Sono sobbalzato sulla sedia alla semplice lettura dell’articolo pubblicato sul Quotidiano del 17 novembre scorso che definiva “cafone lucano” il Sindaco De Luca di Salerno.
Se spopola in Rete lo “scollamento di memoria” di Vincenzo De Luca e l’invito a tornarsene a Ruvo del Monte (suo paese d’origine), qualcuno di noi lo ha già fatto.
Con il Sindaco di Salerno abbiamo condiviso “emigrazioni paterne venezuelane” e i giochi del Rione Pisciolo, successivamente, ci siamo ritrovati in Via Irno con Michele Santoro e tanti altri personaggi illustri (che, per dirla alla Longanesi “cercavano la rivoluzione e hanno trovato la loro agiatezza”) presso la Facoltà di Lettere e Filosofia.Già in quelle occasioni il buon Vincenzo (cenzino per i ruvesi), pur seguendo i suoi genitori in quel di Ruvo del Monte, aveva chiuso, definitivamente, i rapporti amicali e fraterni con gli amici di sempre.
Per me, al contrario, le radici contano, Ruvo e la Basilicata sono qualcosa in più della piccola patria.
Mai mi sarei sognato di rinnegare le mie origini lucane.
Il cafone lucano che è in me lo “porto ” con tanto orgoglio e tanta dignità.
Spero, ardentemente, come ruvese e come lucano, che il Sindaco De Luca, stimato e ammirato da tutto il mondo politico italiano, rinsavisca e non ci costringa a integrare le “gesta” dello smemorato di Collegno.
La mia attenzione, però, è rivolta al quarantesimo anniversario della morte di Ennio Flaiano (20 novembre 1972).
Tutti evocano la sua amara ironia.
Tutti evocano le sue frasi celebri in primis ” La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”.
A distanza di oltre cinquantanni la frase è di una disarmante attualità.
Quante volte ci siamo chiesti se la nostra amara ironia giornaliera e le nostre denunce abbiano sortito nel recente passato qualche effetto positivo?
Il caro amico Armando Lostaglio sul Quotidiano di qualche tempo fa aveva ripreso brillantemente il film di Luigi Zampa, girato nei Sassi di Matera, “Anni Ruggenti” con il povero contadino materano che chiedeva con una modesta missiva una casa al Duce, possibilmente, con una finestra.
Il Duce è passato, il contadino ha atteso altri cinquant’anni per vedere realizzato parzialmente il suo sogno con una casetta della Riforma Agraria o con un appartamentino popolare della ” La Martella”.
Nello stesso film vi era un grande Manfredi che con tanta convincente gestualità si rivolgeva ai Gerarchi fascisti del tempo apostrofandoli con un “ammazza che SACCOCCIA”.
Oggi quelli che ridono sullle disgrazie altrui e quelli della saccoccia alla Maruccio, Belsito, Fiorito, Lusi si confondono con le “masse legali”.
Si tratta solo di stanarli e possibilmente emarginarli.
La stampa lucana ,ultimamente, lo fa, con determinazione e con discreti risultati, la politica, NO.
La politica seria dal colesterolo buono è del tutto archiviata.
Predomina demagogia e populismo, anche, in Basilicata.
E’ un compito improbo della Basilicata politica, seria e trasparente.
Una Basilicata politica odierna fatta da partiti senza sezioni, senza masse critiche, senza alcun radicamento sul territorio non può sperare in un futuro.
Le uova degli studenti lucani contro il Palazzo del Consiglio regionale sono il primo sintomo di un rapporto che si è definitivamente rescisso tra giovani e fortino istituzionale.
Qualche mese fa ci siamo cimentati sui “comportamenti deprecabili”.
Articolo ripreso da Oliviero Beha sul suo sito “I nuovi mostri”.
Sembrava un paradosso, più aumentavano le occasioni di LEGALITA’, più se ne faceva scempio.
Se ne faceva e se ne fa scempio con ritardi secolari e ingiustificati da parte delle Istituzioni preposte.
Al contrario con leggi Bassanini, Spoil system e Stabilità varie forse si perpetueranno ancora, come sempre percorsi abbreviati e iperdiscrezionali per i soliti noti.
Dobbiamo essere seri e non imputare al solo Berlusconi di ieri la estemporaneità o come qualcuno denuncia l’ illeggittimità di certi comportamenti.
In primis vogliamo dire qualcosa ai candidati alle Primarie da Bersani a Renzi e da Vendola a Tabacci, sulla spoliazione dei Partiti e sul loro mancato radicamento al territorio.
Non a caso da secoli assistiamo a Sezioni chiuse agli Ultimi e alle giovani generazioni.
I pochi giovani scelti devono essere, ob torto collo, FUNZIONALI e SUPINI, altrimenti si emarginano.
Forse, sono, oltremodo, provocatorio, se la provocazione serve a sensibilizzae e a smuovere acque stagnanti, ben venga.
Ma ripensare seriamente alla cinghia di trasmissione tra partiti e istituzioni regionali non è, ancora oggi, non inutile, anzi, gli uomini di buona volontà lo auspicano da oltre un decennio.
Vogliamo alimentare un dibattito serio con il vecchio e il nuovo estblishment della politica e della sinistra lucana.
Non possiamo tollerare che tanti dirigenti del vecchio PCI e del vecchio PSI li ritroviamo solo negli Elenchi degli STIPENDI d’oro dei Manager lucani.
L’esercizio della democrazia è diventato un puro optional sia a Roma che a Potenza.
La transumanza è stata e continua ad essere un ambiguo modus operandi della politica nostrana.
Il povero Quotidiano e le redazioni sono costrette a rincorrere i vari transfuga e le tante dimissioni (vedi caso IDV).
Quasi settimanalmente si è costretti a smentire sulle nuove “collocazioni” dei vari amministratori comunali, provinciali e regionali.
L’alta Velocità in Basilicata è data da questo alto tasso di trasformismo dal Centro destra al Centro sinistra e viceversa, ritorno nel Centro Sinistra, uscita dall’UDC rientro nell’API, uscita dall’IDV e rientro nei Popolari Uniti su e giù con il povero elettore rimbecillito.
Un turbillon impazzito di comportamenti e di stravolgimento delle più elementari REGOLE di convivenza politica.
Chiedete ai nostri Politici di turno quante volte sono andati nelle locali sezioni a chiarire i tanti perversi decreti o le tante perverse Finanziarie.
Tutti i politici risponderanno con un niet sovietico o con una violenta reazione.
Ti accuseranno di essere stereotipato e di non capire le nuove dinamiche sociali.
Eppure la cittadinza attiva non chiede CLIENTELISMO come sosteneva qualche anno fa il Sindaco Santarsiero, ma, presenza fattiva sul territorio e, soprattutto, organizzazione.
La cittadinanza lucana, quella del Volontariato chiede serietà.
Forse, il Sindaco Santarsiero si riferiva a quella consistente fetta di popolazone cittadina, potentina, in particolare, che ha fatto del piagnisteo e del vittimismo l’arma in più per ottenere prebende indebite.
Prebende indebite che dovranno essere bandite definitivamente.
Forse quel giorno è ancora lontano.Lo ha confermato il voto plebiscitario antimaterano del Comune di Potenza.
Noi al Sindaco consigliamo di invocare il supporto delle vere Organizzazioni umanitarie, dedite al Volontariato puro, senza ipocrisie di sorta e senza secondi o terzi fini di natura politica,campanilistica o peggio affaristica.
Il Sindaco ha la giusta dose di sensibilità dopo gli egoismi dei giorni scorsi per trasformare la Città Cultura di Potenza in Città Sociale.
Città Sociale con il Volontariato al primo posto e il bieco affarismo misto a chiusure centripete ridotte ai minimi termini.
mauro.armando.tita@alice.it