L’Economia lucana tra competitività sognata e bieco Familismo praticato. Un accorato appello ai neo Assessori dopo la Finanziaria

PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO del 12 APRILE

Siamo agli ultimi posti in Europa  insieme alle regioni balcaniche, per bassissimo “tasso” di competitività.

Raccogliamo solo le briciole del tanto decantato Modello Lucano.

Eppure qualche anno fa il Convegno LUISS/ Regione/e altri  “Generare, Selezionare e Cambiare la nuova classe dirigente “(finito nell’oblìo) aveva prodotto una vasta eco nell’opinione pubblica e nell’imprenditoria lucana (pochi eroi) più innovativa, più sensibile e più critica.

Quell’ imprenditoria che non si riconosceva nei partiti ma, al contrario, era tanto propositiva.

Un’ imprenditoria che non perdeva occasione di manifestarsi sulle pagine del Quotidiano.

Era ed è una grande platea che si espande a macchia d’olio, che si indigna e pretende rispetto e diritti dalle istituzioni regionali.

La stampa lucana  che aveva una mission propositiva non ci informa più sui nostri talenti e sulle nostre nicchie d’eccellenza, non ci fa comprendere più che cosa può significare in concreto per queste piccole realtà produttive lucane: talento, eccellenza, merito e concorrenza.

Che cosa vuol dire “decidere e rischiare” in Basilicata?

Su questo argomento abbiamo sicuramente diritti di primogenitura.

La nostra “Agenda”, quella che si è sempre caratterizzata, con vari approfondimenti sulla nostra progettazione UE a scarso impatto territoriale e occupazionale, sulle migrazioni giovanili, sui piccoli Comuni, sulle diseconomie e sugli sprechi, ha sicuramente trattato, più di tutto, il tema del familismo, delle mancate liberalizzazioni e della mancata  competitività.

A tal proposito che fine ha fatto la direttiva europea n. 36/05 sul mercato delle professioni?

I Renzi di oggi e i Berlusconi di ieri sono fermi al bivio sull’argomento.

Dopo le modeste lenzuolate bersaniane e dopo le “leggi dell’apparenza” montiane (senza alcuna regolamentazione attuativa) le liberalizzazioni potevano e dovevano essere il preludio per la fine delle corporazioni, degli Ordini professionali e delle CASTE in genere.

Non sono mai bastate le denunce dell’Espresso e di Report.

Non erano mai  bastate le ricerche e le denunce di Banfield e dei sociologi americani negli anni ’50 sul familismo amorale (oggi riprese con tanto accanimento dalla stampa lucana).

Ma, la cronaca di questi ultimi mesi, ci fa tanto riflettere.

Non è pensabile che, ancora oggi, nei gangli del potere lucano vi siano interi “pacchetti familiari”.

Provate a chiedere (anche in virtù degli ultimi scandali lucani sugli “specializzandi” medici ) a politici “medici” (vecchi e nuovi)  se i loro figli medici sono disoccupati o sono “dentro” alle “strutture apicali” dei nostri ospedali?

E un caso o è  tremendamente  ingiusto” che vi siano figli d’arte, così spudoratamente privilegiati, dalla “culla alla tomba”.

A tal proposito, Rousseau sosteneva che l’uomo è buono per natura, e che la sua corruzione comincia con la differenziazione della società e con il razionale perseguimento dell’interesse particolaristico.

Lo diciamo da sempre che siamo stanchi di assistere, pavidamente, ad una realtà, dove non vi  sono che presenze di “middlescents o figli d’arte”, nei “gangli di potere” o negli  “spicchi” della società lucana e meridionale  che conta.

Tutti bravi?

Tutti “immessi” negli stessi “posti al sole” con le stesse mansioni paterne?

Che strane coincidenze?

Un pullulare di “discendenze” che condiziona enormemente il gracile sistema economico meridionale e lucano, in particolare.

Chi sono i figli d’arte e i privilegiati in Basilicata?

Lo ribadiamo per l’ennesima volta fino alla noia con la speranza che qualcosa cambi per davvero.

Sono una “categoria sociale” che si va affermando sempre più ben protetta da quei padri che hanno investito tutta la loro vita nella politica, nelle professioni, nell’economia  “garantita”, e ora si accingono a passare il testimone ai figli.

Abbiamo assistito per anni  a ricambi generazionali nella politica e nell’economia come a “fatti ” di natura obbligata e quindi del tutto scontati.

Da padre in figlio, da zio a nipote, da fratello maggiore a fratello minore e via discorrendo, con la buona pace di tutti.

Tutti abbiamo accettato, quasi, come un destino, l’avvicendarsi di questo immane “traffico” di familismo amorale.

Fa scalpore il cinismo e la rassegnazione di tanti giovani studenti universitari lucani.

Aver per tanti anni finanziato con la 488 e un FERS “oligarchico” una ” fragile economia informale” e un “localismo economico garantito”  ha creato una sorta di “blocco” che si è protratto per diversi anni, fino ai giorni nostri, senza aver creato alcun serio  “effetto moltiplicatore”.

Siamo vissuti e stiamo vivendo con serie contraddizioni di  mercato che vedono la sola  Fiat “guidare” l’ intera economia e il “PIL” lucano.

Un PIL che fa leva sulle esportazioni della grande industria  e che ha  poco da spartire con il nostro “localismo” produttivo e con le nostre piccole e medie realtà industriali ed artigianali.

Non siamo mai riusciti ad imporre il nostro tessuto connettivo e produttivo.

Le Giunte Regionali di questi ultimi decenni devono rispondere su questo “PIL drogato” e sull’assoluta mancanza di “indotto” lucano nelle aree della “Grande Industria”.

Oggi, più di prima; l’Indice di competitività regionale ci insegna che bisogna far prevalere talento, concorrenza e ricerca continua.

L’ultimo SOS lanciato da tanti giovani lucani delusi e rassegnati, va in questa direzione.

Abbiamo tralasciato una seria  politica sui  nostri prodotti di nicchia, che si sono sempre più sfaldati nel “mercato globale” e nella nostra approssimativa ricettività turistica (vedi aree interne).

Dobbiamo supportare una nuova  economia di consumi non più voluttuari e fare leva su veri imprenditori che orientino i loro prodotti verso nuovi mercati e concorrenza.

Solo questa nuova “metodologia” potrà far uscire definitivamente la Regione dalle annose questioni dell’intervento a pioggia e potrà superare familismi e corporazioni sempre in agguato.

Un mercato siffatto, “aperto, protagonista e vincente” potrà creare vera innovazione di processo e di prodotto e vera ricerca, uscendo definitivamente da un mercato precario e poco garantito per il  futuro.

Per fare questo, cari assessori, occorre investire sulle nuove professioni in grado di:

1) imporre alla politica di fare un passo indietro e di aumentare concretamente un nuovo “tasso” di riformismo;

2) consentire ai grandi patrimoni di investire in Basilicata sulle nuove professioni;

3) invertire definitivamente la marcia dell’ intreccio “familistico”.

E’ uno degli aspetti fondamentali e fondanti  sui quali  si misurerà la nuova ed ESTERNA classe di governo  lucana.

Riusciranno i neo assessori in questo intento?

Riusciranno a promuovere una nuova stagione di offerte economiche con Imprese capaci di inserirsi  concretamente nel mercato globale e capaci, soprattutto, di dare un taglio definitivo alla ricerca spasmodica di “incentivi a pioggia” e  al desueto “familismo  amorale”.

Riusciranno i nostri assessori regionali   a ricercare con efficacia e successo la vera “Competitività, la vera Meritocrazia e, soprattutto, i nostri dimenticati  DIRITTI di cittadinanza.

Diritti ormai perduti e non più ritrovati da tempo immemore.

mauro.armando.tita@alice.it

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