Quando sono stato invitato dalla Dottoressa Serena Grieco Presidente della Pro Loco di Ruvo del Monte a recensire il Volume del Prof. Mazzella, già Ministro della Funzione Pubblica, Vice Presidente della Corte Costituzionale nonché Avvocato Generale dello Stato, confesso, ho avuto tanta paura. Dissi tra me e me, nell’intimità della mia mente farò sicuramente una brutta figura. Il mio pensiero è volato immediatamente alla Giurisprudenza a un Manuale di difficile interpretazione che per capirlo bene e digerirlo devi leggere una pagina alla volta e ruminarla a lungo prima di farla tua.
Al contrario mi sono ritrovato con un Volume bello, un romanzo-saggio che mi ha offerto tante suggestioni.
Sono queste le ragioni caro Prof. Mazzella che mi hanno indotto a confezionare una similrecensione diversa dal solito poco incline ai canoni e al rispetto delle regole quasi obbligate dalla convegnistica tout court .
Il mio auspicio e il mio obiettivo con questa anticonvenzionale nota di riflessione è quello di creare una vera assonanza, un accordo, un’armonia , una corrispondenza tra le narrazioni dei tre protagonisti e i racconti e le storie dei nostri vissuti che ritroviamo parzialmente nel dialogante Matteo .
Districarsi nei tanti argomenti del libro è opera immane.
Immani e smisurate sono pure le nostre esperienze, le esperienze di un microcosmo fatto di vite sepolte nella polvere del tempo e nelle storie di una comunità figlia di un dio minore e per certi versi drammaticamente cancellate .
Quanta assonanza , quanta similitudine si ritrovano con i primi percorsi professionali compiuti da un giovane sociologo in Via Salvatore Calenda (Via Salvatore Calenda , la via della famiglia del Governatore De Luca) nella Redazione dei Mensili “Cronache Italiane” e “Il Meridionale” diretti da Giovanni Marra il fondatore della Agenzia di Stampa ADN Kronos.
(particolare significativo caro Prof. Mazzella , mio padre partì negli anni cinquanta per il Venezuela con i Fratelli De Luca, Pietro e Vincenzo).
Caro prof Mazzella mutuando il racconto delle storie personali dei tre dialoganti vorrei chiudere questo trait d’union con la mitica Facoltà di Lettere e Filosofia di Via Irno , Salerno degli anni settanta che non ha sfornato solo le Lucia Annunziata, i Vincenzo De Luca e i Michele Santoro, ma, tanti ragazzi e ragazze dell’epoca che hanno provato a far uscire dalla marginalità e dall’arretratezza aree interne e popolazioni invisibili grazie allo loro ferma volontà di restare e di impegnarsi fattivamente su progetti finalizzati alla vera occupazione presso le nostre aziende artigiane e soprattutto alle responsabilità dirette nelle nostre Amministrazioni Comunali.
A tal proposito sfidando la vostra pazienza vorrei aggiungere il momento topico della mia vita universitaria salernitana. Ritrovarsi l’1 febbraio 1978, giorno della mia seduta di Laurea, al cospetto del prof Franco Basaglia e alla presenza di tante Tv, di Rai 1 e di Rai 2 con Joe Marrazzo e tanti altri noti giornalisti dell’epoca , alla vigilia della celeberrima legge 180, è stato per me molto emozionante e molto edificante.
Il Prof. Basaglia sbirciando la mia Tesi con un sorriso, quasi beffardo, mi definì “sociologo di strada”:
“Non sarai mai un accademico, sei troppo vocato alla tua gente e alla tua comunità”.
In questo mix caro Prof. Mazzella che unisce la puntuale narrazione dei protagonisti del suo libro e il nostro vissuto di “generazione periferica” appartata dal centro della Grande Storia, c’è il senso e c’è il non senso .
Caro Prof Mazzella per decenni ci siamo cibati nelle nostre comunità marginali di tanti effetti moltiplicatori sia in termini socio-culturali che politici utilizzando quella che lei chiama la “stimolazione emotiva”.
Stimolazione emotiva caratterizzata da tanta onestà intellettuale e da tante dosi di vera solidarietà umana che poco hanno a che fare con il bellicismo odierno o con il grandioso tripudio raccontato dai suoi dialoganti nel fatidico 10 giugno 1940. Un tripudio irrazionale di una folla oceanica riunita a Piazza Venezia per l’annuncio della guerra a Francia e Inghilterra, ben descritto da Filippo.
La nostra Generazione ha bandito da sempre il popolo educato al culto dell’assoluto che condivide ogni nefandezza per il semplice gusto dell’odio.
La nostra Generazione ha idealizzato la partecipazione.
Le tante testimonianze riprese nel suo stupendo romanzo-saggio si sono intrecciate con i tanti episodi della stessa natura da Noi vissuti nei mitici anni settanta.
Una generazione mancata , quella degli anni settanta, come ebbe a definirla il collega e amico fraterno Giancarlo Vainieri , Direttore del CSSEL (Centro studi Sociali, Economia e Lavoro”)
Una generazione marginale non meno toccata dai processi di cambiamento e da quel sommovimento politico, culturale e di costume dei cosiddetti anni di piombo .
La sua scarsa ammirazione caro Prof Mazzella per la democrazia americana non posso che condividerla . Quella felicissima espressione della “pecunia pubblica” gestita da una oligarchia ristretta di finanzieri privati supportata da un Deep State di spie e militari che fanno il bello e il cattivo tempo e dai quali discende l’imperialismo e il dominio assoluto del dollaro tra teorie cospirazioniste e controllo del potere ci riporta amaramente ai nostri giorni caratterizzati da operazioni militari autocratiche e dagli odierni golpe africani continui (questa volta in orbita coloniale francese).
Siamo abituati caro Prof. Mazzella alle narrazioni che si ascoltano in Italia e a pensare al Deep State come qualcosa di oscuro, una sorta di Governo ombra che manovra le leve del potere dietro le quinte con Lobby, Massoneria e apparati di controllo che decidono le nostre vite all’infuori del gioco democratico.
Quante volte la strategia della tensione con le devastanti stragi impunite si è cibata di questa narrazione.
Fra qualche giorno 11 settembre ricorderemo i cinquant’anni del Golpe sanguinario del generale Pinochet.
Biden ha svelato in questi giorni che la CIA era coinvolta in questo Golpe e che il Presidente Nixon sapeva e non intervenne.
La cronaca di quel giorno è rimasta impressa nella mia mente, ero a Zurigo, facevo lo studente universitario operaio , molto in voga in quegli anni, tanti erano gli studenti dediti alla raccolta delle mele e dell’uva, ero uno stagionale assunto da una Impresa di pulizia gestita da un nostro conterraneo, Giovanni Marena, il cui padre Carmine divenne mio collega di Giunta nel quinquennio 1980/85.
Avevo appena cenato e uscivo per la solita passeggiata con il relativo acquisto del quotidiano ticinese dell’epoca . Vidi sulla Prima Pagina la foto del Palazzo della Moneda bombardato e l’immagine sfocata del grande Presidente Allende .
Un Presidente democraticamente eletto era stato barbaramente rovesciato dalla CIA e dai militari golpisti cileni .
Allende uomo coraggioso e di grande Valore non si arrese ai lestofanti di Pinochet e preferì suicidarsi.
Se l’Occidente ha smarrito la capacita di dialogare e di trovare soluzioni razionali, il Prof. Mazzella me lo consentirà , Noi uomini e donne dei Piccoli Borghi vogliamo uscire e superare questo stucchevole disagio esistenziale descritto dai suoi dialoganti e continuare ad esplorare questa voglia di Comunità .
La Comunità quella che esala una sensazione piacevole, che cura condivisione e partecipazione, che si prende cura della democrazia, che crea nuove relazioni sociali, nuovi modelli organizzativi, nuove forme di gestione per migliorare la qualità della vita costruendo nuove opportunità generative.
Forse sono troppo ottimista. Ottimista della ragione.
Nonostante le controversie , i fallimenti, le sudditanze americane , le sconfitte e le regressioni psicotiche dell’Europa , esiste ancora una ragione ottimista, che non si spaventa, che non assume toni moralistici di condanna assoluta di quanto accade, ma che, con pazienza ripensa all’etica intesa come crescita delle scelte possibili, aumento dei gradi di libertà del pensiero e apertura alle molteplicità e alle differenze.
Noi siamo stati , caro Prof Mazzella , e lo saremo per sempre i COSTRUTTORI di Speranza e i Costruttori di Futuro per le nuove generazioni.
Armando Tita
Sociologo
La serata promossa dalla Pro Loco è servita da promozione del libro del presidente emerito della Corte costituzionale, il quale ha cercato di esprimere la sua visione della contemporaneità, svolgendo uno sguardo a ritroso, con la complicità acritica dei presenti al tavolo della discussione, folgorati da un certo timore reverenziale.Sarebbe stato interessante affrontare le questioni “scottanti”, in particolare il ruolo del potere (istituzionale e dei media) durante gli anni pandemici e nel mezzo del conflitto Nato/Ucraina-Russia, ma per questioni di tempo non è stato possibile, anche perchè alcuni interventi preliminari si sono prolungati oltre il dovuto.Dall’alto delle sue competenze Mazzella ha sottolineato come la narrazione mainstream sia deficitaria e propagandistica, e quindi affine al gioco di chi detta la linea da seguire.Chissà quanti fra i presenti in sala hanno sollevato dubbi sull’opportunità del siero-vaccino o del green pass e quanti per viltà/complicità si sono piegati, ma gli italiani si sa hanno la memoria corta.E questo riguarda in particolare i politici in sala (in tour pre-elettorale?) i quali in quanto facenti parte di partiti affini a questa linea hanno qualche responsabilità in più dei semplici cittadini.In particolare il Mazzella (che è stato comunque uomo delle istituzioni) c’ha tenuto a sottolineare il ruolo importante che riveste la razionalità ( e libertà) del pensiero.Criticando gli ismi, e un certo attaccamento fideistico presente tanto nelle ideologie novecentesche quanto nei dogmatismi religiosi egli ripone tutta la sua fiducia nell’individuo.”Chi crede non pensa” dice, ma tale semplificazione ignora il fatto che da sempre le masse hanno bisogno di credere in qualcosa, di identificarsi e sentirsi parte di un progetto.La novità attuale è che mentre le correnti di pensiero di una volta, senza tirare in ballo l’auctoritas o il carisma di Weber, avevano il pregio di indicare un orizzonte, tenendo insieme appunto le masse, anche con l’autorevolezza delle leadership, quelle attuali (laiche e non) parlano la stessa non lingua, rappresentata da slogan autoreferenziali ed impersonificata da demagoghi.E’ la ragione che guida l’individuo dice Mazzella, tuttavia anche questa visione può essere vista come “cieca fiducia” nell’individuo, che è tipica del liberalismo.Un post-illuminismo come versione aggiornata della razionalità umana.L’epoca attuale di certo non è quella che ha visto nascere “il superuomo”, ma è proprio quella che mette al centro l’individuo, solo che invece dell’homo sapiens ci troviamo di fronte all’homo oeconomicus.Un’altra razionalità ha vinto, ed è quella tecnico-scientifica.Altro punto trattato è stato quello che vede l’Italia, da ottanta anni, e in conseguenza dell’intervento liberatorio americano e del Piano Marshall come succube della volontà imperialistica degli USA.Si può convenire certamente, ma anche qui quante fra le forze partitiche di governo e di opposizione sono in grado di mettere in discussione l’appartenenza alla Nato? Cosi mentre i politici di professione presenti in sala annuivano, allo stesso tempo mal celavano il loro esser parte integrante di partiti che si prestano agli interessi di dominio americano.Infine, l’attacco alla Costituzione.Quasi un paradosso per qualcuno, invece volto a ribadire la sua visione liberale, quella che privilegia l’individuo oltre la dimensione collettiva (che invece appartiene alla democrazia), e che proprio la Costituzione, come sintesi del compromesso tra culture diverse (democristiana, socialista,comunista, repubblicana ed anche liberale) ha cercato di tutelare.Si può pensarla come si vuole, ma ahimè, non si può trascurare il cambiamento di paradigma avutosi da oltre un trentennio, e che segnando “la fine della storia” ha imposto il predominio dell’ideologia unificante, quel pensiero unico livellato verso il basso che si chiama neoliberismo.