“LA DISLESSIA TRA GENIALITA’ E DISAGIO”. UN RICORDO DEL PROF. CALDERONE DELLA PSICOLOGA FRANCESCA ANTONELLA AMODIO, GRANDE PIONIERA E LUMINARE DELLA MATERIA.

La ratio di un articolo sulla dislessia, mentre tengono banco la pandemia e la follia politica, si giustifica con la necessità di ricordare una persona speciale che ha dedicato la vita intera allo studio, alla ricerca e poi alla formazione e divulgazione scientifica su questo particolare disturbo del linguaggio e dell’apprendimento. Parliamo della prof.ssa Francesca Antonella Amodio, nota psicologa, psicoterapeuta, docente e formatore tecnico nazionale AID, che si è spenta a Potenza, il 17 gennaio scorso, all’età di soli 62 anni, dopo aver perso la lotta contro un male incurabile.

La Prof.ssa Francesca Antonella Amodio

Ebbi la fortuna di conoscerla de visu nei primi giorni di luglio del 2012, allorquando venne a tenere un corso intensivo sulla dislessia, all’Istituto Comprensivo di San Fele, dove ero docente di L2 e fautore di progetti linguistici per alunni “alloglotti”. Nella mia veste anche di reporter di periodici regionali e riviste scolastiche nazionali, ecco qualche flash back sui punti salienti di quell’evento indimenticabile. La professoressa si presentò dicendo di essere la presidente dell’Associazione onlus “Yin-sieme” (a capo della quale, nel 2010, aveva organizzato la famosa “Festa degli abbracci”, a Potenza) e la coordinatrice del D.S.A (Osservatorio Regionale sui disturbi specifici dell’Apprendimento), nonché docente di “Pedagogia speciale”al Liceo scientifico G. Galilei e presso la sede potentina dell’Università Cattolica.
E, da esperta di lungo corso di psicopedagogia, saltò i preamboli per affrontare subito ed in modo comprensibile anche per i profani totali, i termini legati alla dislessia: ” quel disturbo per cui non si riesce a leggere, né a comprendere un testo scritto, pur essendo in grado di leggere e capire le singole parole”. All’epoca di tale workshop, la percentuale di dislessici ammontava a circa il 4.5 % in Italia, e all’1,5 % in Basilicata. Un problema molto serio, poco conosciuto ma da non trascurare, evidentemente, per le implicazioni affettive e socio-relazionali. La prof.ssa Amodio, facendo un inaspettato “outing”, informò subito la “platea” di avere una figlia con dislessia e di essere lei medesima dislessica, anche se non si notava. Parlò quindi di familiarità, o meglio ereditarietà, al riguardo. Poi, con incontenibile passione, ricorrendo al metodo che i linguisti, per eco dantesco, chiamano “explanatio per argumenta exemplorum” cominciò a realizzare un “transfert” emotivo coinvolgente con i docenti-discenti, tale da renderli partecipi del disagio che angustia il dislessico, fino a renderli empatici e stabilire, così, un feeling ideale con chi ne soffre.


Grazie a questo modus operandi e ad una conoscenza epistemologica delle tematiche trattate, tutto diventava più facile e la comprensione di un diagramma di Gauss, passando per Bakker e Geiger, non era più un tabù. La grande esperta, servendosi della lavagna interattiva multimediale (LIM) illustrò come un difetto della “memoria procedurale” porti ad una inosservanza della scansione spazio-tempo, quindi ad una confusione tra le consonanti “p-q-d-b”: unico segno grafico, ma collocato in posizioni diverse nello spazio, tali da fargli assumere suoni diversi dal punto di vista fonetico. Secondo gli studi effettuati nel corso degli anni, infatti, si è appurato che i dislessici hanno problemi di percezione, talché sono portati a vedere ciò che, in realtà, non c’è. Inoltre, secondo la relatrice: <<(…) spesso le capacità di letto-scrittura vengono associate e confuse con il cosiddetto “Fattore QI”, o quoziente intellettivo, ma si sa con certezza che non è così. Come ci informa Howard Gardner, sostenitore della “predisposizione genetica”, infatti, non c’è una sola intelligenza umana, bensì diverse (multiply intelligences), per cui uno che è scarso in matematica, non è affatto detto che lo sia anche nella altre materie di studio, dove, per contro, potrebbe rivelarsi un genio.>> E, a proposito di geni, la docente volle subito rievocare una famosa affermazione di Albert Einstein, il padre della “teoria della relatività”, che non aveva certo dei deficit sensoriali o intellettivi, eppure era anch’egli dislessico: <<Parole o linguaggi non sembrano avere alcun ruolo nel mio meccanismo di pensiero. Il mio pensiero consiste in immagini.>>Una confessione, secondo la Amodio, corroborante la teoria secondo la quale:<< La cornice informa il contenuto. Esiste il pensiero per immagini e quindi i pensatori visivi.

I dislessici sono tra questi, poiché l’immagine è piena di informazioni.>> Ne seguì una sorta di “Question Time” sulle problematiche a cui va incontro un dislessico, da cui emerse che, in genere, chi è portatore di tale disturbo si caratterizza per scarsa autostima, disortografia nello scrivere, stato ansioso, sbalzi umorali, fobie sociali, comportamenti oppositivi ecc. Infine, la compianta docente, autrice di libri best seller sull’argomento, tra cui: “Nel labirinto. Il mio viaggio nella dislessia”(Di Baio editore, 2008); e “Banchi fuori misura: 34 storie di dislessia negata” (Libri Liberi editore, 2017; presentato dall’autrice nel programma Forum, su Rete4), parlando con grande cognizione di causa, concluse la lectio magistralis con una nota di incoraggiamento verso i suoi “omologhi” dislessici, affermando con sussiego: << I dislessici possono vantare ottimi “compagni di sventura”, tra cui, oltre al citato premio Nobel, anche il nostro Leonardo da Vinci, genio universale, che scriveva da destra verso sinistra non per semplice vezzo, ma per vera e propria “strategia di compensazione”.>> In ultima analisi, lei intendeva dire, per analogia, che tutti i dislessici, secondo la specificità di ciascun individuo, sviluppano delle strategie di compensazione, anche se alcune difficoltà restano: ad es. a costoro, a causa della “short memory”debole e dei complessi cambiamenti fonetici dei fonemi, è precluso lo studio proficuo delle lingue straniere. Stilare una diagnosi di dislessia non è un lavoro individuale, ma di équipe. I rimedi ci sono: basta rivolgersi, in tempo utile (intorno all’età di 7 anni del bambino/a) ai giusti esperti in materia, come per l’appunto la prof.ssa Amodio, non come quelli che, quando lei frequentava la 2^ elementare, le asportarono le adenoidi senza anestesia (che crudeltà!) pensando che i suoi scambi fonetici sbagliati, ripetuti, della lettera “d” con la “t” fossero colpa delle … tonsille(sic!).
Ci mancheranno tanto le sue diagnosi precise e i suoi consigli illuminanti, e avvertiremo molto l’assenza della sua figura carismatica!

Prof. Domenico Calderone

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