“Il caso del Progetto Artigianato della Regione Basilicata 1989/1991”.
Con il Patrocinio del Presidente della Provincia di Potenza è in uscita la seconda edizione del lavoro del sociologo Mauro Armando Tita dedicato al Progetto di rilancio dell’artigianato in Basilicata. La seconda edizione, dedicata al blogger Antonio Nicastro e al padre Alfonso rinomato artigiano del ferro protagonista di numerose Mostre Regionali e Nazionali di successo, ripercorre le tappe del “Progetto Artigianato della Basilicata 1989 – 1991”. Artigiano e Artista hanno la stessa radice ed oggi ancora di più, in un sistema produttivo dominato dalla standardizzazione. Per porre un freno all’emigrazione vennero messi in campo una serie di interventi tra i quali rientra il “Progetto Artigianato della Regione Basilicata 1989/91”. “Il Progetto Artigianato della Regione Basilicata 1989/91” è lo strumento che la classe politica degli anni 80, rappresentata dall’allora Assessore alla Formazione prof. Nicola Savino promotore della L.R. n.32/85 e dal suo successore On. Gianni Pittella attuatore della Prima e Seconda Fase del progetto; utilizzò per rilanciare il settore. L’idea di affidare alla formazione il rilancio dell’artigianato è il vero valore aggiunto di tutto il progetto (oltre duemila assunti). Infatti attraverso essa venne recuperato e rivalorizzato lo status sociale del “mastro artigiano” che irrompe direttamente dal passato in un contesto post moderno che vuole il lavoratore in perenne formazione. Come evidenzia il prof. Linzalone , che ha curato la Presentazione dal volume “La capillarità e ampiezza dell’analisi fanno del libro di Armando Tita un libro di interesse per chi si occupa di amministrazione, di formazione e politiche attive del lavoro, per chi opera nelle Associazioni e nelle imprese, in particolare artigiane, e per chi studia la pianificazione e gestione di progetti formativi.” I positivi risultati del “Progetto” sono ampiamente testimoniati dai dati statistici riportati nel libro e dal riconoscimento del progetto nel sistema STAIRS della Camera dei Deputati che raccoglie i dati relativi alle “ buone pratiche” della Pubblica Amministrazione.

Il “Progetto” rappresenta un passaggio fondamentale per lo sviluppo dell’artigianato in Basilicata. Oggi l’artigianato in Basilicata, grazie ai dirigenti locali e nazionali come Rosa Gentile e a giovani imprenditori che hanno visto nell’artigiano un modo per valorizzare le proprie capacità, è un settore che alle attività tradizionali come la lavorazione del legno, delle ceramiche, degli strumenti musicali, tappeti, tessuti, cartapesta e tufo ne ha aggiunte altre come la produzione della birra e del digitale. Il volume curato da Mauro Armando Tita racconta l’esperienza del “Progetto Artigianato della Regione Basilicata 1989/91” che ha vissuto direttamente da protagonista come funzionario regionale alle Attività Formative. Il libro merita di essere letto e può essere richiesto gratuitamente a “Il Segno” la casa editrice che ne ha curato la pubblicazione.
Gerardo Lisco, economista e dirigente FAL
Potrà sembrare strano che un “teatrista” oltre che plaudire per una delle tante fatiche letterarie di un fraterno amico quale è l’autore M. A. Tita, paragoni il mondo dell’artigianato con quello dl teatro. Il volume “Quando l’artigianato lucano garantiva PIL e occupazione” presentato da Gerardo Lisco, è il frutto di un lavoro di sapiente tessitura di rapporti tra dirigenti e funzionari di regioni italiane che seppero trovare forme nuove per dare vita ad un mondo che stava lentamente morendo. Rinsaldando il rapporto tra mestieri e saperi volto a ricostruire le tradizioni del lavoro di bottega.
Proprio agli inizi degli anni 80, il teatro italiano, trovò un nuovo slancio e nuova linfa sia per l’intervento dello Stato e delle Regioni in favore della cultura che per un mercato che si innovava a fronte di un notevole aumento del consumo dell’evento culturale. Non c’è lavoro più artigianale di quello dei mestieri che il teatro raccoglie in se. Dal dopoguerra tutto quel mondo si è mosso e moltiplicato grazie ai “custodi di quei saperi”. Quelli che seppero raccogliere il mestiere di scenografi, carta pestai, costumisti, elettricisti, arredatori, sarti, macchinisti, falegnami e via dicendo.
Erano i vecchi e nuovi artigiani che davano valore al concetto del fare qualcosa di importante perché frutto del proprio lavoro manuale-intellettuale. Ci può essere chi lavora di più con le mani e chi usa prevalentemente il cervello ma di fatto non c’è alcuna separazione. L’artigianato andrebbe considerato, ancora di più un bene culturale da tutelare diceva il vecchio e saggio capo macchinista del Bellini di Napoli. Queste attività produttive hanno assunto oggi -per fortuna- la valenza di patrimonio culturale immateriale. Sono il fil rouge che connettono la poetica dei vari artisti che condividono questa sensibilità, rispetto a quelli che lavorano secondo un approccio più concettuale o ispirandosi alla tecnologia e al digitale. Comunque esiste un notevolissimo lavoro che si rifà alle tradizioni, alla dedizione, ai materiali, al processo e al tempo di produzione nato e tramandato sulle esperienze personali e sulle storie raccontate, che riflettono il pensiero e le emozioni di un singolo o di un gruppo. È inimmaginabile il materiale d’arte che è conservato nei magazzini di della fabbrica dei sogni di Cinecittà o in quelli di un Teatro lirico come ad esempio del San Carlo o della Scala. Sembra passeggiare da un film ad un altro: da Ben Hur a Amarcord da La dolce vita a Mission impossibile. In questi luoghi v’è tutta l’arte di quegli uomini che con tanta scuola alle spalle, la sapienza e la tecnica delle loro mani hanno offerto un immenso contributo alle migliori produzioni dell’industria culturale mondiale, da renderle pienamente riconducibili all’ambito dei mestieri dell’arte.
Mariano Paturzo, economista della Cultura già Direttore del Centro Drammaturgia della Basilicata.
