Il femminismo a modo mio di Armando Tita

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Proviamo a scompaginare il “politicamente corretto” con una spruzzata di sana ironia.

Finché si usa l’ironia in maniera sistematica è difficile che la percezione della realtà ammuffisca. Ed è difficile che qualcosa della realtà resti celato.

Quando si parla di ironia in genere si parla di un meccanismo sostanzialmente benefico.

La Gazzetta nei giorni scorsi con un serio articolo di Gianluigi De Vito ci ha fatto riflettere sul “femminismo” di Annamaria Riviello condito pure da un G20, al femminile, e dalla conferma della Consigliera di Parità, Ivana Pipponzi.

Un “femminismo” che non ha mai esaminato abbastanza il ruolo attivo (negli affari)delle “mogli/fidanzate d’arte”(dai Calciatori ai Manager, dagli Imprenditori ai Vip). Un esempio su tutti Wanda Nara, moglie di Icardi, procuratrice sportiva…a cominciare dal marito.

L’ultima in ordine di tempo , la moglie del Presidente della Regione Lombardia, socia di una Impresa (Dama SpA) scelta senza gara dalla Centrale acquisti (Aria SpA), senza dimenticare il ruolo nella logistica ENI (300mln di euro di fatturato) della Moglie di Descalzi o la convenzione d’oro alla società della signora Daniela Fini con la Regione Lazio di Storace ( scandalo scoperto dalla Procura di Potenza e dal PM John Woodcock ). Chi non ricorda la gelosa custodia di 400 mila franchi svizzeri della moglie del giudice Curtò o il tesoro miliardario nascosto nei “puff” dalla Signora Poggiolini.

L’elenco sarebbe lunghissimo mi fermo qui… con la moglie di Palamara, nominata dirigente esterna alla Regione Lazio da Zingaretti .Non voglio “riannoiarvi”, sono stanco, pure io, … delle mie ennesime e reiterate denunce sullo stesso argomento e sulle stesse “opinabili” scelte fatte a suo tempo dagli amministratori regionali lucani dell’ultimo trentennio (1970/2000).

Come ebbe a riferire Natalia Aspesi …”ormai la maggioranza delle donne sposate contemporanee e vip seguono meno i doveri cristiani di moglie preferendo ritrovarsi, pur nel disonore, cariche di allegro denaro con cui vivere alla grande”.

La Basilicata degli ultimi vent’anni non si discosta neanche un po’ da questo cliché .

Lo stereotipo della società matriarcale lucana “dura e pura” è “confinata” solo in qualche vecchio libro con pagine, ormai ingiallite. Molti sono i mariti “incoraggiati” dalle rispettive mogli a “intrupparsi” in CdA , partecipate e sottogoverni vari, nazionali e regionali. Queste donne amanti della mondanità hanno acquisito un ruolo determinante all’interno del proprio nucleo familiare condizionando a dismisura le scelte dei propri mariti. I Bandi per le nomine dei boiardi regionali degli scorsi anni lo stanno a dimostrare e confermare. Migliaia erano i “mariti” spinti dalle consorti a candidarsi a un “posto al sole” nel CdA più remunerato e più “gettonato”. Oggi, queste candidature si sono leggermente affievolite per l’alto tasso di “campanizzazione “ delle nomine dirigenziali regionali.

Un fenomeno quello delle nomine “napoletane” che si è scontrato con il meraviglioso modus operandi “doroteo/bolscevico” dei decenni scorsi che amava scegliere i propri “boiardi” attingendoli direttamente dalla politica politicante o dai “trombati” di turno.

Un fenomeno ignorato dalla stampa e dai mass media lucani , mai approfondito, nella sua giusta dimensione . Nessuno dei vip ( due cuori e un portafoglio) ha rinunciato negli anni scorsi a un “CdA” o a una “partecipata regionale o comunale” ben retribuita.

Siamo stati testimoni nel passato di un “femminismo” lucano ingenuo e autoreferenziale, alla Annamaria Riviello. “Noi Donne” lucane UDI, così borghesi e così metropolitane, così privilegiate e così bonificate, così emancipate e così evolute da una parte e dall’altra…Voi casalinghe e braccianti, così sorde e così insensibili, così sottomesse e così asservite, così lontane “anni luce” dalle nostre vibrate proteste e dal nostro “illuminato” femminismo. Un femminismo in cui si diceva che per far pulizia in politica, nelle professioni, nell’economia dovrebbero dare più potere alle donne che proprio per natura e per “sorellanza”(sinonimo di solidarietà) sono più oneste e se capitava che oneste non fossero per niente , già si diceva , è colpa del padre , del marito, del maschio. Poi il cattivo comportamento delle mogli d’arte ci ha tragicamente smentito e portato crudelmente alla realtà quotidiana.

Chiudere con queste orrende e ambigue scelte di vita e auspicare donne lucane nelle professioni, nel lavoro, nella politica, lontane dall’allegro denaro, propositive, libere e alternative sarebbe auspicabile nel prossimo futuro in una nostra Basilicata, meno snob e più “democratica”, più equa e più trasparente, più partecipata e più coesa.

Armando TITA
Sociologo

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