Le polemiche intorno all’articolo di Alain Elkann sui “Lanzichenecchi “ foggiani non si sono sopite, nel frattempo affiora ben altro dibattito… di grande spessore e di alto profilo… tra il Direttore Iarussi e il suo Mezzogiorno “nascosto” e il “non luogo” dello scrittore Giuseppe Lupo.
Noi uomini delle Aree interne abbiamo sempre fiutato le belle virtù artigianali produttive e commerciali unite alle vivacità culturali dei nostri Borghi.
Siamo lontani dal Mezzogiorno arcaico e pseudo-industriale degli anni ottanta. Siamo lontani anni luce da Alain Elkann . il nostro vissuto è limpido, genuino, onesto.
A tal proposito una risposta concreta l’ha data il Comune di Rapone il 13 luglio scorso presentando il Bando Borghi Linea B e Linea C rivolto alle micro imprese in grado di gestire progetti imprenditoriali nel campo delle attività culturali , creative , turistiche, commerciali, agroalimentari e artigianali, il contributo a fondo perduto di 75mila euro è del 100% per le donne e per gli uomini fino a 41 anni e del 90% per tutti gli altri. Le domande vanno presentate on line al sito di “ Invitalia “ fino all’11 settembre 2023.
Seguo da “ secoli” la fuoriclasse Sindaco Ing. Lorenzo Felicetta nel suo meraviglioso Progetto “Rapone Paese delle Fiabe” con i suoi gemellaggi transnazionali (dalla Germania alla Grecia) e le intese con tante Città italiane e tante Università fra le quali primeggia l’Unifg ( Foggia) “giovane” ateneo agguerritissimo , con la presenza dell’Antropologa, Prof. Laura Marchetti ben “attrezzata” in termini di competenza, professionalità, passione e carica umana . Un esempio di Buone Pratiche che ogni Sindaco lucano dovrebbe imitare.
Le Sensibilità, l’intelligenza, le Intuizioni, le Progettualità e i risultati ragguardevoli conseguiti sul campo e legittimati e riconosciuti da Centri di Eccellenza europei e nazionali, dal Mibact al Ministero dell’Economia sono il frutto di tanto impegno e di tanta determinazione.
Il fenomeno dello spopolamento e della cosiddetta “saracinesca selvaggia” nei nostri Comuni potrebbe essere combattuto attraverso la tipologia progettuale del Bando Borghi, Linea B e Linea C.
Un Bando che premia tradizioni e creatività delle nostre botteghe artigiane, e, soprattutto, i nostri vissuti caratterizzati dal buon vivere e dalla buona cucina tanto per rispondere ad Alain Elkann.
La grande distribuzione che crea congestione e confusione ha distrutto definitivamente
la stupenda rete delle nostre piccole attività commerciali ed enogastronomiche autoctone .
Noi cittadini dell’osso del Mezzogiorno abbiamo vissuto dal primo “vagito” l’atmosfera, la bella genuinità delle botteghe artigiane, del piccolo commercio locale, della bella cucina casereccia .
Una società povera quella del piccolo Borgo senza particolari complessità , viva, autodeterminata e “spudoratamente” creativa sia dal punto di vista imprenditoriale che commerciale.
Quei Borghi del Nord Basilicata ai confini con l’Alta Irpinia sono stati un crocevia commerciale di tutto rispetto, eravamo il transito obbligato della stupenda arteria dell’epoca, la Contursi –Barletta.
Quanti ricordi, quanta vivacità e quanta presenza interregionale, in prevalenza campana.
Quel frastuono dei carri con muli e cavalli guidati dai cosiddetti “trainieri” di Calitri, Lioni, e, perfino di San Giuseppe Vesuviano ha invaso i nostri Borghi e le nostre Contrade con Carri pieni di ogni ben di Dio, dalla Pasta Pallante di Lioni alla Pasta Pezzullo di Eboli, dalla salsa “Crudele” di Pontecagnano al Caffè Greco di Salerno.
Tutti rigidamente confezionati in pacchi e contenitori di carta da cinque chilogrammi o in sacchi di juta. Ecologisti ante litteram. Nessun involucro di plastica.
Un mix campano-lucano che fioriva di presenze , di amicizia fraterna e di vera tradizione culinaria come il ragù e le “CANNAZZE”, eccellenza gastronomica riconosciuta da Slow Food con un testimonial d’eccezione, il noto cantautore e scrittore Vinicio Capossela.
Armando TITA
sociologo
Nell’ultimo decennio, anche grazie ai fondi arrivati per Matera capitale della cultura, la Basilicata è diventata terra da (ri)scoprire.Di questa visibilità ne hanno beneficiato non solo le zone turistiche per eccellenza, ma anche quelle interne.E se in alcuni casi l’attrattiva è data dalle peculiarità dei posti – le Dolomiti lucane, le cascate di San Fele – , altrove sta “nell’abilità” degli amministratori, come nel caso citato.Il punto che mi lascia perplesso è quello che accomuna una certa visione delle forze partitiche, nazionali e locali, che puntano tutto sulla presunta vocazione turistica dei posti per cercare una ripresa.I piccoli borghi corrono il rischio di diventare come le città d’arte (Firenze,Venezia), territori per il consumo mordi e fuggi, e dove i residenti scappano perchè non riescono a vivere secondo i tempi dettati dai brand tipo Airbnb.Che questo possa servire a ripopolare i paesi sarà da valutare, ma è indubbio che in mancanza di infrastrutture e servizi, dalla viabilità alla prossimità della pubblica amministrazione, passando per scuole, ospedali, banche e uffici postali, diventa difficile pensare ad una stanzialità.E poi non è che tutti gli autoctoni possono illudersi di fare gli imprenditori.Al di fuori delle nascenti attività ricettive, alberghiere e della ristorazione, c’è bisogno di qualcuno che, dotato di sufficiente potere d’acquisto, possa permettersi di consumare.Il trend nazionale, a parte la propaganda governativa, è quello di una popolazione scesa sotto i 59 milioni, avanti con l’età, e con salari e pensioni fermi, e con un drammatico tasso di povertà (assoluta e relativa) intorno al 10%.Il punto fondamentale, secondo me, è che rivalutare i borghi deve significare rispetto per la vocazione naturalistica, e magari far riemergere certe tradizioni quasi del tutto scomparse a causa della visione uniformante della ultratrentennale globalizzazione economica.Si parlava di artigiani e produttori locali, dove sono? E se ancora resistono, come possono competere dinnanzi a fast food, centri commerciali e similari? E che dire del potere invasivo e poco regolamentato dei giganti del web, che hanno distrutto il tessuto produttivo di interi territori e banalizzato i saperi?Quindi preferirei parlare di riscoperta più che di rivalutazione, perchè questa contiene un implicito riferimento di tipo economicistico.Il recupero dei posti come sinonimo di apertura e non identitarismo oltre il folklore del momento.In sintesi, credo sia necessaria una riflessione da parte di tutti i soggetti coinvolti, al fine di evitare che i paesi già glocalizzati, diventino definitivamente quei non luoghi di cui parlava il da poco scomparso Marc Augè: spazi per l’anonimato, per portare avanti il processo di gentrificazione e distruggere le relazioni e le comunità.