Domenica 24 maggio 2020, Giovanni Rivelli sulla Gazzetta del Mezzogiorno ha lanciato il grido d’allarme sulla terrificante crisi dell’artigianato lucano.
Abbiamo già ampiamente dibattuto in precedenti “riflessioni” sul tracollo delle imprese artigiane lucane e sui terrificanti dati della CGIA di Mestre.
A prescindere dal covid 19 e da un probabile colpo di grazia autunnale, da decenni l’artigianato lucano è stato brutalmente “ghettizzato” e trasferito in soffitta. La grande attenzione della Regione Basilicata dimostrata trentacinque anni fa con l’art. 8 della l. r. n.32/85 è del tutto scemata, quasi evaporata.
La legge-quadro sull’artigianato n. 29/2015 attende ancora la regolamentazione attuativa.
Mi onoro del fatto che sia stato l’unico autore di un libro sulla formazione professionale dell’artigianato lucano (ed. IL SEGNO 2016) dall’intrigante titolo: “Quando l’artigianato lucano garantiva PIL e Occupazione”.
Mi onoro del fatto che sia stato l’unico responsabile di un mega intervento formativo, meglio conosciuto come “Progetto Artigianato della Regione Basilicata”.
Un progetto inserito tra le “buone pratiche” delle Banche dati professionali STAIRS della Camera dei deputati (Id. 7462) e riconosciuto come “patrimonio librario” dall’autorevole Biblioteca di Montecitorio (id.18905070). Un Progetto che ha “sfornato” oltre tremila assunti con la L. 863/84 e 920 addetti alla formazione teorica di base e tecnico-pratica.
Nonostante le difficoltà iniziali poste in essere dalla complessità degli interventi, il Progetto Artigianato ha avuto una eccellente accoglienza nel mondo delle imprese lucane e presso i Centri Nazionali di Formazione professionale delle Associazioni di Categoria coinvolte.
Le prestigiose pubblicazioni del Progetto Artigianato 1989 e F.I.ART. 1991 sull’Osservatorio ISFOL (n. 1/89 – n.5/91) e sulla Rassegna dell’economia lucana (n.5/92), nonché, le coperture finanziarie (D.I. 7/BA/26/845/1989 del 17 /11/1989), pressoché totali, 97% a carico del Ministero del Lavoro e del FSE e 3% a carico della Regione Basilicata, (per mero rispetto del principio di sussidiarietà), ne sono la conferma più tangibile, più palpabile, più concreta.
Tale progetto si è avvalso nella prima fase dell’assistenza tecnica dell’ARSA (Azienda Regionale Sviluppo Artigianato) puntando sulla crescita imprenditoriale e manageriale degli artigiani e sull’autonomia gestionale delle Associazioni di Categoria.
Associazioni di categoria che si sono caratterizzate con brillanti risultati conseguiti sul campo nella seconda fase del Progetto, il cosiddetto F.I.ART (Formazione e Innovazione in Artigianato) con punte di eccellenza sia in termini occupazionali (oltre 2000 assunti per 870 aziende artigiane coinvolte) che formativi, per la presenza dell’ISVOA/Confartigianato di Padova e di Treviso e dell’ECIPA/CNA di Bologna.
Applicando criteri operativi e itinerari metodologici innovativi questa nuova e moderna programmazione formativa e aziendale ha assicurato non solo risultati positivi e lusinghieri sul piano didattico-formativo, ma, soprattutto, piena efficienza ed efficacia all’intero sistema di intervento delle politiche attive del lavoro della Basilicata. Vanno altresì menzionate le azioni seminariali, formative e di stage per formatori teorici di base e tecnico-pratici organizzate dalla Confartigianato di Treviso e il progetto dell’ECIPA di Bologna denominato Obiettivo RADAR (riqualificazione a distanza artigianato) rivolto ad un campione rappresentativo di aziende artigiane lucane operanti nel settore del tessile-abbigliamento. (…eravamo alla fine degli anni ottanta).
Perché, me lo chiedo ancora oggi, a distanza di trent’anni, questo stupendo processo formativo e questo meraviglioso approccio sistemico che ha dato risultati positivi in termini di crescita occupazionale, imprenditoriale e formativa è stato così bruscamente interrotto?
La risposta è sicuramente molteplice e “assortita”, forse sarà stata sciatteria, vacuità, o una gran voglia di abortire un “consenso” imprenditoriale che si ingigantiva sempre più per una pianificazione e una gestione di progetti formativi a “rigida” direzione regionale, o semplicemente per bandi e provvedimenti “erga omnes” a scarsa “discrezionalità” clientelare.
Come sostenuto dal Prof. Roberto Linzalone del DiMIE/UNIBAS, prefatore del mio libro , “ tutto ciò costituisce il giusto riconoscimento al valore di un progetto di formazione professionale ma anche al valore degli amministratori regionali che seppero esprimere tale progettualità, e al valore di chi oggi restituisce alle attuali classi dirigenti, in modo integro e autentico, le chiavi di un successo di un Progetto di riferimento”.
Mi fermo qui non aggiungo altro.
Mauro Armando Tita