogno! Non si può dormire sugli allori, perché Il bello deve ancora venire. Infatti, mentre ancora si esulta per la quaterna, al 20’ giunge una rete della Virtus con uno dei due giovani non ancora trentenni, Summa M. (11), che viola l’imbattibilità provvisoria di Lovallo (12). Al 23’ un tiro di punizione che potrebbe chiudere il match, viene regolarmente fallito dall’ottimo Michele Tita (10), pivot di classe, più avvezzo alle cose difficili che a quelle facili.

Quindi inizia un assedio dei virtuosi locali, che mettono a dura prova le capacità funamboliche del “verisure” dell’area di porta rufriese. E la pressione della Virtus si concretizza al 28’, quando, grazie al gran goal di Mecca D. (7) accorcia lo svantaggio 2 a 4, seguito due minuti dopo dal nuovo goal del N.11, Summa M. (è doppietta per lui), che ridimensiona le velleità goleadorie dei ruvesi, colti da frequenti amnesie di gioco, spiegabili solo con una sofferenza psicologica da ansia di prestazione. Si va così all’intervallo sul tutt’altro che tranquillizzante score di 4 a 3 per gli ospiti, e nell’aria aleggia lo spettro della Nazionale, o meglio, l’effetto Macedonia. Il 2° tempo inizia alle h 19:00 in punto, mentre fuori dell’accogliente struttura sportiva con tanto di tribuna stampa, forse l’unica in serie D, nevica senza sosta e le preoccupazioni per il viaggio di ritorno si fanno evidenti nei tesserati rufriesi ma, come si suol dire, the show must go on e il verbo all’imperativo riflessivo è “concentrarsi” sulla gara. Forse il messaggio è stato almeno subliminalmente raccolto dagli atleti rufriesi, alla luce dei loro venti minuti di forcing, coronato da una clamorosa traversa dell’indomabile capitan A. Colangelo, il solito stacanovista a tutto campo: un jolly insostituibile anche quando non è al meglio della forma. Poi, il pubblico sugli spalti può assistere ai ripetuti virtuosismi del fuoriclasse Giovanni Colangelo (85), che però, purtroppo, non producono frutti: si vede che, a parte il goal “obbligatorio” segnato, non è in giornata. Il “maleficio” si spezza al 20’, allorquando l’astuto Michele Tita (10), per farsi perdonare le occasioni a iosa sciupate in precedenza, s’inventa un gran goal di tacco per il 5 a 3. Trascorrono ancora otto minuti di ambasce, con il Rufria che spreca l’inverosimile e Lovallo che è costretto a superare se stesso, per non annullare l’esiguo vantaggio, sempre in bilico, per gli effetti delle improvvise folate dei mai domi “oldies” casalinghi che, al 28’, su pasticcio della difesa ospite, accorciano di nuovo con Sacco (6), portandosi sul 4 a 5. L’incubo è tornato, anche se mancano solo due minuti al the end regolamentare: i precedenti sono sfavorevoli al club del reporter. Infatti si rivelano due minuti di fuoco, poiché proprio mentre il cronista sta riponendo il carnet in custodia, si scatena il “finimondo”: Michele Tita batte l’ennesimo calcio d’angolo, il coriaceo Sebastian Scura (9) raccoglie il lancio in area di rigore avversaria e scaglia il suo “dardo”, che, intercettato maldestramente, data la potenza, da un difensore “nemico”, finisce in rete. E’ il 6 a 4 che sembra definitivo, ma, in realtà, non lo è, perché in zona Cesarini, ossia al 30’, si aggiunge la seconda rete personale del bravo Lapadula, che, pur non ancora al meglio della sua condizione fisica, riesce a suggellare una sfida rocambolesca, con un siluro che abbatte l’estremo difensore della Virtus, il quale, va detto, nonostante l’anagrafe a lui “avversa”, ha salvato la sua squadra da un passivo ben più pesante del 4 a 7 finale. E onore a tutti i suoi compagni che, pur se sfavoriti dal pronostico, si sono rifiutati di vestire i panni dei classici agnelli sacrificali, anche se la Pasqua è vicina.

Prof. Domenico Calderone

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