POSTFAZIONE, di Nicola Fiore, Presidente del Teatro Minimo di Basilicata

Non li avevo mai più neppure sfiorati i miei copioni: disinteressati al tempo che scorre, custodi silenziosi di fatiche e soddisfazioni.

I dodici testi delle opere che negli anni dal 2005 al 2019 ho portato in scena con la mia Compagnia teatrale, sono rimasti immobili nell’angolo della libreria che gli ho riservato. In questi anni ci sono passato davanti centinaia di volte, spesso li ho accarezzati con il pensiero e osservandoli ho rivissuto emozioni un po’ dimenticate e ho ripercorso ad una ad una, tutte le storie e rivisto i volti dei favolosi interpreti che hanno dato vita e spessore agli innumerevoli personaggi delle vicende di gioia ma anche di angosce e perfino di morte.

E infine, ho dedicato il mio pensiero al pubblico meraviglioso che ha accompagnato ogni mio lavoro: esigente ma sempre partecipe, riservato ma non timido nelle manifestazioni di affetto e stima. Eh già, il pubblico, la vera anima del mio lavoro di cui mi sono sempre nutrito e preso cura”.

Queste riflessioni, emblema di variegate e irrefrenabili passioni fatte dall’autore Dino Becagli, hanno di certo contribuito alla nascita di questa raccolta, l’hanno persuaso a rimuovere la polvere dai suoi copioni per trasformarli in un ulteriore contributo all’anelato riscatto dell’amata Basilicata.

Le opere di Dino e le produzioni del Teatro Minimo di Basilicata, nel loro svolgersi e confondersi sono sempre state orientate ad approfondire le radici, a scovare e divulgare il patrimonio storico, culturale e ambientale di cui rimane traccia nella tradizione popolare.

I risultati sono sempre stati frutto di meticolosi lavori di ricerca, per riconoscere e restituire autenticità e dignità al racconto dei vinti: un esercizio fondamentale per chi coltiva davvero l’obiettivo di costruire un futuro nuovo per la nostra regione, partendo da urgenze, possibilità e verità frequentemente avvolte dall’oblio.

È evidente, infatti, che la Basilicata dopo 160 anni di unità d’Italia, è ancora tristemente impegnata nel definire la sua identità mentre continua ad essere sconvolta dal declino economico e demografico e dal drammatico fenomeno dello spopolamento e dell’abbandono. Una questione, quest’ultima, che ha ispirato anche l’ultima fatica di Dino, il cortometraggio “Lettera di Natale” nel quale emerge anche il disappunto verso una comunità ancora incapace di essere artefice del proprio destino anche se in presenza di un territorio ricco di storia, di risorse naturali e di capacità umane. Nel cortometraggio, la Basilicata viene rappresentata come una terra imprevedibile e stupefacente, perennemente impegnata a trasformare in paradigma di crescita la sua condizione di ritardo. Per sfuggire a questa sfibrante lotta, ogni anno tanti giovani lucani sviluppano altrove le loro legittime ambizioni professionali e di vita.

In questo contesto, non è casuale la presenza nella raccolta degli omaggi ad Albino Pierro, a Leonardo Sinisgalli e a Rocco Scotellaro: poeti e scrittori che rappresentano l’evidenza dell’amore per la loro terra e la voglia di riscatto. Cos’altro auspicava Rocco Scotellaro nei versi che invitano una collettività oppressa a prendere coscienza di sé e a reagire?

Analogamente, fa molto riflettere il contenuto dell’opera “Il Treno Dell’Oblio”; un tentativo, invero riuscito, di recuperare la memoria storica di una tragedia che ci appartiene nel profondo (quella ferroviaria accaduta nella galleria “Delle armi” di Balvano il 3 marzo 1944), avvolta nell’oblio per più di sessant’anni con il suo carico di quasi seicento morti. Per questo Lavoro, la Compagnia Teatro Minimo ha ricevuto la medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica Italiana.

Anche le commedie musicali, hanno costituito uno strumento spesso utilizzato per esigenze di verità e consapevolezza storica, per ripercorrere/ripensare pezzi di un passato ritenuti socialmente e culturalmente assai rilevanti.

Con Le Regine Dei Boschi si punta il dito contro le molte ombre con cui i vincitori, sin dall’inizio dello Stato unitario, hanno oscurato la storia dei vinti. Con questa commedia musicale Dino Becagli ha portato in scena la storia di sei brigantesse che hanno combattuto a fianco dei loro uomini per ribellarsi contro i crimini orrendi di cui si macchiò l’Italia nel periodo post-unitario. Ogni diritto umano fu calpestato e si dimenticarono pietà e compassione. Alle donne non fu risparmiato nulla e per gli stupri di cui si resero colpevoli i soldati piemontesi nessuno pagò.

Emblematico del dramma subito da intere comunità, screditate per aver dato i natali alle brigantesse vi è il racconto del sociologo Armando Tita, discendente di Maria Giovanna Tito, brigantessa nativa di Ruvo del Monte: «Ragazza bella e prosperosa che venne rapita e sedotta da Carmine Crocco. Ridotta in stato di schiavitù e costretta a seguire il suo rapitore nelle azioni brigantesche, finì per innamorarsene. Divenne fedelissima, perfida e determinata. In “battaglia” si comportò da vera sanguinaria tanto da meritare l’appellativo di “Iena”. Ripudiata e disconosciuta con disprezzo dalla famiglia, la Storia e la Comunità ruvese persero le sue tracce. Ora grazie alle fonti storiche dettagliatamente analizzate si può svelare il mistero della modifica del cognome da Tito a Tita avvenuto nel lontano 1865. Sono stati i miei avi a prendere le distanze e a voler cancellare “l’ignominia” di quel cognome.

Tuttavia, oltre alla sostanza dei contenuti utilizzati, ciò che accomuna Dino Becagli, agli interpreti delle sue opere, ai visionari che lo accompagnano nell’esperienza del Teatro Minimo di Basilicata e al loro pubblico, c’è l’amore per il teatro, quel moto interiore, quasi inspiegabile in grado di regalare attimi di pura felicità a chi lo genera, a chi lo vive e a chi, seduto in platea, vi assiste.

Il teatro è prima di tutto un’arte che si muove. Bisogna cancellare sempre tutto, dimenticare sempre. Ripartire sempre da zero. È la rivoluzione permanente. È questo il suo lato appassionante. Ogni giorno si deve rinascere per la prima volta. È qui la difficoltà”

(J.L. Barrault)

Grazie caro Dino per le tue opere, per la tua tenacia, per la tua competenza.

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