La vasta eco prodotta da “Linea Verde” del 28 marzo scorso su Potenza e il suo hinterland (Grancia, in primis) concomitante con l’ultimo ciak del film “La Notte più lunga dell’anno”prodotto con Rai Cinema, ha riproposto, dopo le belle parole di Ambra Angiolini, il tema del meraviglioso Centro Storico e di Via Pretoria, emblematicamente svuotata, inabitata.
Mi rimbombano nella mente i “moniti” pubblicati su “Basilicatapost.it” dal bravo Gianni Molinari nel lontano 2014 : “Il Centro Storico restituito ai potentini dopo la ricostruzione post-sisma è molto bello. Ma è altrettanto innegabile che si è fatta una operazione che ha conferito un enorme valore agli immobili ristrutturati, causa principale dell’aumento sconsiderato dei fitti” e della chiusura di decine e decine di vecchi laboratori artigianali e di stupendi “negozi storici”, librerie in primi aggiungo io.
La cosiddetta rigenerazione urbana di Potenza è stata semplicemente suicida. Trasferire a Gallitello tutte le attività commerciali da Via Pretoria è stato un vero disastro.
Lavoro, accesso, vivibilità, declino urbano sono il frutto di ulteriori variabili impazzite che condizioneranno il futuro prossimo di questa stupenda “bomboniera”. Oltre cento saracinesche abbassate (oggi aggravato dal Covid) tra Centro storico e “suo” hinterland sono davvero troppe.
Sono il frutto di tanta “distrazione” politica in una regione fantasma, deserta e svuotata che come ci ricordava Massimo Brancati nel suo duro e bellissimo editoriale del 25 Marzo scorso (concernente il terrificante collasso demografico lucano) ”solo gli ignavi e gli insipienti potranno crogiolarsi a governare su niente e su nessuno”, al contrario, noi vogliamo che Via Pretoria venga “governata” con la sua vivacità culturale e “produttiva” senza alcuna “mestizia” quotidiana.
Non ho alcuna intenzione di riprendere un cliché abusato sulla grande distribuzione che crea congestione e confusione a danno delle piccole attività commerciali. Lascio agli esperti di marketing la valorizzazione del “Distretto Urbano del Commercio” di Gallitello…con annessa Centrale Enel, mai rimossa, “elettrosmog” compreso(vedi Reportage Nicastro del 13 ottobre 2018).Ho vissuto dal primo “vagito”l’atmosfera, la bella genuinità del piccolo commercio locale. Spero che il “mio” breve racconto svegli l’opinione pubblica potentina immersa in un torpore ingiustificato. E’ il racconto di una società povera, senza particolari complessità , però, viva, autodeterminata e “spudoratamente” creativa.
Sono figlio e nipote di piccoli commercianti . Mio nonno Mauro inizia l’attività commerciale nei lontani anni trenta del secolo scorso. Il mio paese d’origine, Ruvo del Monte, è crocevia commerciale di tutto rispetto, siamo transito obbligato della importante arteria stradale “Contursi –Barletta”.
Ricordo da bambino alla fine degli anni cinquanta il frastuono dei carri con muli e cavalli guidati dai cosiddetti “trainieri”, impresari in proprio, presenti in gran numero anche a Potenza. Carri pieni di ogni ben di Dio, dalla pasta Pezzullo di Eboli alla salsa “Crudele” di Pontecagnano, dagli squisiti prodotti “lattiero-caseari” potentini ai “sacchi di juta” colmi di caffè Dragone, prelibato , inconfondibile, unico.Famosi erano gli Ziti, meglio conosciuti, nella nostra tradizione culinaria “ruvese-calitrana”(notate il connubio irpino-lucano), come “CANNAZZE”.Chi tiene alla tradizione, chi tiene ai meravigliosi ragù dell’epoca, alle “cannazze”, deve raggiungere i locali agrituristici sull’Ofantina o ancora meglio la sede originale, Calitri,(“patria” di Vinicio Capossela) oggi, presidio Slow Food. La tradizione vuole la presenza di un meraviglioso e autoctono contenitore in ceramica, la cosiddetta “spasetta”, quella grande da cinquecento grammi e quella piccola da duecento.
Io mi accontento sempre di quella piccola. E’ un esempio della vivacità culturale ed enogastronomica dei piccoli commercianti/ristoratori lucani e irpini degli anni cinquanta e sessanta. Gente di ingegno e di creatività, di impegno lavorativo e di immani sacrifici.
Quel vecchio mondo del dinamico e allegro piccolo commercio tanto presente pure in Via Pretoria e nei suoi vicoli…tra gradevoli odori e deliziosi profumi di prelibatezze gastronomiche , non esiste più…è svanito nel Nulla e nell’indifferenza di “Noi” tutti.
Vorrei tanto sbagliarmi e rinnegare Gianni Molinari e il suo crudele pensiero : ”Un’area che si sta spegnendo è l’emblema del definitivo declino del “ salotto buono” della Città”.
Armando Tita
sociologo