La borghesia potentina tra tradimenti e nostalgie “laiche”
Caro direttore,
il desolante e vuoto percorso che ha contraddistinto il passaggio del “feretro” del Presidente Colombo per le vie della Città di Potenza ci ha impressionato e ci ha fatto riflettere tanto (in negativo).
Un percorso silenzioso che stride con le piazze osannanti del passato e con il suo potere esercitato per oltre sessant’anni.
Migliaia sono stati i potentini bonificati dal Presidente con le loro tribù e con i loro intrecci familiari.Intere generazioni potentine, privilegiate e bonificate da posti al sole, e, ora, tanto smemorate.
Si sa, l’ingratitudine umana è superiore alla misericordia di Dio.
In questi giorni è stato più volte rievocato e riproposto il viaggio di Colombo con il Primo Ministro De Gasperi nei Sassi di Matera.
Un viaggio che ha annichilito il grande statista trentino per la miseria umana e materiale dei contadini materani ,domiiciliati (si fa per dire)in quei tuguri sovraffollati.
Qualche volta, con gli amici andiamo a prendere il caffè a Matera.
E’ uno dei pochi lussi che, ancora, ci consentiamo.
Rivedere i Sassi rappresenta per noi lucani maturi e credo per le tante anime sensibili, quasi un bisogno fisiologico, una grande nostalgia, un tuffo nel passato, una nostra particolare e sentita “igiene” mentale.
L’allegro vicinato, il sorriso della gente, la vivacità dei bambini e la bonomia degli anziani sono valori che si intrecciano con il nostro genuino e vivo passato.
Restiamo dei grandi nostalgici, non, di Colombo e del suo doroteismo, ma, della bella borghesia illuminata da Carlo levi e da Adriano Olivetti, con il suo incompiuto progetto ” La Martella “.
Il fascino delle meravigliose intuizioni di questi illustri laici e di quelle Avanguardie culturali materane, mai dome, ha prodotto quell’alto senso civico che si è concretizzato con tante iniziative di spessore e con l’agognata “conquista” di Matera a Città dell’UNESCO.
Città dell’UNESCO che mal si concilia con la vecchia capitale dei contadini lucani.
Contadini pronti alla deferenza ossequiosa al potere e altri che hanno preferito la valigia spinti da questa meravigliosa borghesia illuminata.
Benedetto Croce nel 1923 in un suo memorabile discorso tenuto a Muro Lucano parlava del dovere della borghesia illuminata nei confronti degli ultimi e dell’impegno sociale,politico e culturale, da profondere per la crescita dell’arretrata società lucana.
Da allora molto tempo è passato.
La borghesia lucana, dopo, le parentesi colombiane e dorotee, si è sempre più rinchiusa e rintanata nella sua torre d’avorio.
Predomina, oggi, dopo l’ignavia dimostrata da tanti bonificati ,potentini e materani al funerale di Colombo,un comportamento fatto di cattive abitudini e di cattiva educazione, mai ,davvero censurati ,dalla politica politicante odierna.
In Basilicata dopo la triste e ingiustificata performance al funerale di Colombo, la borghesia lucana, vissuta sempre negli agi e all’ombra del politico di turno, è sempre più muta e molti sono gli episodi spiacevoli a essa ascritti.
A questo punto è inutile approfondire la materia (lo facciamo da secoli) con noiosi sermoni, resta il fatto che questi cosiddetti borghesi lucani hanno definitivamente perduto il senso della dignità e dell’autonomia.
Ci avviamo in Basilicata verso un medioevo poco sociale e con una dose innaturale di tanto pessimismo.
Il crepuscolo e la “caduta degli dei” sono, purtroppo, estremamente vicini.
Tutti ormai parlano di spudorati privilegi, di figli di… , di familismo amorale (sui quali vantiamo da anni immemorabili diritti di primogenitura) non più sopportabile.
Paghiamo franchigie ai noti di sempre da oltre cinquant’anni.
Speriamo solo che la lezione di tanti laici con schiena dritta possa essere di buon esempio per i giovani di buona volontà, sempre pronti a solidarizzare con gli ultimi.
A questa non amata borghesia lucana, figlia del privilegio “senza tempo”, auguriamo, finalmente, un chiaro e duraturo isolamento dalla cittadinanza attiva.
Alla Stampa lucana, in primis, al Quotidiano dopo l’ultimo riconoscimento della Corte dei Conti diciamo di elevare il contenuto di certi approfondimenti alla rimborsopoli e di volare sempre più in alto.
In questo modo si possono smentire i Donato Pace di turno (che, ad onor del vero, come dirigente, attestato al BUR, è tenuto solo a pubblicare gli atti, senza entrare nel merito) e i suoi “non eleganti” riferimenti calabro-lucani.
Qualche volta se ci riusciamo dobbiamo smentire, pure, James Roston e la sua “fabbrica delle notizie”.
Una fabbrica delle notizie che Paride Lepocare con una riuscita metafora la paragonò al lattaio di turno.
Il quale lattaio può consegnare un prodotto buono e fresco pur in condizioni disagiate.
E’ quello che chiediamo noi uomini di buona volontà a tutta la stampa lucana e al Quotidiano,in particolare.
Con la morte del sen Colombo dobbiamo superare il concetto desueto e ammiccante del doroteismo lucano e, soprattutto, questo strisciante condizionamento pseudo-culturale della gente comune alla politica politicante e ai tanti dirigenti “impermeabili”.
Avviamoci, pure noi, lucani di buona volontà, verso una nuova società sinceramente democratica, europea e moderna, perchè siamo stanchi di surrogati e di filiere, e siamo stanchi pure dei modelli ossequiosi e deferenti, che, il più delle volte, si traducono in colpi bassi e tradimenti.
Colpi bassi e tradimenti ampiamente dimostrati dai bonificati DC potentini durante l’ultimo saluto al Presidente Colombo.
mauro.armando.tita @alice.it